Luoghi

Caffè Greco

Il più antico Caffè di Roma, lo storico “Caffè Greco” al numero 86 di via Condotti, rischia la chiusura, e potrebbe presto diventare un negozio di gran lusso, oppure un fast-food all’americana.
Nella classifica mondiale di antichità, il “Caffè Greco” di Roma occupa il terzo posto, dopo il “Café Le Procope” di Parigi (fondato nel 1686 da un italiano, un siciliano forse di origine greca emigrato da Acitrezza presso Catania, Francesco Procopio dei Coltelli) e il “Caffè Florian” di Venezia (fondato ne 1720 dal veneziano Floriano Francesconi, inizialmente con il nome “Alla Venezia trionfante”, cambiato nell’attuale “Florian” quando, nel 1797, Venezia divenne austriaca); però, l’antico Caffè parigino è adesso un ristorante (in rue de l’Ancienne Comédie), per cui il Caffè Greco di Roma è il secondo al mondo tuttora in esercizio.
Il Caffè romano si chiama “Greco” perché fu fondato, nel lontano 1760, da un certo Nicola di Maddalena, “caffettiere” venuto a Roma dal Levante; ma probabilmente il Caffè esisteva già prima, dato che Giacomo Casanova

Giacomo Casanova


nelle sue “Memorie”, ricorda che nel 1743, quando era al servizio di un Cardinale, entrò con alcuni amici nel “Caffè di strada Condotta”.
La via si chiama “(dei) Condotti”, perché là passano le condutture che portano l’acqua alla Fontana di Trevi

La Fontana di Trevi


Il Caffè fu frequentato da molti esponenti dell’arte, della letteratura, della musica e della cultura in genere, non solo italiani: tra i tanti, cito:
Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi


Gabriele D’Annunzio

Gabriele D’Annunzio

Volo su Vienna


Mark Twain

Mark Twain


Richard Wagner

Richard Wagner


Cesare Pascarella

Cesare Pascarella


Aldo Palazzeschi

Aldo Palazzeschi


Carlo Levi

Carlo Levi


Sandro Penna

Sandro Penna


Vitaliano Brancati

Vitaliano Brancati


Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini


Renato Guttuso

Renato Guttuso


Pablo Picasso

Pablo Picasso


Molti pittori lasciarono nel locale loro opere (quasi 300), che oggi costituiscono forse la più originale raccolta privata d’arte di Roma, e potrebbero salvare il Caffè dalla chiusura (viene auspicato l’intervento del ministero dei Beni Culturali e del Comune di Roma, per salvare un pezzo di storia romana).
Renato Guttuso rappresentò anche, nel 1976, una scena della vita del Caffè, in un famoso dipinto di grandi dimensioni (186 x 243 cm), conservato oggi come studio preparatorio a Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza:
www.museothyssen.org/en/collection/artists/guttuso-renato/caffe-greco
e come tela definitiva (282 x 333 cm) a Köln (Colonia,) Museum Ludwig
www.bildindex.de/document/obj05020102
Ma come mai il locale rischia la chiusura?
Per tre motivi:
1- il Caffè si trova in pieno centro, a pochi metri dalla famosissima Scalinata di Trinità de’ Monti (v. il francobollo francese del 2002, in allegato, su bozzetto di Marc Taraskoff e Valérie Besser); per avere un’idea del livello di prestigio, basta dire che a qualche decina di metri dal locale, al numero 68 della medesima vis Condotti, c’è la sede del Sovrano Militare Ordine di Malta – SMOM)

Ordine di Malta SMOM


La zona ha pure un alto valore commerciale, perché nessun turista lascia Roma senza aver visto Trinità de’ Monti, e per questo via Condotti ospita molti negozi di oggetti costosissimi (ad esempio, Bulgari, Valentino, Lancetti);
2- la zona ha ormai perso le tradizionali caratteristiche romane, ed è stata invasa da attività commerciali (ad esempio, ristoranti cinesi) molto più redditizie di quelle tradizionali, che quindi sono disposte a pagare affitti molto elevati;
3- il proprietario delle mura del locale (non so attraverso quali vie, forse un lascito testamentario) è l’Ospedale Israelitico di Roma, che si trova in difficoltà finanziarie, e quindi ha bisogno di ricavare dall’affitto una somma maggiore di quella attuale (18.000 euro al mese), o preferibilmente vendere. D’altra parte, non sarebbe facile per il Caffè pagare di più, e sarebbe impossibile comprare, dato che già adesso un caffè costa lì 7 euro, sicché non si potrebbero aumentare i prezzi.
Il Caffè Greco è anche legato alla “storia” del movimento esperantista romano, perché, quanto meno dal 1926 al 1942, gli esperantisti romani si riunivano proprio lì, il giovedì, dalle 21.30 alle 23; ne fa fede la cartolina che allego, spedita il 16 agosto 1932 dal famoso linguista Bruno Migliorini (1896-1975), esperantista,
it.wikipedia.org/wiki/Bruno_Migliorini
e indirizzata semplicemente “Gruppo Esperantista – via Condotti – Caffè Greco”.
(Aggiungo che, forse per l’alto costo delle consumazioni al Caffè Greco, gli esperantisti romani si radunavano anche, nelle ore pomeridiane della prima e della terza domenica del mese, nei locali del Caffè “La Breccia”, in Via XX settembre, presso Porta Pia).
Infine, quando si parla di caffè (nel triplo significato di chicchi, di bevanda e di locale) e caffettieri a Roma, è quasi d’obbligo trascrivere un famoso sonetto del poeta dialettale romanesco Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863)

Giuseppe Gioachino Belli


“Er caffettiere filosofo”; lo faccio, in romanesco, e nella traduzione in Esperanto (La kafej-mastro filozofo) di Gaudenzio Pisoni.


ER CAFFETTIERE FILOSOFO

L’ommini de sto Monno so’ ll’istessoche vvaghi de caffè nner mascinino:c’uno prima, uno doppo, e un antro appresso,tutti cuanti però vvanno a un distino.

Spesso muteno sito, e ccaccia spessoer vago grosso er vago piccinino,e ss’incarzeno tutti in zu l’ingressoder ferro che li sfraggne in porverino.

E ll’ommini accusì vviveno ar Monnomisticati pe mmano de la sorteche sse li ggira tutti in tonno in tonno;

e mmovennose oggnuno, o ppiano, o fforte,senza capillo mai caleno a ffonnope ccascà nne la gola de la Morte.

Giuseppe Gioachino Belli

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LA KAFEJ-MASTRO FILOZOFO

La homoj en la mondo agas same
kiel kafgrajnoj en la muelilo,
ĉar unu post alia, rekte, lame
aliras ĉiuj al destin-similo.

Okazas lokoŝangoj ofte drame,
malgrandan ŝovas granda kun facilo,
sed ĉiuj amasiĝas laŭprograme,
ĉe pulvoriga, dispremanta ilo.

Tiele vivas homoj en ĉi-mondo
intermiksitaj fare de la sorto,
kaj kirle laŭ rutina, ronda rondo.

Moviĝas ili lace aŭ kun forto,
sed ja sen scio, laŭ alfunda ondo,
por fali en la faŭkon de la morto.

Giuseppe Gioachino Belli, trad. Gaudenzio Pisoni
(“Elektitaj sonetoj de G.G. Belli”, COEDES/ FEI, Milano 1982)

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