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Defunti

Il 2 novembre, in Italia, si commemorano i defunti.

Viviamo in un mondo che di morte non vuol sentir parlare. Oggi molti mettono la sordina a tutto ciò che dice limite, sofferenza e infine congedo dalla vita, e rivolgono a se stessi l’augurio di andarsene senza troppe complicazioni, soprattutto senza arrecare disturbo a sé e agli altri.

Ai nostri giorni, congedarsi dalla vita con quella incoscienza che ci fa uscire di scena a testa alta, senza lunghe e penose malattie, è considerato una benedizione, una sorte riservata ai più fortunati. Mentre un tempo il timore era che la medicina facesse troppo poco per favorire la salute e il prolungamento della vita del malato, oggi l’incubo si è capovolto: si teme l’eccesso opposto, e cioè di essere costretti a vivere in condizioni umilianti.

Trascrivo, in italiano e nella traduzione in Esperanto, una poesia di Vincenzo Cardarelli, che esprime invece il desiderio che la morte ci lasci “dire al mondo addio”.

Allego un francobollo vaticano del 1960, con il precetto di “seppellire i morti”, quale opera di misericordia.

 


ALLA MORTE 

 

Morire sì,
non essere aggrediti dalla morte.
Morire persuasi
che un siffatto viaggio sia il migliore.
E in quell’ultimo istante essere allegri
come quando si contano i minuti
dell’orologio della stazione
e ognuno vale un secolo.
Poi che la morte è la sposa fedele
che subentra all’amante traditrice,
non vogliamo riceverla da intrusa,
né fuggire con lei.
Troppe volte partimmo
senza commiato!
Sul punto di varcare
in un attimo il tempo,
quando pur la memoria
di noi s’involerà,
lasciaci, o Morte, dire al mondo addio,
concedici ancora un indugio.
L’immane passo non sia
precipitoso.
Al pensier della morte repentina
il sangue mi si gela.
Morte non mi ghermire,
ma da lontano annunciati
e da amica mi prendi
come l’estrema delle mie abitudini.

 

Vincenzo Cardarelli

 

°°°°°

 

AL LA MORTO

 

Perei, ja,

ne esti agresitaj de la morto.

Forpasi konvinkitaj

ke tiu estas la vojaĝ’ plej bona.

Kaj lastmomente plenfeliĉaj esti

kiel se ni numerus la minutojn

de la horloĝo de la stacidomo

valorajn jarcentope.

Ĉar estas la morto la edzin’ fidela

venanta post amorantin’ perfida,

ne volas ni ricevi ŝin truditan,

nek kune kun ŝi fuĝi.

Tro ofte ni foriris

ne salutinte!

Estante trapasontaj

ni tempon er-sekunde,

kiam eĉ rememoro

pri ni elflugas for,

nin lasu, Morto, finsaluti l’ mondon,

permesu ke ankoraŭ ni prokrastu.

La senmezura paŝo estu

ne trorapida.

Ĉe la pripenso de subita morto

la sang’ en mi frostiĝas.

Ho Morto, min ne rabu,

anoncu vin de fore

kaj prenu min amike

kiel por lasta mia vivkutimo.

 

Vincenzo Cardarelli, trad. Gaudenzio Pisoni

(el “Enlumas min senlimo”, p. 110,

LF-Koop, La-Chaux-de-Fonds 1990)

 

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