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Passare il Rubicone

Il 10 gennaio del 49 a. C. Caio Giulio Cesare (101 a. C- 44 a. C.) decise di “passare il Rubicone”, cioè di varcare con le sue truppe – contro il volere del Senato – il confine che, su quel piccolo fiume presso Ariminum (Rimini), separava la Gallia Cisalpina dall’Italia propriamente detta: in pratica, una “Marcia su Roma” di più di 2.000 anni fa.

Quell’episodio ha dato origine, non solo in italiano, all’espressione “passare il Rubicone”, per dire “prendere una decisione difficile ma irrevocabile”.

Ad esempio, in una lettera del 1895 in lingua russa indirizzata al russo Nikolaj Borovko, il medico polacco di origine ebraica Ludwik Lejzer Zamenhof (1859-1917), creatore dell’Esperanto, ha scritto, parlando delle difficoltà affrontate per pubblicare la sua prima grammatica:

>(traduzione): Mi riuscì di pubblicare a mie spese il mio primo opuscolo nel luglio 1887… Sentivo che ero davanti al Rubicone, e che dal giorno in cui sarebbe apparso non avrei più avuto la possibilità di tornare indietro; sapevo quale sorte aspetta un medico che dipende dal pubblico, se questo pubblico vede in lui un visionario… ma non potei abbandonare l’idea che mi era entrata nel corpo e nel sangue, e… passai il Rubicone.

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In occasione del passaggio del Rubicone, secondo Svetonio (“De vita Caesarum – Divus Iulius”, 31-32) Cesare avrebbe detto: “Alea iacta est”, tradizionalmente tradotta “il dado è tratto”; in realtà (come riferisce Plutarco, nelle “Vite parallele”):

– anzitutto, la frase non fu pronunciata in latino, ma in greco (la stessa cosa – l’uso del greco – accadde alle Idi di Marzo):

www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2019/03/15/giulio-cesare/ 

e fu “«Ἀνερρίφθω κύβος» (“anerrìphtho kybos”, cioè “sia lanciato il dado”);

– in secondo luogo, la citazione latina esatta è “alea iacta esto”; si tratta, cioè, di un imperativo (“il dado sia lanciato”), non di un indicativo (“il dato è lanciato”); è un ordine, non una constatazione;

– in terzo luogo, “alea” non significa propriamente “dado” (che i romani chiamavano invece “tessera”), ma in senso generale “sorte, gioco d’azzardo” (e in questo senso la parola è rimasta in italiano), e solo secondariamente “gioco dei dadi”;

– infine, “iactare” non significa “trarre, tirar fuori”, ma “gettare, lanciare”; e difatti i dadi venivano “lanciati” mediante un bussolotto, per garantire che il giocatore non influisse con le sue mani.

Del resto, quella espressione è resa:

– in inglese, con “the die is cast” ( = il dado è gettato);

– in francese, con “les dés sont jetés, le sort en est jeté, les jeux sont faits” ( = I dadi son gettati, la sorte è gettata, i giochi sono fatti);

– in Esperanto, con “la kuboj jam estas jetitaj; la jeto jam esta farita” ( = i dadi ormai sono gettati; il lancio ormai è fatto).

Una curiosità: nel famoso discorso del 10 giugno 1940, con il quale Benito Mussolini annunziò l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale,

www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2017/06/10/litalia-in-guerra/

la citazione fu solo parzialmente corretta:

>”Ora che i dadi sono gettati…”

Immagine: francobollo italiano con il ritratto di Giulio Cesare

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