L’11 aprile è l’anniversario della nascita (nel 1884) dello scrittore, poeta e traduttore italiano Piero Jahier (1884-1966),
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noto in particolare per il libro in versi e in prosa “Con me e con gli alpini”, ispirato all’esperienza della prima guerra mondiale (alla quale prese parte come volontario negli Alpini).
Rinvio alle pagine di Wikipedia, e trascrivo, in italiano misto a dialetto bellunese e nella traduzione in Esperanto, la poesia “Mare” (Madre, nel dialetto veneto montano di Belluno, usato per esprimere più direttamente la partecipazione al dramma di tante madri durante la guerra).
Il poeta si sente vicino a una madre, alla quale la guerra strappa, uno dopo l’altro, i due figliuoli e il marito.
La donna è in continua apprensione per il figlio maggiore, che è stato chiamato alle armi tra gli Alpini. Lei lo immagina in luoghi dove la vita è troncata dallo scoppio delle granate o sepolta dalle valanghe. Invano ha aspettato, una sera, rimanendo per ore alla finestra, di vedere suo figlio, al quale consegnare il fagottino della biancheria pulita, la cosiddetta “muta”, concessa, ogni fine settimana, agli alpini di stanza vicino al confine.
Viene arruolato anche il giovanissimo figlio minore. Sebbene delicato di salute, viene messo in Marina ed imbarcato su una nave a vapore. La madre lo immagina addormentato nel centro del bastimento, mentre le ondate vanno a sbattere contro le fiancate, come a voler entrare e portarsi via il suo ragazzino.
Infine deve partire per il fronte anche il marito, che è contento di partire con i suoi giovanissimi commilitoni, malgrado avesse giurato davanti all’altare di condividere con lei il peso della vita.
Nella casa rimasta vuota, la povera donna, un giorno, si è alzata da sola, ha messo i suoi monili, ha abbeverato le bestie, ha steso i suoi panni a asciugare, ha agganciato il paiolo più grande (come se dovesse servire per quattro persone), ha preparato il più bel fuoco acceso, e dopo si è seduta al focolare.
Anche se i suoi tornano, lei non si può più alzare, si è lasciata morire di crepacuore.
“Hanno preso anche la madre”.
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Immagine: cartolina di posta militare dalla Zona di guerra del 13 agosto 1917, “verificata per censura”.
MARE
Hanno preso il suo figliolo ànno preso
quello che l’era appena rilevato
e per andà non può essere andato
che nel posto più brutto indifeso.
E per restà non può esser restato
che dove tronca la vita le granate
e quando ànno finito di troncare
scendono le valanghe a sotterrare.
E se non scrive è che vuol ritornare
e queste notti è camminato camminato
per chiedere una muta alla sua mare.
La muta era ben pronta al davanzale
e alla finestra mare l’à aspettato.
L’à aspettato infino alla mattina
quando squilla la tromba repentina
e alla sua casa non può più rivare.
Hanno preso il suo figliolo alla mare
Hanno preso il suo tosàt ànno preso
quel ch’era così tanto delicato
e si ritrova lontano trasportato
nel bastimento sopra l’acqua acceso.
Di giorno il bastimento gli cammina
ma nella notte è sempre arrestato
e tutte l’acque bussan per entrare
dove il suo tosàtel sta addormentato.
Hanno preso il suo tosàt alla mare
Hanno preso il suo omo ànno preso
quello che la doveva accompagnare
che avea giurato davanti all’altare
di non lasciarla sola a questo peso.
Lui coi suoi bòcia è contento di andare
non si è quasi voltato a salutare
Ma ànno preso il suo òmo alla mare.
E la mattina si è levata a solo
e à messo tutte le sue filigrane;
à bevarato le sue armente chiare;
à steso tutti i suoi panni a asciugare;
à agganciato il più grande suo paiolo;
à apparecchiato il più bel fuoco acceso
e dopo si è seduta al focolare.
Anche se tornano non si può più alzare.
Hanno preso ànno preso anche la mare.
Piero Jahier
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PATRINO
Oni prenis ŝian filon, tiun,
kiu estis ĵus kreskinta,
kaj pri iro li nur povas esti irinta
en la lokon plej malbelan kaj sendefendan.
Kaj pri restado li nur povas esti restinta
kie tranĉas la vivon la grenadoj
kaj kiam ili finis tranĉi
malsupreniras la lavangoj kaj enterigas.
Kaj se li ne skribas, tio estas ĉar li volas reveni
kaj en ĉi tiuj noktoj li iradis iradis
por peti vestoŝanĝon al la patrino
La vestoŝanĝo estis preta ĉe la fenestrobreto
kaj ĉe la fenestro la patrino lin atendis.
Ŝi lin atendis ĝis mateno
kiam subine eksonoras la trumpeto
kaj al sia hejmo li ne povas alveni.
Oni prenis ŝian filon al la patrino.
Oni prenis ŝian knabon oni prenis
tiun, kiu estis tiom malsaniĝema
kaj li trovas sin malproksimen transportita
en la vaporŝipo sur la akvo ardanta.
Dumtage la vaporŝipo iradas
sed dumnokte ĝi haltas
kaj ĉiuj akvoj frapas por eniri tien,
kie ŝia knabeto estas dormanta.
Oni prenis ŝian knabon al la patrino.
Oni prenis ŝian viron oni prenis
tiun, kiu devis ŝin akompani
kiu estis ĵurinta antaŭ la altaro
ne lasi ŝin sola al ĉi tiu pezo.
Li kun siaj junegaj soldatoj estas ĝoja iri
preskaŭ ne turniĝis por saluti.
Sed oni prenis ŝian viron al la patrino.
Kaj matene ŝi leviĝis tutsola
kaj surmetis ĉiujn siajn juvelojn;
trinkigis siajn helajn bovinojn;
etendis ĉiujn siajn tukojn por sekigo;
alkroĉis sian plej grandan poton;
pretigis la plej belan ardantan fajron
kaj poste sidiĝis ĉe la fajrujo.
Eĉ se ili revenas ŝi ne plu povas leviĝi.
Oni prenis ankaŭ la patrinon.
Piero Jahier, trad. Antonio De Salvo