Personaggi

Odoardo Spadaro

Il 26 giugno è l’anniversario della morte (nel 1965) del cantautore ed attore fiorentino di origine siciliana Odoardo Spadaro (1893-1965),
it.wikipedia.org/wiki/Odoardo_Spadaro
famoso per l’eleganza e la simpatia (in Francia, dove visse dal 1926 al 1932, era paragonato a Maurice Chevalier), e per alcune canzoni di ambiente fiorentino:
– La porti un bacione a Firenze;
– Il cappello di paglia di Firenze;
– Firenze;
– Il valzer della povera gente.
La canzone che lo rese particolarmente popolare, tanto da diventare un simbolo della città, fu “La porti un bacione a Firenze” (in vernacolo fiorentino, molto simile alla lingua italiana standard, ma con qualche particolarità, sia di pronuncia che di lessico: ad esempio, quel “La” iniziale, che sta per “Lei”, e il nome della città, abbreviato in “Fiore”); toccò le corde del sentimento, perché parlava di una ragazza fiorentina emigrata in un Pese lontano, che provava nostalgia della sua città (la canzone è del 1937, quando gli italiani erano ”povera gente” ed emigravano; un’esperienza ben nota allo stesso cantautore).
Trascrivo il testo di quella canzone, di cui indico due collegamenti, rispettivamente per la classica interpretazione maschile di Odoardo Spadaro,

e per l’interpretazione femminile di Nada Malanima (Nada).

Due curiosità:
– nel 1964, Odoardo Spadaro recitò nello sceneggiato televisivo “Il giornalino di Gian Burrasca” di Luigi Bertelli (Vamba) e Lina Wertmüller;

Il giornalino di Giamburrasca


– al suo funerale, fu suonata la musica della canzone “La porti un bacione a Firenze”.
Allego:
– il francobollo del 1996 della Repubblica di San Marino per Odoardo Spadaro e la canzone “La porti un bacione a Firenze”, nella serie “Storia della canzone italiana”;
– una cartolina edita in occasione del 91° Congresso Universale di Esperanto (Firenze, 29 luglio-5 agosto 2006).


LA PORTI UN BACIONE A FIRENZE

(Odoardo Spadaro)

 

Partivo una mattina co i vapore

e una bella bambina gli arrivò.

Vedendomi la fa: Scusi signore!

Perdoni, lè di Fiore, sì lo so.

Lei torna a casa lieto, ben lo vedo

ed un favore piccolo qui chiedo.

 

La porti un bacione a Firenze,

che lè la mia città

che in cuore ho sempre qui.

La porti un bacione a Firenze,

che lè la mia città

che in cuore ho sempre qui.

La porti un bacione a Firenze,

lavoro sol per rivederla un dì.

 

Son figlia demigrante,

per questo son distante,

lavoro perché un giorno a casa tornerò.

La porti un bacione a Firenze:

se la rivedo e glielo renderò.

 

Bella bambina! Le ho risposto allora.

Il tuo bacione a casa porterò.

E per tranquillità sin da questora,

in viaggio chiuso a chiave lo terrò.

Ma appena giunto a casa te lo giuro,

il bacio verso i cielo andrà sicuro.

 

Io porto il tuo bacio a Firenze

che lè la tua città

ed anche lè di me.

Io porto il tuo bacio a Firenze

né mai, giammai potrò scordarmi te.

Sei figlia demigrante,

per questo sei distante,

ma sta sicura un giorno a casa tornerai.

Io porto il tuo bacio a Firenze

e da Firenze tanti baci avrai.

 

Lè vera questa storia e se la un fosse

la può passar per vera sol perché,

so bene e lucciconi e quanta tosse

gli ha chi distante dalla Patria gli è.

Così ogni fiorentino chè lontano,

vedendoti partir ti dirà piano:

 

La porti un bacione a Firenze;

gli è tanto che un ci vo;

ci crede? Più un ci sto!

La porti un bacione a Firenze;

un vedo lora quando tornerò.

La nostra cittadina

graziosa e sì carina,

la ci ha tantanni eppure la un ninvecchia mai.

Io porto i bacioni a Firenze

di tutti i fiorentini che incontrai.

 

°°°°

Laŭvorta traduko al Esperanto

 

PORTU KISEGON AL FLORENCO

(Odoardo Spadaro, trad. Antonio De Salvo)

 

Mi forveturis iun matenon per vaporŝipo

kaj alvenis bela knabino.

Vidante min, ŝi diras: Mi petas, sinjoro!

Pardonu, vi estas el Florenco, jes mi scias.

Vi revenas hejmen ĝoja, mi bone vidas tion,

kaj ĉi tie mi petas malgrandan komplezon.

 

Portu kisegon al Florenco,

kiu estas mia urbo,

kiun mi ĉiam havas en la koro.

Portu kisegon al Florenco,

mi laboras nur por ĝin revidi iam.

 

Mi estas filino de migrinto,

pro tio mi estas for,

mi laboras por ke iam mi revenu hejmen.

Portu kisegon al Florenco:

se mi vin revidos, mi redonos ĝin al vi.

 

Bela knabino! Mi tiam respondis al ŝi.

Vian kisegon hejmen mi portos.

Kaj por via trankvilo ekde nun,

dumvojaĝe mi tenos ĝin enŝlosita.

Sed tuj kiam mi alvenos hejmen, tion al vi mi ĵuras,

la kiso al la ĉielo iros senhezite.

 

Mi portas vian kison al Florenco,

kiu estas via urbo

kaj ankaŭ estas la mia.

Mi portas vian kison al Florenco,

nek iam ajn mi povos forgesi vin.

Vi estas filino de migrinto,

pro tio vi estas for,

sed estu certa, iam vi revenos hejmen.

Mi portas vian kison al Florenco,

kaj de Florenco multajn kisojn vi havos.

 

Estas vera ĉi tiu historio, kaj se ĝi ne estus tia,

ĝi povas aspekti vera nur tial,

ĉar mi bone scias, kiom da larmoj kaj kiom da tuso

havas tiu, kiu estas malproksime de sia Patrolando.

Tiel ĉiu florencano kiu estas for,

vidante vin forveturi diros al vi mallaŭte:

 

Portu kisegon al Florenco;

de tre longe mi ne iras tien;

ĉu vi tion kredas? Mi ne plu estas tie!

Portu kisegon al Florenco;

mi sopiratendas kiam mi revenos.

Nia urbeto

ĉarmeta kaj tiel beleta,

havas multe da jaroj kaj tamen neniam maljuniĝas.

Mi portas la kisegojn al Florenco

de ĉiuj florencanoj, kiujn mi renkontis.

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