Personaggi

Dino Campana

Dice un proverbio italiano che “dal genio alla pazzia non c’è che un passo”.
Una prova di questa affermazione si può trovare nel poeta toscano Dino Campana (1885-1932), di cui il 20 agosto ricorre la nascita.
it.wikipedia.org/wiki/Dino_Campana
Considerato se non pazzo almeno strano, e per questo ricoverato più volte in manicomio, è famoso per una vita errabonda, per il disprezzo e il dileggio di gran parte degli ambienti letterari dell’epoca (dovette pubblicare a sue spese la raccolta di poesie “Canti Orfici”, dopo che il manoscritto era stato rifiutato da Giovanni Papini e Ardengo Soffici, che addirittura per negligenza persero quell’unica copia, poi faticosamente ricostruita a memoria da Campana), e per una turbolenta relazione con la poetessa Sibilla Aleramo.
Come spesso accade, Dino Campana è stato onorato dopo morto: nel 1946, alla cerimonia per la sua tumulazione nella chiesa di San Salvatore a Badia a Settimo (Scandicci, Firenze), presero parte numerosi intellettuali, tra cui Eugenio Montale, Alfonso Gatto, Carlo Bo, Ottone Rosai, Vasco Pratolini; ed ai suoi versi (soprattutto per le forti immagini, il linguaggio spezzato, l’uso di parole chiave ripetute) si sono ispirati nel dopoguerra poeti quali Mario Luzi, Pier Paolo Pasolini, Andrea Zanzotto.
Trascrivo, in italiano e nella traduzione in Esperanto, la poesia “Donna genovese”, ed allego una foto del poeta, dallo sguardo a dir poco inquietante.


DONNA GENOVESE

Tu mi portasti un po’ d’alga marina
nei tuoi capelli, ed un odor di vento,
che è corso di lontano e giunge grave
d’ardore, era nel tuo corpo bronzino:
– Oh la divina
semplicità delle tue forme snelle –
non amore non spasimo, un fantasma,
un’ombra della necessità che vaga
serena e ineluttabile per l’anima
e la discioglie in gioia, in incanto serena
perché per l’infinito lo scirocco
se la possa portare.
Come è piccolo il mondo e leggero nelle tue mani!

Dino Campana

°°°°°

ĜENOVA VIRINO

De mara algo en hararo via
iom vi portis, kaj odor’ de vento,
kiu kuris el for kaj venas peza
pro ard’, estis en bronza korptalio:
– Ho, ja la dia
pura simplec’ de viaj formoj sveltaj –
ne estas am’, ne spasmo, sed fantomo,
ombro de la neceso kiu vagas
serena senrezista tra l’ animo
kaj ĝin solvas en ĝojo, en la sorĉo serena
por ke tra la senfino la siroko
kun si povu ĝin porti.
Kiel etas la mond’ kaj leĝeras en viaj manoj!

Dino Campana, trad. Carlo Minnaja
(“Enlumas min senlimo”,
LF-Koop, La-Chaux-de-Fonds 1990, p. 96)

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