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Quarta crociata

Il 12 aprile 1204 i crociati provenienti dai Paesi cristiani di Occidente presero e saccheggiarono Costantinopoli (l’odierna Istanbul), nel quadro della quarta crociata
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​che era stata indetta da Papa Innocenzo III per liberare Gerusalemme dall’occupazione islamica, ma che invece portò al saccheggio di una città cattolica (Zara, l’odierna Zadar, sulla costa dalmata oggi croata, all’epoca sotto dominio veneziano), e al saccheggio e alla distruzione di una città ortodossa (appunto Costantinopoli).
​I crociati saccheggiarono Zara (che si era ribellata a Venezia, ed era entrata a far parte del Regno d’Ungheria) per pagare a Venezia le spese del viaggio (avvenuto su navi veneziane, al comando del Doge Enrico Dandolo). Lasciata Venezia il 1° ottobre 1202, l’imponente flotta (1202 navi da trasporto, oltre a 50 navi da guerra di scorta) fece scalo prima a Trieste, poi alla vicina Muggia, che a differenza di Trieste si sottomise a Venezia (ancora oggi, le due città, vicinissime, hanno caratteristiche profondamente diverse: Muggia ha un aspetto tipicamente veneziano, mentre in tutta Trieste l’unico Leone di San Marco che si vede è quello moderno della Compagnia di Assicurazioni Generali
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​la quale, peraltro, fino al 1918 aveva come simbolo l’aquila asburgica.
Quando il Papa venne a conoscenza del sanguinoso saccheggio di Zara, lanciò l’interdetto (una specie di scomunica) contro la Repubblica di Venezia (che già in precedenza era in rapporti tesi con il Papa, perché aveva chiesto di essere esonerata dalla crociata, non volendo rinunciare ai lucrosi traffici con il Levante, e si era decisa a fornire le navi per l’impresa solo per considerazioni economiche e per la prospettiva di bottino di guerra).
Il Doge, però, non si scompose, e prese contatti con l’imperatore Filippo di Svevia
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​anche lui scomunicato, per favorire il principe bizantino Alessio IV, fratello della moglie di Filippo, che era stato detronizzato. Alessio chiese l’aiuto dei crociati, offrendo in cambio truppe, denaro, rifornimenti, favorevoli accordi commerciali con Venezia, e riunione delle Chiese ortodossa e cattolica, separatesi nel 1054.
​Il Papa, nella illusione di una possibile riunione con la chiesa ortodossa, tolse l’interdetto; fu così che il grosso dei crociati (tranne un piccolo gruppo che, non accettando di assalire un’altra città cristiana, fece vela per la Siria) salpò da Zara verso Costantinopoli, facendo tappa a Durazzo (nell’odierna Albania; in albanese, Durrës) e Corfù (nelle isole Ionie, nell’odierna Grecia; in greco, Κέρκυρα, Kérkyra).
​Quando i crociati giunsero a Costantinopoli, trovarono che la popolazione (contrariamente a quello che aveva assicurato Alessio) non era affatto disposta ad accoglierli; dopo aspri combattimenti, la città fu conquistata il 17 luglio 1203, e sul trono di Costantinopoli fu collocato di nuovo un Imperatore bizantino.
​La situazione, però, rimaneva incerta e difficile, perché il popolo e soprattutto il clero ortodosso non voleva saperne di riunirsi con Roma, e d’altra parte i crociati spadroneggiavano, derubando per mantenersi, e confiscando le suppellettili sacre delle chiese ortodosse, finché la città si ribellò; i crociati colsero al volo l’occasione, assediarono la città, e il 12 aprile 1204 la espugnarono, la dettero alle fiamme, e con incredibile crudeltà e vandalismo (nell’arco di 4 giorni) distrussero tutto quello che non riuscirono a rubare; ammazzarono vecchi, donne e bambini; violentarono le donne comprese le monache; torturarono indifesi cittadini, monaci e Vescovi.
​Alla fine, i comandanti dettero ordine di smettere, e di portare quello che era rimasto in tre chiese sorvegliate dai veneziani, i quali, tra le altre cose, trasferirono a Venezia e collocarono sulla facciata della Basilica di San Marco 4 antichissimi cavalli di bronzo provenienti dall’Ippodromo di Costantinopoli
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​Fu così che la quarta crociata, anziché liberare dall’Islam i Luoghi Santi, condusse al saccheggio di due città cristiane, distrusse la cultura storica, religiosa ed artistica della civiltà bizantina, e creò tra ortodossi e cattolici un solco difficile da colmare: ancora il 4 maggio 2001, la visita di Papa Giovanni Paolo II ad Atene, per chiedere perdono per il saccheggio di Costantinopoli, si svolse in un clima teso, per le contestazioni degli ortodossi più tradizionalisti, in particolare della comunità dei monaci di Monte Athos (in greco Άγιον Όρος, Hágion Óros)
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​Chi invece trasse enormi vantaggi dalla crociata fu Venezia, la quale ottenne la costa occidentale della Grecia e l’isola di Corfù; tutto il Peloponneso (in greco Πελοπόννησος, Pelopònnesos, in veneziano Morea); l’isola di Nasso (in greco Νάξος, Naxos); l’isola di Andro (in greco Άνδρος, Andros); l’Eubea (in greco moderno Εύβοια, Evvia, in veneziano Negroponte); la città oggi turca di Gallipoli (in turco Gelibolu, in greco Καλλίπολη) sulla sponda europea dello stretto dei Dardanelli; la città oggi turca di Adrianopoli (Edirnein in turco; Αδριανούπολη, Adrianoúpoli in greco; Одрин, Odrin in bulgaro); i porti sul Mar di Marmara di quella che oggi è la Turchia europea. Inoltre, Venezia ebbe tre ottavi della città di Costantinopoli (compresa la zona della Basilica di Santa Sofia/ Hagia Sophia), e comprò l’isola di Creta (in greco Κρήτη, Kríti; in veneziano Candia), venduta dall’Imperatore latino Baldovino IX di Fiandra, a corto di denaro.
​Trascrivo un articolo di Radio Roma-Esperanto del 7 maggio 1978 a proposito dei Cavalli di San Marco, ed allego:
– una cartolina maximum, formata con uno dei francobolli italiani del 1973 per la serie “Salviamo Venezia”;
​- una singolare foto che io feci nel 1965, con una veduta di Venezia da sotto la pancia di uno dei cavalli;
– l’immagine, da una vecchia cartolina, dell’Arco di Trionfo del Carosello a Parigi
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(da non confondere con il più famoso Arco di Trionfo degli Champs-Élysées).
Sulla sommità dell’Arco sono oggi collocate delle copie, fuse nel 1828 dallo scultore monegasco François-Joseph Bosio, ma nel periodo napoleonico c’erano i Cavalli di San Marco, confiscati nel 1797 dall’allora generale francese a seguito della campagna d’Italia. Caduto Napoleone Bonaparte, i cavalli furono restituiti a Venezia (nel frattempo divenuta austriaca).


RADIO ROMA – ESPERANTO, 7.5.1978

LA VENECIAJ ĈEVALOJ DE SARTA MARKO
Teksto de Velia Corsini, traduko de Antonio De Salvo

Oni ĉiam parolis pri “bronzaj ĉevaloj”: sed temas pri neĝusta difino, ĉar la ĉevaloj estas 98% el kupro, dum la resto estas stano, plumbo kaj (en tre malgranda kvanto) oro.
Se oni rigardas ilin de malproksime, oni ne rimarkas, ke ili malbonfartas: viglaj kaj harmoniaj, fieraj kaj leĝeraj, ili havas bonan aspekton. Ili sukcesis postvivi pli ol ses jarcentojn da atmosferaj elementoj kaj malagrablaĵoj; sed la lastaj 50 jaroj sufiĉis por endanĝerigi ilian sanon. La atmosfera malpurigo korodis kaj difektis la surfacon de la famaj “orĉevaloj” de Sakta Marko.
Rifuĝintoj el Konstantinopolo, en iu antikva tago de 1204-a, la Ĉevaloj atingis la venecian lagunon kiel milit-akiraĵo de la kvara Krucmilito. La venkinta doĝo Enriko Dandolo ilin estis perforte forpreninta el iu alta turo en la ĉevalkurejo de la ĉefurbo de la roma orienta imperio. Kaj la ĉevaloj kunportis la misteron kaj la legendon pri sia deveno.
Kvindek jarojn pli poste, ili supreniris la fasadon de la Baziliko honore al Sankta Marko. De tie ili malsupreniris nur tri fojojn, ĉiam pro la sama kaŭzo: la milito. Napoleono ilin forprenis al Parizo, kie ili restis 18 jarojn, ekde 1797-a; krome, la du mondmilitoj.
Abrupte, antaŭ kelkaj jaroj, oni ekvidis, ke la ĉevaloj estas malsanaj; oni parolis pri kancero. Famkonataj internaciaj spertuloj, alvokitaj por proponi solvojn, samopiniis nur pri unu afero: ke oni devas urĝe ekagi, ĉar la kreskanta procentaĵo de sulfata dioksido en la aero povas detrui la altvalorajn malsanulojn.
En januaro 1974-a, unu el la ĉevaloj estis transportita en la Bazilikon, en ĉambron kun klimatizita aero, kie ĝi estis submetita al la analizoj kaj al la studoj de altvaloraj italaj sciencistoj.
La esploroj (kiuj koncernas arkeologion, metalurgion, historion, arton de la restaŭrado) estis tre utilaj; sed la malsano de la ĉevaloj ankoraŭ ne estas forigita, kaj tio iom zorgigas la venecianojn. Fakte, ŝajnas, ke kiam oni tuŝas tiujn ĉevalojn, okazas io serioza en la mondo. Tion konfirmas la datoj: en 1204-a falis la roma orienta imperio; en 1797-a falis la venecia regado; en 1915-a Italio eniris la unuan mondmiliton, kaj tri jarojn poste falis la aŭstra-hungara imperio; en 1942-a oni haste trasportis la ĉevalojn sur la venetiajn montetojn, kaj post nelonge falis la itala imperio.
Kiu nova katastrofo estas anoncata nun?
Momente, tamen, la urĝa problemo estas tiu savi la famkonatan ĉevalan kvaropon; kaj, tiucele, oni planas ŝirmi la statuojn interne de kovrita ejo, dum por la fasado de Sankta Marko oni utiligos kopiojn.

Un pensiero su “Quarta crociata

  1. Ĉu estas tro malfrue por korekti la titolon de tiu ĉi blogero? Legante “Kvar krucmilito” mi scias, ke mi vidas eraron, sed mi ne scias, kiun eraron mi vidas, ĉu manko de plurala finaĵo aŭ manko de adjektiva finaĵo.

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