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Deportazione dal Ghetto

Durante l’occupazione tedesca di Roma, il 16 ottobre 1943 (non a caso, un sabato), tra le ore 5.30 e le ore 14.30, truppe tedesche della Gestapo rastrellarono casa per casa 1.259 persone (689 donne, 363 uomini – di cui 188 con più di 60 anni – e 207 tra bambini e bambine), soprattutto ebrei e principalmente nel Ghetto (ma anche in altre zone della città: gli ebrei benestanti, infatti, abitavano fuori del Ghetto)
it.wikipedia.org/wiki/Rastrellamento_del_ghetto_di_Roma
​ La cosa singolare è che, a rigore, gli ebrei romani erano “più romani” di altri abitanti della città, perché la comunità ebraica di Roma risale ininterrottamente a più di 2000 anni fa.
​ Dopo il rilascio di un certo numero di persone (parzialmente “ariane”, oppure straniere), 1.023 furono deportati ad Auschwitz; di essi, soltanto 16 (15 uomini e una donna) sopravvissero allo sterminio.
​ Accanto alla complicità dei fascisti italiani, che facilitarono l’opera degli occupanti nazisti, è giusto ricordare la generosità dei tanti che, incuranti dei rischi, si adoperarono per mettere in salvo le vittime designate.
​ Tra i deportati che non fecero ritorno c’è anche un’esperantista, Ida Pisa vedova Coen, nata a Trieste il 5.8.1865, arrestata a Roma il 16 ottobre 1943 nel suo domicilio, Largo della Gancia N. 5. Il suo nome figura nell’elenco dei soci della FEI-Federazione Esperantista Italiana del 1926, ed è citata nel numero 1932-6 de “L’Esperanto”, in occasione della morte del fratello Giacomo Pisa, anche lui esperantista.
​Probabilmente, la Signora Ida Pisa Coen rimase esperantista anche dopo, ma mancano le prove, perché quando nel 1938 furono emanate in Italia le leggi razziali, gli esperantisti italiani ebrei furono invitati a non rinnovare l’iscrizione alla FEI, per evitare la loro obbligata espulsione e la segnalazione dei loro nomi alle autorità di polizia; e poi gli schedari della FEI andarono distrutti nei bombardamenti a tappeto anglo-americani di Milano dell’agosto 1943.
​Allego:
​ – l’immagine della Signora Ida Pisa Coen, tratta da: “Il libro della memoria: gli ebrei deportati dall’Italia, 1943-1945 / Liliana Picciotto; ricerca della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea. – Ed. 2002: altri nomi ritrovati”. – Milano, Mursia, 2002;
​ – il francobollo italiano del 1993, ed il relativo annullo speciale, per l’anniversario della deportazione del Ghetto;
​ – un’immagine, da una vecchia cartolina, del Portico di Ottavia, cuore del Ghetto di Roma;
​ – un’immagine della Galleria di Milano, a suo tempo sede della FEI, dopo i bombardamenti dell’agosto 1943.

Un pensiero su “Deportazione dal Ghetto

  1. … il Portico di Ottavia, il Ghetto per me, non ebrea, una valanga di ricordi condivisi : il Quintino Sella, Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri è stato il mio istituto per i 5 anni delle superiori ed i miei compagni di classe ( come pure alcuni professori) erano Coen, Spizzichino, Terracina etc…. e le storie delle loro famiglie mi hanno portato a conoscere avvenimenti e circostanze che mai avrei potuto apprendere dai libri…..
    Li ricordo tutti, compagni e professori, e non dimenticherò mai che, grazie a loro, ho potuto visitare, quando ciò non era possibile, la Sinagoga assistendo alla celebrazione di un matrimonio.

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