La mattina del 14 luglio 1902 il campanile di San Marco a Venezia
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crollò al suolo disintegrandosi, con una enorme nuvola di polvere ed un rumore e uno scuotimento spaventoso: di esso rimase solo un cumulo di macerie alto 20 metri.
Nella sua storia millenaria, il campanile aveva resistito ai fulmini (a causa dell’altezza, della forma appuntita e delle strutture in ferro che lo rinforzavano, in pratica era un colossale parafulmine), ed era sopravvissuto a terremoti; ma la sua stabilità fu minata da alcuni lavori effettuati in maniera sprovveduta alla base dell’edificio.
Fortunatamente, qualche ora prima del crollo ci si accorse che si era formata una larga fenditura lungo quasi tutta l’altezza del campanile, sicché furono sgombrate le botteghe ai suoi piedi e non ci furono vittime (si dice che l’unico morto sia stato il gatto del custode).
Il campanile, per fermo volere dei veneziani, venne ricostruito “dov’era e com’era”; l’inaugurazione avvenne il 25 aprile 1912, festa di San Marco.
Traduco quello che scrisse un certo Walter Dexter nel supplemento a “Brita esperantisto” 1906, p. 16: “La bellezza di Venezia è bellezza di una Regina priva di vita… Perfino la famosissima chiesa di S. Marco, con il suo glorioso lato avanzato ad occidente, adorno di mosaici marmorei multicolori, parla della decadenza che opprime Venezia. Sembra che, qua e là, le arcate presto si arrederanno al Padre Tempo. Colonne e muri si inclinano da ogni parte, e mentre si guarda e si ammira, il pensiero che la chiesa stia per crollare, come già è crollato il suo campanile, spesso torna in mente”.
Fortunatamente, il cattivo augurio non si è realizzato, e la città, malgrado problemi, è tuttora viva.
Allego:
– una vecchia cartolina con il crollo del campanile;
– p. 16 del supplemento a “Brita esperantisto” 1906;
– p. 72 de “L’Esperanto” 1922-aprile, con una foto del campanile “dall’aeroplano” (una rarità, a quell’epoca);
– un bel panorama odierno di Venezia, dominato dal campanile di San Marco.
