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Vespri siciliani – siciliaj vesproj

Il Lunedì dell’Angelo del 1282 (che in quell’anno cadde il 30 marzo, perché la Pasqua avvenne il 29 marzo), scoppiò a Palermo (all’ora dei Vespri) la rivolta popolare contro la dominazione angioina (francese) conosciuta come “I Vespri siciliani”, al grido “mora, mora!” (cioè, muoia, muoia!”):

it.wikipedia.org/wiki/Vespri_siciliani

eo.wikipedia.org/wiki/Sicilia_vespro

​La pagina in Esperanto di Wikipedia (non so su quale base) indica come causa remota della rivolta la reintroduzione del medioevale “ius primae noctis” (cioè il privilegio del regnante di giacere con ogni nuova sposa la prima notte di matrimonio), e come causa immediata le proposte oscene di un soldato francese a una donna siciliana. In realtà, la causa immediata fu il palpeggiamento di una donna (con la scusa di una perquisizione corporale) ad opera di un soldato francese, e la reazione del marito che uccise il soldato; ma la causa remota (molto più profonda) fu il cattivo governo angioino, che Dante (praticamente contemporaneo ai fatti, essendo nato nel 1265) bene individuò, nel canto ottavo del Paradiso (vv 74-76), con il nome “mala segnoria”:

 

se mala segnoria, che sempre accora

li popoli suggetti, non avesse

mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”.

 

in Esperanto:

se malbona regado, kiu ĉiam

ĉagrenas la regatojn, ne incitus

Palermon krii: “Mortigu, mortigu!”.

(trad. Giovanni Peterlongo)

 

se misa rego, kiu plej ĉagrenas

la gentojn submetitajn, ne incitus

Palermon kaj ribeli tiel trenas.

​(trad. Enrico Dondi)

 

​Dal punto di vista linguistico, è interessante vedere come fecero i siciliani per identificare i francesi da ammazzare: costrinsero quanti incontravano a pronunziare la parola siciliana “ciciru” (= cece); ebbene, in francese:

– non esiste di per sé il suono della “c” dolce (tuttora, in francese si è costretti ad usare il gruppo “tch”, e scrivere Tchécoslovaquie, Tchad, e perfino Piotr Ilitch Tchaïkovski, per poter pronunciare quella “c”);

– la “c” davanti alla “i” si legge “s” (ad esempio, citoyen = sitwajɛ̃);

​- per pronunciare una semplice “u”, si deve scrivere “ou” (ad esempio, rouge = ʀuʒ), mentre la lettera “u” viene letta all’incirca “ju” (ad esempio, union = ynjɔ̃);

– l’accento cade spesso sull’ultima sillaba (ad esempio, Rousseau = Ʀusò).

Mettendo insieme tutte queste cose, i francesi pronunciavano la parola siciliana “ciciru” più o meno «sisirjù»: e venivano subito smascherati ed uccisi (più precisamente, decapitati: la crudeltà umana è di ogni tempo e di ogni luogo).

Gli avvenimenti sono rimasti così vivi nella memoria collettiva dei siciliani, che dopo quasi sette secoli mia madre, siciliana di Messina, me la raccontava quand’ero ragazzo, quasi fosse un fatto di cronaca contemporanea.

​In fondo, i siciliani adoperarono lo stesso espediente usato dagli israeliti (da cui deriva la parola Esperanto “ŝiboleto”,

it.wikipedia.org/wiki/Shibboleth

eo.wikipedia.org/wiki/%C5%9Ciboleto

secondo quanto narrato nel Libro dei Giudici 12,5-6:

I Galaaditi occuparono i guadi del Giordano in direzione di Efraim. Quando uno dei fuggiaschi di Efraim diceva: «Lasciatemi passare», gli uomini di Galaad gli chiedevano: «Sei un Efraimita?». Se rispondeva: «No», i Galaaditi gli dicevano: «Ebbene, di’ scibbòlet», e se quello diceva: «Sibbòlet», non riuscendo a pronunciare bene, allora lo afferravano e lo uccidevano presso i guadi del Giordano.

Kaj la Gileadanoj baris al la Efraimidoj la transirejojn de Jordan. Kaj kiam iu el la forkurantaj Efraimidoj diris: Mi volas transiri, tiam la Gileadanoj diris al li: “Ĉu vi estas Efraimido?”. Se li diris: “Ne”, tiam ili diris al li: “Diru: Ŝibolet”; li diris: “Sibolet”, ĉar li ne povis elparoli ĝuste; tiam ili kaptis lin kaj buĉis lin ĉe la transirejo de Jordan.

Conclusione: una giusta pronuncia può salvare la vita!

Allego:

– il francobollo emesso nel 1982 dalle Poste Italiane in occasione del 700° anniversario della rivolta dei Vespri;

– il francobollo (con il relativo annullo speciale) emesso nel 2016 dalle Poste Italiane, nella serie “località turistiche”, per la cittadina di Sperlinga, che fu l’unica in tutta la Sicilia a rimanere fedele ai francesi, tanto che sul portale del suo castello si legge in latino: “Quod Siculis placuit, sola Sperlinga negavit” (Quello che piacque ai Siciliani, la sola Sperlinga negò)

it.wikipedia.org/wiki/Quod_Siculis_placuit,_sola_Sperlinga_negavit

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