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Giornata Internazionale Disabilità

Il 3 dicembre è la “International Day of Persons with Disabilities”, fino al 2007 “International Day of Disabled Persons” (in italiano, Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità), proclamata nel 1992 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con lo scopo di promuovere i diritti e il benessere dei disabili.

Nel 2006, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità ha ribadito ed ampliato l’impegno a rendere effettivo il principio di uguaglianza, garantendo la piena ed effettiva partecipazione dei disabili alla sfera politica, sociale, economica e culturale della società.

Del resto, dal 1948 un concetto del tutto analogo è espresso, in via generale, nel secondo comma dell’art. 3 della Costituzione italiana, secondo il quale:

“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

La Convenzione delle Nazioni Unite invita gli Stati ad adottare le misure necessarie per identificare ed eliminare tutti quegli ostacoli che limitano il rispetto dei diritti imprescindibili, consentendo alle persone con disabilità di vivere in modo indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita e dello sviluppo; infatti, le persone con disabilità risentono maggiormente delle carenze sanitarie, hanno minore accesso all’istruzione e minori opportunità economiche rispetto alle persone cosiddette “normodotate”.

A proposito di discriminazioni, è interessante esaminare un aspetto solo in apparenza secondario, quello lessicale.

Ovviamente, sarebbe illusorio (addirittura ingannevole) pensare che un problema concreto si possa risolvere cambiando le parole; ma anche il modo in cui una persona con disabilità viene definita ha la sua importanza, sia per l’interessato che per la società.

In passato, si usavano termini che oggi sono sentiti come spregiativi o addirittura offensivi: perfino il blando “invalido” (tuttora presente nella legislazione italiana non recente) viene oggi rifiutato, perché “in-valido” può far pensare a qualcosa di non valido, privo di valore; lo stesso con “inabile”, che può far pensa ad un soggetto maldestro.

 Ancora peggiori altri sinonimi: minorato, menomato, handicappato, anormale, deforme; e, con riguardo a specifiche disabilità: ritardato, storpio, sciancato, zoppo, claudicante, cieco, orbo, guercio, sordo, sordastro.

Oggi si dice “diversamente abile”, “disabile”, “persona con disabilità”, “portatore di handicap”, “svantaggiato” in senso generale; “non vedente” e “ipovedente” riguardo alla vista; “non udente” riguardo all’udito; “claudicante” anziché zoppo.

Del resto, è interessante notare la modifica (a prima vista insignificante, ma invece importante) intervenuta nel titolo inglese della Giornata, che fino al 2007 parlava di “disabili”, e dopo di “persone con disabilità”, mettendo in primo piano la figura umana, la cui eventuale disabilità non ne muta la dignità, perché ne costituisce un semplice accessorio.

Tuttavia, per motivi storici, vecchie denominazioni continuano ad esistere: in Italia, ad esempio, ci sono l’Unione invalidi civili e l’Unione Italiana Ciechi; nel campo esperantista, la IABE (Internacia Asocio de Blindaj Esperantistoj, Associazione Internazionale dei Ciechi Esperantisti).

Allego:

– il francobollo italiano del 1981, su bozzetto di Antonio Ciaburro, per l’Anno internazionale “delle persone handicappate” (nel 1981, in inglese si usava ancora il termine “handicapped”);

– un “promemoria illustrato” in Esperanto, predisposto per spiegare ai vedenti come comportarsi correttamente con un non vedente (“parlate prima voi; per indicare la strada; per guidare accompagnando; sulle scale; per indicare un posto a sedere; per far conoscere la collocazione degli oggetti; quando vi alzate da tavola; al ristorante”).

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