Il 24 ottobre è l’anniversario della nascita (nel 1798) del marchese italiano (piemontese) Massimo Taparelli d’Azeglio, conosciuto come Massimo d’Azeglio (1798-1866),
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patriota, politico, pittore e scrittore.
Massimo d’Azeglio, più che per l’attività politica (fu, tra l’altro, Primo ministro del Regno di Sardegna e primo Governatore della Provincia di Milano) e le opere di pittura e letteratura, è ricordato per aver manifestato scetticismo di fronte al processo di unificazione italiana guidato da Camillo Benso di Cavour.
Diversamente da Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, con cui si seguita ad accostarlo, Cavour non fu mai un generoso patriota né un fautore dell’unità per considerazioni ideali, ma solo un pragmatico, che si riprometteva di fare del resto d’Italia uno strumento politico ed economico del Piemonte (tra i suoi primi atti, ci fu l’incameramento a favore del nuovo Regno d’Italia di gran parte delle disponibilità finanziarie dell’ex Regno delle Due Sicilie). Per raggiungere il suo scopo, Cavour non si preoccupava delle differenze di carattere, lingua, storia ed economia delle varie popolazioni italiane, che rendevano l’unificazione un fatto poco più che formale.
D’Azeglio, invece, aveva consapevolezza di queste differenze (tuttora in gran parte esistenti) e della difficoltà di superarle, per cui scrisse (ne “I miei ricordi”, Firenze, Barbera, 1891, p. 5) la famosa frase «Pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani», citata spesso (in modo non solo inesatto, ma addirittura fuorviante) come «fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani»: la frase di D’Azeglio non era un invito, uno stimolo, ma una fredda constatazione.
Un brano del libro “I miei ricordi” è stato tradotto in Esperanto da Elio Migliorini, e pubblicato nella rivista “L’Esperanto” 1922-2, p. 27-28.
Allego il francobollo italiano del 2010, su bozzetto di Rita Fantini, per il 150° anniversario della Provincia di Milano, con il ritratto di Massimo d’Azeglio e Palazzo Isimbardi, storica sede della Provincia di Milano