Franco Sacchetti (1332-1400)
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è stato uno scrittore e poeta italiano, per la precisione toscano di Firenze, anche se nato a Ragusa di Dalmazia (l’odierna Dubrovnik in Croazia).
Non era un letterato (le sue attività principali erano la mercatura e la politica; è famoso, oltre che per alcune “Rime”, per la raccolta di novelle “Trecentonovelle”, conservata in codici molto danneggiati, e pubblicata a stampa soltanto nel 1724 (nel 2014 Michelangelo Zaccarello ne ha fatta un’edizione critica, con il titolo “Le trecento novelle”, sulla base di un codice recentemente rinvenuto a Oxford).
La raccolta, compilata tra il 1392 e il 1400, ci è pervenuta con 229 novelle complete ed alcune altre frammentarie
it.wikisource.org/wiki/Il_Trecentonovelle
in gran parte ambientate a Firenze o più genericamente in Toscana: oltre ad aneddoti di cui lo stesso scrittore è protagonista, si tratta della trascrizione disorganica di novelle antiche e moderne (senza un progetto unitario, a differenza del “Decamerone” di Giovanni Boccaccio
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2017/06/16/giovanni-boccaccio/ ,
e con intento moralistico); la lingua, molto libera sul piano sintattico, è di tipo popolare, con parole del dialetto fiorentino e di gergo.
In Esperanto esisto queste traduzioni:
– la poesia “O vaghe montanine pasturelle”
www.treccani.it/magazine/strumenti/una_poesia_al_giorno/10_25_sacchetti_franco.html
(Vi, ĉarmaj paŝtistinoj surmontaraj), trad. Giordano Azzi, “Itala Antologio” (Antologia Italiana), 1987, p. 78-79;
– la Novella IV: Messer Bernabò signore di Melano comanda a uno abate che lo chiarisca di quattro cose impossibili; di che uno mugnaio, vestitosi de’ panni dello abate, per lui le chiarisce in forma che rimane abate e l’abate rimane mugnaio (Bernabò Visconti, abato kaj muelisto), trad. Michele Arabeno, “Itala Antologio” (Antologia Italiana), 1987, p. 80-82;
– la Novella LXVIII: Guido Cavalcanti, essendo valentissimo uomo e filosofo, è vinto dalla malizia d’un fanciullo (Ruza knabo), trad. Elio Migliorini, “L’Esperanto” FEI 1922-11, p. 212-213;
– la Novella CXXIII: Vitale da Pietra Santa, per introdotto della moglie, dice al figliuolo che ha studiato in legge, che tagli uno cappone per gramatica. Egli lo taglia in forma che, dalla sua parte in fuori, ne tocca agli altri molto poco (Sprita dispartigo), trad. Elio Migliorini, “L’Esperanto” 1921-12, p. 207-208
– la Novella CXXIX: Marabotto da Macerata con una nuova lettera, richieggendo di battaglia un gran Tedesco, libera per più mesi la sua patria che non è cavalcata (Milita ruzo), trad. Elio Migliorini, “L’Esperanto” 1921-10, p. 147-148;
– la Novella CCXX: Gonnella buffone compera un paio di capponi, e andando uno fanciullo con lui per li denari si contraffae per forma che ’l fanciullo per paura si fugge e dice che non è desso (Gonnella kaj la kaponoj), trad. Elio Migliorini, “L’Esperanto” 1922-3, p. 46-47.
Trascrivo la novella CXXIX, in italiano e in Esperanto, ed allego una vecchia veduta della città di Ragusa/ Dubrovnik.
NOVELLA CXXIX
Marabotto da Macerata con una nuova lettera, richieggendo di battaglia un gran Tedesco, libera per più mesi la sua patria che non è cavalcata.
Al tempo che la Chiesa di Roma perdeo la Marca d’Ancona, fu un uomo che si chiamava Marabotto da Macerata ed era grandissimo di persona; ed essendo guerra nella detta Marca, uno Todesco, che avea nome Sciversmars, era al soldo della Chiesa, e la stanza sua era a Monte Fano.
Facendo gran guerra il detto Tedesco a Macerata, lo detto Marabotto andò alli Priori di Macerata, e domandò licenza, che volea mandare una lettera allo detto Sciversmars, a richiederlo di battaglia, e per li Priori gli fu conceduta. Lo detto Marabotto scrisse la lettera in questa forma:
«A voi, nobile uomo Sciversmars della Magna, Marabotto della Valle d’Ebron vi saluta.
Ho udito dire della vostra nobilità, e che voi sete un buon uomo d’arme, e che a queste contrade avete fatto grandissima guerra contr’a’ villani; e io sono venuto dalle mia contrade con settecento cavalli per trovare di buoni uomini d’armi, e provare la mia persona con loro, e non con li villani. E perciò vi prego che vi vogliate provar con meco su nel campo, solo, ed eleggere il campo dove vi piace, che mi pare mill’anni che io vi sia; e se non volessi combattere solo con meco a corpo a corpo, pigliate de’ vostri quel numero che vi piace di venire, e io verrò con altrettanti; e ancora vi farò vantaggio, che la mia brigata serà meno dieci che la vostra per ogni cento combattitori.
E questo vi priego quanto posso che facciate, e non vogliate provar la vostra gentilezza co’ villani, ma con buoni uomeni d’arme. E di questo vi piaccia subito per vostra lettera farmi risposta, ecc., e da mo innanzi per questo terreno non venire, perciò che io vi tratteria come inimico mortale».
Avendo Sciversmars la detta lettera, e udendo il nome maraviglioso di chi la mandava, e ch’egli era della Valle d’Ebron, tutto invilì, immaginando costui non dover esser altro che gran fatto; e mai non iscrisse, né fece risposta. E per questa così fatta lettera impaurito, più mesi stette che non fece guerra, né cavalcò sul terreno di Macerata, solo per paura del detto Marabotto.
Questa di questo Marabotto fu sottile inventiva, che con un poco d’inchiostro cacciò il nemico della sua terra, e valse quella lettera assai più a Macerata che non serebbono valuti trecento uomeni a cavallo.
Franco Sacchetti
MILITA RUZO
Kiam la Eklezio perdis la Limlandon de Ancona [Ankona], estis viro nomita Marabotto el Macerata [Maĉerata], kiu estis tre alta. Ankaŭ estis tie, ĉar en la lando oni militis, Germano nomita Ŝiversmars, soldato de la Eklezio, kiu deĵoris en Monte Fano.
Dum la Germano militis kontraŭ Macerata, Marabotto petis la Priorojn de tiu urbo al li permesi skribi leteron al Ŝiversmars kaj demandi kombaton kun li. Al tio oni konsentis kaj li skribis:
«Vin, noblan viron Ŝiversmars de Germanlando, mi Marabotto de la valo Ebron salutas.
Mi aŭdis paroli pri via nobleco, pri via militista kapableco, pri viaj grandegaj militoj kontraŭ la kamparanoj; nu mi venis el miaj regionoj kun sep cent ĉevaloj por trovi valorajn batalantojn kaj montri mian kapablecon kun ili kaj ne kun kamparanoj.
Tial mi petas, ke vi bonvolu sperti vian valoron kun mi sola elektante la batalkampon kie vi preferas; se vi ne volos batali sola kun mi, prenu kiom ajn da viaj soldatoj kaj mi venos kun la sama nombro; kaj mi ankaŭ al vi donos superecon: mia soldataro havos dek soldatojn malpli ol la via, po ĉiu cento da kombatantoj.
Mi petas vin, ke vi bonvolu jese respondi, kaj mi esperas ke vi ankaŭ estos kontenta sperti vian valoron kun bonaj batalatantoj anstataŭ kun kamparanoj. Bonvolu tuj per letero al mi sciigi la respondon k.t.p.
Kaj de nun ne venu en tiun ĉi regionon; ĉar vi estus por mi kiel ĝismorta malamiko».
Kiam Ŝiversmars legis la leteron kaj aŭdis la mirindan nomon de la sendanto kaj ke li estis el la valo de Ebron, li malkuraĝiĝis, ĉar li imagis, ke li estas grandvalora batalanto; li nek skribis nek respondis. Li tiel ektimis pro la letero, ke li dum multaj monatoj nek militis nek iris en la regionon de Macerata pro la timo de Marabotto.
Tiu de Marabotto estis subtila eltrovo: li, per malmulte da inko forpelis la malamikon el sia regiono; la letero taŭgis por Macerata multe pli ol estus taŭgintaj tricent kavaliroj.
Franco Sacchetti, trad. Elio Migliorini
(“L’Esperanto” 1921-10, p. 147-148)