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Mosè di Michelangelo

Ieri, 25 maggio 2018, ho presentato l’autoritratto di Michelangelo Buonarroti celato nella figura di San Bartolomeo nel “Giudizio Universale” della Cappella Sistina; oggi presento un altro autoritratto “nascosto” di Michelangelo (il quale, evidentemente, amava molto questi “ammiccamenti”, quasi si trattasse di una “caccia al tesoro”).

Trascrivo, unendo la traduzione in italiano, un articolo in Esperanto tratto dalla rivista culturale ungherese “Literatura Mondo” (Mondo Letterario) 1934-3, p. 62, ed allego:

– un’immagine del Mosè di Michelangelo (Roma, Basilica di San Pietro in Vincoli);

– la copertina del libro “Il vero volto di Michelangelo”, pubblicato nel 1936 da Giuseppe Parroni.


 

SEGUE TRADUZIONE IN ITALIANO

 

SENSACIO DE L’ ARTHISTORIO.

La arthistorio havas novan sensacion. En la barbo de la Moseo de Michelangelo, itala arthistoriisto trovis la portreton de papo Julio II, kaj en la bukloj de l’ barbo la memportreton de Michelangelo mem. Proksimume antaŭ 400 jaroj kreis la renesanca genio unu el la plej belaj statuoj de l’ mondo per tia Moseo; multege oni skribis pri ĝi, oni ĝin analizis, klarigis, desegnis kaj fotografis. Jam vere ŝajnis ke nenion novan oni povos diri pri la statuo, kiam eminenta pastro-arthistoriisto de la Vatikano, Don Giuseppe Parroni, dum siaj studoj en San Pietro in Vincoli en pluva, duonmalluma tago, rekonis la aferon.

La malkovro okazis tiel, ke Don Parroni sidiĝis antaŭ la statuo. Propre li volis skribi pri la Liberigo de Petro, de Domenichino, kaj pri la Sankta Margareta de Guercino, sed en la pluva duonmallumo li ne vidis bone la bildojn kaj tial – kiel jam tiomfoje – ankaŭ nun li sidiĝis antaŭ la statuo. Kiu jam estis foje en tiu ĉi malgranda preĝejo – nomata ankaŭ Basilica Eudossiana – tiu facile komprenas sinjoron Parroni; sidi tie silente kaj rigardi tiun terure animkatenantan ĉefverkon de l’ arta plenumiĝo estas io tia, kiel rigardi de marborda roko la eterne moviĝantan kaj eterne senmovan senfinon. Laciĝi eble oni povas pro tio, sed satiĝi neniam.

Don Parroni sidis en la kan-seĝo preĝeja kaj rigardis la statuon. Foje li rimarkas, kvazaŭ sub la kurbiĝinta buŝo la ondoj de l’ eta barbtufo ricevas difinitan formon, kaj, kiam li rigardas pli atente, jen, disvolviĝas la konturoj de homa kapo. Eĉ ne pasis lia surprizo, kiam el la falegantaj marmoramasoj de l’ barbo li vidis disvolviĝi la konturojn de la bone konata profilo de Michelangelo… Kvazaŭ la ombro de lia vizaĝo ĵetiĝis sur la statuon.

Infera momento! Don Parroni – kiel li mem poste rakontis – ne sciis, ĉu nur liaj nervoj ludas, aŭ li vidis vere ion realan. Li foriris, sed la postan antaŭtagmezon li ree alvenas por rigardi la statuon. Komence li nenion rimarkis, nur kiam ree li sin lokis tiel kiel la antaŭan tagon, iom dekstre de la statuo, li ekvidis klare la homkapon sub la buŝo kaj maldekstre de ĝi la ombroprofilon de Michelangelo. Sed li ne raportis tuj pri sia malkovro. Li venigis fotografiston kaj farigis plurajn fotojn pri la statuo. La fotografa lenso ne povas erari. Kaj sur la fotoj oni povis klare vidi la kapon sub la buŝo, kaj la silueton de aglonaza, barba viro.

Post la malkovro komenciĝis diskuto: kiujn do figuras la bukloj de l’ barbo. Pri la portreto evidentiĝis, ke ĝi prezentas papon Julio II. Tio estas senduba. Eĉ se la Moseostatuo ne estus farita por la tombmonumento de Julio II, la simileco al aliaj portretoj de l’ granda renesanca papo estas tiel frapanta, ke oni ne povas kontesti la evidentecon. Michelangelo skulptis tien liajn trajtojn eble simbole, eble el nura arta ludo.

Sed granda estas la diskuto pri la memportreto. La karakterize aglonazan, barban vizaĝon oni povas vidi nur el certa rigardo-punkto. Farinte nur duonpaŝon flanken, oni vidas jam nur kolosajn barbamasojn, falegantajn marmorbuklojn. Precipe bone videblas la silueto posttagmene, antaŭvesperiĝe, kiam la ombroj jam densiĝas.

Multaj kontestas la malkovron de Parroni, volante pruvi, ke ankaŭ en aliaj faldoj de l’ barbo oni povas imagi siluetprofilojn. Sed tiaj klarigadoj ne sukcesis. Pli kaj pli multiĝas la subtenantoj de la opinio de Don Parroni, precipe de kiam ankaŭ Nogara, grandscienca direktoro de l’ Vatikanaj muzeoj, akceptis la malkovron de Parroni.

Kio estis la intenco de Michelangelo per tio ĉi? Ĉu nura arta ludo? Eble aliaj kaŭzoj? Kiu scias? Certe la Moseostatuo gajnis multe da plia intereso per tiu ĉi superema arta artifiko: tri kompletaj portretoj, tri diferencaj karakteroj unuiĝas en sola kapo. Artan ludon al tio similan ne konas la arthistorio. Kvarcent jarojn estis kaŝita la elpensaĵo de Michelangelo, kaj nun hazardo ĝin malkovris. Kiom da surprizoj ni povas ankoraŭ atendi de la renesanco, pri kiu ni kredas, ke ni jam plene kaj tute konas ĝin.

(Literatura Mondo 1934-3, p. 62)

 

*****

(Traduzione ADS)

SENSAZIONE NELLA STORIA DELL’ARTE

La storia dell’arte ha una novità sensazionale. Nella barba del Mosè di Michelangelo, uno storico dell’arte italiano ha trovato il ritratto di papa Giulio II, e nei riccioli della barba l’autoritratto dello stesso Michelangelo. All’incirca 400 anni fa il genio del Rinascimento ha creato una della più belle statue del mondo con quel Mosè; si è scritto moltissimo su di essa, la si è analizzata, spiegata, disegnata e fotografata. Ormai sembrava che non si potesse dire niente di nuovo su quella statua, quando un eminente sacerdote e storico dell’arte del Vaticano, Don Giuseppe Parroni, nel corso dei suoi studi in San Pietro in Vincoli in una giornata piovosa e semibuia, ha riconosciuto la cosa.

La scoperta è avvenuta in quanto Don Parroni si è seduto davanti alla statua. Propriamente, voleva scrivere sulla “Liberazione di Pietro”, del Domenichino, e sulla “Santa Margherita” del Guercino, ma nella penombra piovosa non vedeva bene le immagini, e – come già tante altre volte – anche adesso si è seduto davanti alla statua. Chi è già stato una volta in questa piccola chiesa – chiamata anche Basilica Eudossiana capisce facilmente il signor Parroni; sedere là in silenzio e guardare quel capolavoro della rappresentazione artistica che incatena terribilmente l’animo è come guardare da una rupe in riva al mare l’infinito che si muove eternamente ed eternamente è immobile. Forse ci si può stancare di questo, ma saziarsi mai.

Don Parroni sedeva al banco della chiesa e guardava la statua. Ad un tratto si accorse che sotto la bocca ricurva era come se le onde del piccolo ciuffo di barba prendessero una forma definita, e guardando più attentamente, ecco apparire i contorni di una testa umana. Non era ancora passata la sorpresa, quando dalle marmoree masse spioventi della barba vide apparire i contorni del ben noto profilo di Michelangelo… Come se l’ombra del suo viso si proiettasse sulla statua.

Un momento infernale! Don Parroni come lui stesso raccontò in seguito – non sapeva se i suoi nervi gli giocassero un tiro, o se aveva visto oppure davvero qualcosa di reale. Andò via, ma la mattina dopo tornò a guardare la statua. All’inizio non notò nulla, soltanto quando si mise nella stessa posizione del giorno precedente, un po’ a destra della statua, scorse chiaramente la testa umana sotto la bocca ed alla sua sinistra l’ombra del profilo di Michelangelo. Ma non riferì subito la sua scoperta. Chiamò un fotografo e fece fare molte foto della statua. La lente fotografica non può sbagliare. E sulle foto si poté vedere chiaramente la testa sotto la bocca, e la sagoma di un uomo barbuto dal naso aquilino.

Dopo la scoperta è cominciata la discussione: chi è raffigurato nei riccioli della barba. Quanto al ritratto si è evidenziato che rappresenta papa Giulio II. Non c’è dubbio. Anche se la statua del Mosè non fosse stata fatta per il monumento funebre di Giulio II, la somiglianza con gli altri ritratti del grande papa del Rinascimento è così impressionante che non si può contestare l’evidenza. Michelangelo vi ha scolpito i suoi lineamenti forse in maniera simbolica, forse soltanto per un gioco artistico.

Ma grande è la discussione sull’autoritratto. Il volto barbuto dal caratteristico anso aquilino può essere visto soltanto da un certo punto di osservazione. Se solo si fa mezzo passo di lato, si vedono soltanto colossali masse di barba, fluenti riccioli marmorei. La sagoma è visibile soprattutto il pomeriggio prima del crepuscolo, quando le ombre già si infittiscono.

Molti contestano la scoperta di Parroni, volendo dimostrare che altre in altre pieghe della barba si possono immaginare sagome di profili. Ma questi chiarimenti npn hanno avuto successo. Sempre più si moltiplicano i sostenitori della tesi di Don Parroni, specie da quando anche Nogara, coltissimo direttore dei musei Vaticani, ha accolto la scoperta di Parroni.

Qual era l’intenzione di Michelangelo con ciò? Solo un gioco artistico? Forse altri motivi? Chi lo sa? Certo la statua del Mosè ha acquisito un grande ulteriore interesse grazie a questo straordinario artificio artistico: tre ritratti completi, tre differenti caratteri si uniscono in una sola testa. La storia dell’arte non conosce un gioco artistico simile a questo. Per quattrocento anni la trovata di Michelangelo è rimasta nascosta, ed ora soltanto il caso l’ha fatta scoprire. Quante sorprese possiamo ancora aspettarci dal Rinascimento, che crediamo di conoscere già completamente e del tutto.

(Literatura Mondo 1934-3, p. 62)

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