“4 marzo 1943” del cantautore bolognese Lucio Dalla (1943-2012)
è una delle canzoni italiane più note.
La data è quella vera della nascita di Lucio Dalla, ma la canzone non è autobiografica, cioè non racconta la storia della vita del cantautore (non so quanto la madre di Dalla sia stata contenta della presentazione): basta conoscere un po’ di storia e di geografia per capire che si tratta di un’invenzione, tenuto conto che:
– la canzone parla di un bell’uomo, venuto dal mare, che parlava un’altra lingua e che, prima di morire in guerra, concepì un bambino che sarebbe nato il 4 marzo 1943; ma le truppe alleate (venute dal mare) sbarcarono in Sicilia soltanto nel luglio 1943 (allego una cartolina postale emessa dalle Poste Italiane nel 1993 per ricordare il cinquantesimo anniversario di quello sbarco), e ci misero quasi due anni per arrivare a Bologna);
– a Bologna non c’è il mare (che in linea d’aria è lontano 100 chilometri), quindi la stanza della madre di Dalla non poteva essere “sul porto” (per la precisione: nella sua storia Bologna ebbe addirittura 5 porti, ma si trattava di porti fluviali, su canali navigabili che la collegavano al Po e di lì al mare:
www.sselmi.net/porto.html ).
Del resto, i versi della canzone non sono di Dalla (che compose la musica, in forma di ballata popolare), ma di Paola Pallottino, figlia del famoso etruscologo Massimo Pallottino; e in origine la canzone aveva un altro titolo, “Gesù Bambino”, che fu cambiato perché ritenuto blasfemo dai responsabili del Festival di Sanremo, dove la canzone fu presentata la prima volta nel 1971.
Della canzone esistono tre versioni: quella originale (censurata, ma che Dalla continuava ad eseguire nei concerti dal vivo), quella “ufficiale” presentata a Sanremo (dove ottenne soltanto il terzo premio), e quella (con leggere modifiche) presentata successivamente durante un tour con Francesco De Gregori.
La canzone fece il giro del mondo; sul sito “canzoni contro la guerra”
www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=318
ne vengono presentate versioni in varie lingue (italiano, francese, inglese, spagnolo, portoghese, ebraico); manca però la traduzione in Esperanto di Carlo Minnaja, che allego (pubblicata su “Literatura Foiro”, e reperibile in rete:
www.cinquantini.it/esperant/kantoj/dalla.html#4/3/1943 ).
GESU BAMBINO (4-3-43)
(testo originale)
Parole di Paola Pallottino, musica di Lucio Dalla)
Dice che era un bell’uomo e veniva dal mare
parlava un’altra lingua però sapeva amare
e quel giorno lui prese a mia madre su un prato
l’ora più dolce prima di essere ammazzato.
Così lei restò sola nella stanza sul porto
con l’unico vestito ogni giorno più corto,
e benché non sapesse il nome o il paese
m’aspettò come un dono fino dal primo mese.
Compiva sedici anni quel giorno la mia mamma
le strofe di taverna le cantò a ninna-nanna
e stringendomi al petto che sapeva di mare
giocava alla Madonna col bimbo da fasciare.
E forse fu per gioco o forse per amore
che mi volle chiamare come Nostrosignore.
Della sua breve vita il ricordo più grosso
è tutto in questo nome che io mi porto addosso.
E ancora adesso mentre bestemmio e bevo vino
per i ladri e le puttane sono Gesubambino.
4 MARZO 1943
Parole di Paola Pallottino, musica di Lucio Dalla)
Dice che era un bell’uomo e veniva,
veniva dal mare
parlava un’altra lingua,
però sapeva amare
e quel giorno lui prese a mia madre
sopra un bel prato
l’ora più dolce prima di essere ammazzato
Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto
con l’unico vestito ogni giorno più corto
e benché non sapesse il nome
e neppure il paese
mi aspettò come un dono d’amore fin dal primo mese
Compiva sedici anni quel giorno la mia mamma,
le strofe di taverna
le cantò a ninna nanna,
e stringendomi al petto che sapeva,
sapeva di mare
giocava a fare la donna con il bimbo da fasciare.
E forse fu per gioco o forse per amore
che mi volle chiamare come nostro Signore
Della sua breve vita è il ricordo più grosso
è tutto in questo nome
che io mi porto addosso
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino
4 MARZO 1943
Parole di Paola Pallottino, musica di Lucio Dalla
(terza versione)
Dice che era un bell’uomo
e veniva, veniva dal mare,
parlava un’altra lingua
però sapeva amare
E quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato,
l’ora più dolce
prima di essere ammazzato.
Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto,
con l’unico vestito
ogni giorno più corto,
E benché non sapesse il nome
e neppure il paese
m’aspettò come un dono d’amore
fino all’ultimo mese.
Compiva sedici anni quel giorno
la mia mamma,
le strofe di taverna
le cantò a ninna nanna!
E stringendomi al petto che sapeva
sapeva di mare
giocava a far la donna
con il bimbo da fasciare.
E forse fu per gioco,
o forse per amore
che mi volle chiamare
come nostro signore.
Della sua breve vita, il ricordo,
il ricordo più grosso
è tutto in questo nome
che io mi porto addosso.
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino.
4/3/1943
Vortoj de Paola Pallottino, muziko de Lucio Dalla
trad. Carlo Minnaja (el “Literatura foiro” 257/2012)
www.cinquantini.it/esperant/kantoj/dalla.html#4/3/1943
Laŭ la diro li estis belulo, el maro li venis
parolis alilingve, sed amon li komprenis.
Tiun tagon li venis al panjo, herbej’ kiel lito,
plej dolĉa hor’ antaŭ ol finis lin milito.
Tiel ŝi restis sola en ĉambro la ĉambro alstranda,
kun unu robo nura, kaj ĉiam pli malgranda
kvankam nomon ne konis ŝi, kaj eĉ la landon ne konis
tuj atendis min kvazaŭ donacon kiun amo proponis.
En tiu tago panjo deksesan jaron finis;
por mi trinkejajn strofojn al lulo ŝi destinis;
min premante al sin’, kaj je maro odoris la sino,
per vindotukoj ludis la rolon de virino.
Kaj eble nur por ludo, aŭ pro la ammemoro
ŝi volis mian nomon laŭ nia Di-sinjoro.
De ŝia viv’ mallonga, memoro, memoro plej forta
sumiĝas en ĉi nomo, kiun mi plu surportas.
Kaj eĉ nun kiam mi ludas kartojn sub vininfluo
por la havenuloj mi estas Infan’ Jesuo.
L’ha ribloggato su lingvo-vojoe ha commentato:
lingve kaj enhave, ĉi tiu artikolo indas esti legata. Gratulojn al la aŭtoro.
(lingvovojo)