Personaggi

Carlo Martello

L’11 ottobre è la probabile data di ricorrenza della battaglia di Poitiers (anno 732), detta anche battaglia di Tours, e chiamata in arabo “battaglia del Palazzo dei martiri”
it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Poitiers_%28732%29
eo.wikipedia.org/wiki/Batalo_de_Tours
considerata da molti storici (ma non tutti) come un evento decisivo nella lotta per contrastare l’avanzata dell’Islam in Europa; a seguito della vittoria, il capo delle truppe cristiane (franche e borgognone), il maggiordomo di Austrasia, Burgundia e Neustria Carlo, fu soprannominato “Martello”
it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Martello
eo.wikipedia.org/wiki/Karolo_Martelo
forse in ricordo di Giuda Maccabeo (= Martello), capo della rivolta ebraica contro i profanatori it.wikipedia.org/wiki/Giuda_Maccabeo
​(poiché non sono considerati “canonici” da ebrei e protestanti, i libri biblici dei Maccabei
it.wikipedia.org/wiki/Libri_dei_Maccabei
eo.wikipedia.org/wiki/Libro_Makabeoj
non furono tradotti in Esperanto da Zamenhof, e non furono compresi nella classica edizione londinese – protestante – della Bibbia. I due libri dei Maccabei sono stati tradotti da Gerrit Berveling, e pubblicati in Brasile presso l’editrice Fonto; essi anche appaiono, in appendice, nella più recente edizione della Bibbia in Esperanto, pubblicata ad Hong Kong nel 2003, pagg. 801-847).
​Nella attuale (sotto)cultura popolare, la battaglia di Poitiers è conosciuta, in Italia, soltanto per una canzone satirica, scritta (non ufficialmente) da Paolo Villaggio e musicata da Fabrizio De André, intitolata in italiano “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers”, di cui esiste la traduzione in Esperanto (di Nicola Minnaja) con il più semplice titolo “Reĝ’ Karlo”.
Ovviamente, i fatti presentati nella canzone sono di fantasia (a parte alcune imprecisioni storiche, forse intenzionali: Carlo Martello non era “re”; la battaglia non avvenne in primavera, ma in autunno; la “cintura di castità” fu inventata molto dopo; ed il prezzo della contrattazione è espresso in moneta italiana moderna).
Sottolineo che, malgrado le apparenze, non si tratta di una canzone “frivola”; se si guarda bene, si vede che un canto di opposizione, che critica l’arroganza dei potenti, i quali credono a che a loro tutto sia dovuto. La censura, però, non si accorse di questo sottofondo ideologico, o più probabilmente non potè intervenire sull’essenza del messaggio, dato che secondo l’art. 21 della Costituzione italiana, “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, ma “Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume”. Quindi furono soltanto mitigate alcune espressioni ritenute all’epoca (1963) “contrarie al buon costume”; ma la Radiotelevisione Italiana di Stato RAI evitò a lungo di trasmettere la canzone.
Trascrivo il testo della canzone, in italiano e in Esperanto, ed allego:
– la copertina del disco di Fabrizio De Andrè;
– la pag. 24 di “Literatura Foiro” 1991-129, con la traduzione (di Srdjan Flego) di un’antica canzone francese sulla cintura di castità (per il testo francese della canzone:


CARLO MARTELLO
RITORNA DALLA BATTAGLIA DI POITIERS
Parole di Paolo Villaggio, musica di Fabrizio De André

Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra cingendolo d’allor.
Al sol della calda primavera
lampeggia l’armatura del sire vincitor.

Il sangue del Principe e del Moro
arrossano il cimiero d’identico color
ma più che del corpo le ferite
da Carlo son sentite le bramosie d’amor.

“Se ansia di gloria, sete d’onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all’amore.
Chi poi impone alla sposa soave
di castità la cintura, ahimè, è grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave”.

Così si lamenta il Re cristiano,
s’inchina intorno il grano, gli son corona i fior
Lo specchio di chiara fontanella
riflette fiero in sella dei Mori il vincitor

Quand’ecco nell’acqua si compone
mirabile visione il simbolo d’amor
nel folto di lunghe trecce bionde
il seno si confonde ignudo in pieno sol.

“Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi siffatta pulzella”
disse Re Carlo scendendo veloce di sella.
“Deh cavaliere non v’accostate
già d’altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate”.

Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso Re Carlo s’arrestò;
ma più dell’onor potè il digiuno
fremente l’elmo bruno il sire si levò.

Codesta era l’arma sua segreta
da Carlo spesso usata in gran difficoltà;
alla donna apparve un gran nasone
e un volto da caprone, ma era Sua Maestà.

“Se voi non foste il mio sovrano” –
Carlo si sfila il pesante spadone –
“non celerei il disio di fuggirvi lontano,
ma poiché siete il mio signore” –
Carlo si toglie l’intero gabbione –
“debbo concedermi spoglia ad ogni pudore”.

Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente d’onor si ricoprì;
e giunto alla fin della tenzone
incerto sull’arcione tentò di risalir.

veloce lo arpiona la pulzella
repente la parcella presenta al suo signor:
“Deh proprio perché voi siete il sire
fan cinquemila lire, è un prezzo di favor”.

“È mai possibile, porco d’un cane,
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane!
Anche sul prezzo c’è poi da ridire,
ben mi ricordo che pria di partire
v’eran tariffe inferiori alle tremila lire”.

Ciò detto, agì da gran cialtrone
con balzo da leone in sella si lanciò;
frustando il cavallo come un ciuco
fra i glicini e il sambuco il Re si dileguò.

Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra cingendolo d’allor.
Al sol della calda primavera
lampeggia l’armatura del sire vincitor

REĜ’ KARLO
Vortoj de Paolo Villaggio, muziko de Fabrizio De André
Trad. Nicola Minnaja
www.cinquantini.it/esperant/kantoj/deandre.html#REGX%27%20KARLO

Reĝ’ Karlo batalis kun la maŭro
nun kronas lin per laŭro
la danka patroland’.
La suno printempa varme klaras
rebrilas l’ armilaro
de l’ venka triumfant’.
La sango de l’reĝ’ kaj malamiko
makulas la tunikon
per sama la kolor’,
sed pli ol la brulo de la vundo
sentiĝas en profundo
la pikoj de amor’.

Milit’ estingas emon al gloro
por la venkanto serĉinta honoron,
sed ĝi ne lasas momenton por ĝui amoron.
Kiu devigis edzinon tre ĉarman
porti sur korpo ĉastzonon malvarman
riskas perdi ŝlosilon kurante
en batalon plej varman.

Ĉi-vorte lamentis reĝ’ kristana
kliniĝas ondo grena
lin kronas la florar’;
de brava venkint’ la ŝtalan bildon
la lancon kaj la ŝildon
spegulas fontan-klar’.
Subite, ĉu ver’ aŭ iluzio?,
sur akvo la vizio
de am’ aperas nun:
la blonda hararo mamojn nudajn
defendas de la krudaj
radioj de la sun’.

“Neniam vidis mi jam tian belon,
neniam plukis mi jam tian stelon”
diras reĝ’ Karlo glitante rapide de l’ selo.
“Ne proksimiĝu, ho vi kavaliro,
estas mi ĝuo nur por unu viro,
fontan’ pli facila satigu soifan deziron”.

De l’ drasta parolo surprizita
sentante sin mokita
li haltis tuj kun gap’;
sed povis la malsat’ pli ol doloro,
li helmon kun furoro
deprenis de la kap’.
Ĝi estis armil’ lia sekreta
de Karlo jam uzita
en dubo pri sieĝ’:
al la ino aperis nazohoko
vizaĝ’ inda je boko
sed estis ja la reĝ’.

Se vi ne estus la suvereno”,
(Karlo la longan glavegon demetas)
“montri deziron forkuri ne estus ja peno;
sed ĉar vi estas por mi la sinjoro”
(Karlo la tutan kirason forĵetas)
“devas mi cedi min nuda je ĉiu pudoro.

Li estis tre valora kavaliro
kaj eĉ en ĉi turniro
triumfis li ĝis cel’.
Kaj poste ĉe l’ fin’ de l’amduelo
surgrimpi sur la selon
li provis kun ŝancel’.
Subite lin kaptis ĉe l’ femuro
kaj al sinjor’ fakturon
prezentas la knabin’:
“Nu, ĝuste ĉar vi estas ja la moŝto
la rabatita kosto
nur estas frankoj kvin”.

Ĉu estas eble pro mil diablinoj,
ke amaferoj en miaj landlimoj,
devas regule solviĝi ĉe aĉaj putinoj!
Kaj pri la prezo nur estus dirite,
ke mi memoras ke antaŭmilite
pri prezo trifranka estis ja konsentite.

Post diro kondutis li fripone
kaj saltis tuj leone
sur dorso de l’ ĉeval’.
Vipante la beston senprokraste
li malaperis haste
en la fundo de la val’.

Reĝ’ Karlo batalis kun la maŭro
nun kronas lin per laŭro
la danka patroland’.
La suno printempa varme klaras
rebrilas l’armilaro
de l’ venka triumfant’.

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