Personaggi

Giovanni Boccaccio

Il 16 giugno è l’anniversario della nascita (nel 1313) dello scrittore, umanista e filologo Giovanni Boccaccio (1313-1375).
it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Boccaccio
Ho già parlato di lui il 16 giugno 2017

Giovanni Boccaccio


e il 16 giugno 2018.
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2018/06/16/giovanniboccaccio-2/
Trascrivo, in italiano e nella traduzione in Esperanto, la ballata conclusiva della seconda Giornata del Decameron (la traduzione in Esperanto, di Giulio Cappa, è tratta dal volume “Dekamerono – unuaj tri Tagoj”, a cura di Perla Martinelli, Gaston Waringhien e Giulio Cappa, prefazione di Mario Luzi tradotta da Giorgio Silfer, Kooperativo de Literatura Foiro, La-Chaux-de-Fonds 1995).
Il testo italiano contiene alcuni termini divenuti arcaici:
– “biltà”: beltà, bellezza;
– “aguale”: adesso;
– “merzede”: mercede.
Allego un francobollo italiano del 1932 con il ritratto di Boccaccio.


Qual donna canterà, s’io non canto io,
che son contenta d’ogni mio disio?

Vien’ dunque, Amor, cagion d’ogni mio bene,
d’ogni speranza e d’ogni lieto effetto;
cantiamo insieme un poco,
non de’ sospir né delle amare pene
ch’or più dolce mi fanno il tuo diletto,
ma sol del chiaro foco
nel quale ardendo in festa vivo e ’n gioco,
te adorando come un mio iddio.

Tu mi ponesti innanzi agli occhi, Amore,
il primo dì ch’io nel tuo foco entrai,
un giovanetto tale,
che di biltá, d’ardir né di valore
non se ne troverebbe un maggior mai,
né pure a lui equale;
di lui m’accesi tanto, che aguale
lieta ne canto teco, signor mio.

E quel che ’n questo m’è sommo piacere
è ch’io gli piaccio quanto egli a me piace,
Amor, la tua merzede;
per che in questo mondo il mio volere
posseggo, e spero nell’altro aver pace,
per quella intera fede
che io gli porto: Iddio, che questo vede,
del regno suo ancor ne sarà pio.

Giovanni Boccaccio, “Decameron”, seconda Giornata

°°°°°

Kies kanto leviĝos, se ne l’ mia,
ĉar mi kontentas pri deziro ĉia?

Ho venu, ŝuldas mi al vi, Amoro,
ĉiujn bonon, esperon kaj gajecon;
ni kantu nun en kuno,
ne pri amaraj ĝemoj kaj doloro,
kontraste dolĉigantaj la aprecon,
sed nur pri l’ klara suno,
en kies fajro festas mi fortunon,
vin adorante kiel mastron dian.

Al mi vi metis antaŭ la vizaĝon,
kiam en vian fajron mi min movis,
junulon idealan;
je beleco kaj forto kaj kuraĝo,
Amor’, pli riĉan mi neniam trovis,
nek al tiu egalan:
mi ekbrulis pri li kaj jovialan
kanton mi kantas nun en kuno via.

Kaj, kio estas plej alta plezuro,
de reciproka am’ floras la graco,
dank’ al l’ Amora gvido;
mi, kion volas do en ĉi naturo
posedas, kaj esperas postan pacon
pro mia plena fido
je li metita. Di’, je tiu vido,
nin dotos per Sia regno premia.

Giovanni Boccaccio (Johano Bokaĉo),
trad. Giulio Cappa
“Dekamerono”, dua Tago

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