Il 25 gennaio è l’anniversario della nascita (nel 1759) del poeta romantico scozzese Rabbie Burns, conosciuto come Robert Burns (1759-1796).
it.wikipedia.org/wiki/Robert_Burns
Fuori della Scozia (dove è considerato poeta nazionale) e dei Paesi ex socialisti (per motivi ideologici), Burns è poco noto, sebbene molti abbiano cantato nella propria lingua, almeno una volta nella vita, la sua canzone “Auld lang syne” (conosciuta in Italia come “Il valzer delle candele”), di cui ho parlato il 21 luglio 2019.
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2019/07/21/robert-burns/
È davvero un peccato che Burns abbia scritto in una lingua poco diffusa (quella scozzese, addirittura nella variante locale “Lowland Scots” parlata solo in una porzione della Scozia), con inserimento di termini inglesi, francesi e latini, tanto che si potrebbe dire che ha “inventato” una lingua propria; in realtà, Burns (oltre a poesie apertamente sboccate, che possono essere avvicinate a quelle dei poeti dialettali italiani Giuseppe Gioachino Belli e Carlo Porta) scrisse anche cose molto impegnate: basti pensare che:
– per le sue idee socialiste, nella Russia zarista i contadini lo consideravano “il poeta del popolo” (e contadino era egli stesso), e nell’epoca sovietica era esaltato per le sue affermazioni sull’uguaglianza tra tutti gli uomini che lavorano;
– la sua poesia/ canzone del 1795 “A Man’s a Man for A’ That” (conosciuta anche come “Is There for Honest Poverty” e “For a’ That and a’ That”, nel gaelico scozzese “A bheil Bochdainn Onarach Ann”), espressione di idee egualitarie, è stata cantata nel 1999, da Sheena Wellington, durante la cerimonia di apertura del Parlamento scozzese.
www.youtube.com/watch?v=hudNoXsUj0o
Trascrivo il testo di quella poesia/ canzone, in inglese/ scozzese, e nelle traduzioni in italiano e in Esperanto.
Segnalo una “curiosità”: i versi finali colpiscono per la loro somiglianza con i versi finali della poesia/ canzone di Ludovico Lazzaro Zamenhof del 1899 “La Espero” (La Speranza), considerata l’Inno degli Esperantisti:
Then let us pray that come it may,
(As come it will for a’ that,)
That Sense and Worth, o’er a’ the earth,
Shall bear the gree, an’ a’ that.
For a’ that, an’ a’ that,
It’s coming yet for a’ that,
That Man to Man, the world o’er,
Shall brothers be for a’ that.
Robert Burns
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LA ESPERO
www.youtube.com/watch?v=mmIPzsxJ_AU
Sur neŭtrala lingva fundamento,
komprenante unu la alian,
la popoloj faros en konsento
unu grandan rondon familian.
Nia diligenta kolegaro
en laboro paca ne laciĝos,
ĝis la bela sonĝo de l’ homaro
por eterna ben’ efektiviĝos.
L. L. Zamenhof
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LA SPERANZA
Se un neutrale idioma prenderanno
come base tutti per parlare,
in perfetto accordo formeranno
un immenso cerchio familiare.
E la nostra schiera diligente
non desisterà dal suo progetto,
finché il sogno dell’umana gente
non sarà raggiunto e benedetto.
L. L. Zamenhof, trad. Luigi Minnaja
(“La lingua internazionale Esperanto”, 1-2/1970)
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Allego:
– un francobollo britannico del 1996, per il secondo centenario della morte di Robert Burns;
– una cartolina con il testo dell’Inno “La Espero”.
A MAN’S A MAN FOR A’ THAT
en.wikipedia.org/wiki/A_Man%27s_A_Man_for_A%27_That
Is there for honest Poverty
That hings his head, an’ a’ that;
The coward slave – we pass him by,
We dare be poor for a’ that!
For a’ that, an’ a’ that.
Our toils obscure an’ a’ that,
The rank is but the guinea’s stamp,
The Man’s the gowd for a’ that.
What though on hamely fare we dine,
Wear hodden grey, an’ a that;
Gie fools their silks, and knaves their wine;
A Man’s a Man for a’ that:
For a’ that, and a’ that,
Their tinsel show, an’ a’ that;
The honest man, tho’ e’er sae poor,
Is king o’ men for a’ that.
Ye see yon birkie, ca’d a lord,
Wha struts, an’ stares, an’ a’ that;
Tho’ hundreds worship at his word,
He’s but a coof for a’ that:
For a’ that, an’ a’ that,
His ribband, star, an’ a’ that:
The man o’ independent mind
He looks an’ laughs at a’ that.
A prince can mak a belted knight,
A marquis, duke, an’ a’ that;
But an honest man’s abon his might,
Gude faith, he maunna fa’ that!
For a’ that, an’ a’ that,
Their dignities an’ a’ that;
The pith o’ sense, an’ pride o’ worth,
Are higher rank than a’ that.
Then let us pray that come it may,
(As come it will for a’ that,)
That Sense and Worth, o’er a’ the earth,
Shall bear the gree, an’ a’ that.
For a’ that, an’ a’ that,
It’s coming yet for a’ that,
That Man to Man, the world o’er,
Shall brothers be for a’ that.
Robert Burns
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PER TUTTO QUESTO E TUTTO QUELLO
www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=1571
Dinanzi alla onesta povertà
che ha chinato la testa in silenzio,
è stata detta ogni cosa?
Noi passiamo oltre l’abiezione di schiavi
perché osiamo essere liberi: per tutto questo.
Tutto è per questo e per quello.
I nostri lavori nel segreto si eseguono: per questo.
Rango, ricchezza e toga conquidono
l’uomo, per quello.
Se accettiamo su logora mensa
la parsimonia di cibo, non è forse per questo?
I pazzi sfoggiano gli abiti, le canaglie il vino.
Un uomo invece è uomo per tutto questo.
Per questo e per quello.
Per quello trionfano gli ornamenti sgargianti
ma un uomo onesto, benché povero,
è il re della vita, per questo.
Quando vedrete nel mondo
il potente incedere con alterigia,
guardando fisso innanzi: ciò è per tutto quello.
Pensate che gli osanna non valgono
anche se tanti sono a una parola,
perché alla vita egli è sordo; per quello.
Per questo e per quello, tutto.
La sua cintura rifulge di gemme: per quello.
Ma l’uomo di liberi sensi
guarda e sorride: per questo.
Per tutto quello, il principe può cingere
la spada a un cavaliere,
elevare un marchese o duca, ma nel loro cuore
gli uomini onesti hanno potere e guida;
per tutto questo hanno un dono supremo.
Per tutto quello e tutto questo.
Le dignità, dai potenti, sono
a quel fine rivolte.
La coscienza dell’autentico significato
innalza gli uomini al più alto rango.
Preghiamo che sia così,
che la volontà di tutto questo si compia,
che nel mondo, sentimento e valore
contengano la disordinata brama.
Per tutto questo e tutto quello.
Qualcuno, per questo, è ancora da venire;
l’uomo sarà fratello all’uomo e la terra
sarà popolata di fratelli un giorno,
per tutto questo.
Robert Burns, trad. Carlo Gentile
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LA FRATECO DE LA HOMO
Pro malriĉeco, kiu ajn
pro hont’ la kapon kaŝas?
La sklav’! Timul’! eviti lin
indigne mi forpaŝas.
Humila estu nia sort’,
honesta la laboro:
la rang’ nur estas monostamp’,
la homo estas l’ oro.
Manĝaĵon simplan manĝu ni
kaj portu simplajn vestojn,
al malsaĝuloj estu silk’
al ili donu festojn,
ĉar super ĉia vanta pomp’
la honestulo estas,
kaj malgraŭ sia malriĉec’
homaroreĝ’ li estas.
Jen dandas tie grandsinjor’
kaj tre fiere paŝas;
li, adorata de centar’,
nesaĝan koron kaŝas.
Sed, malgraŭ lia alta rang’,
rubando, stel’, kaj ĉio;
la vere sendependa hom’,
nur ridas li pri tio.
Ho, povas fari ia reĝ’
markizon, kavaliron;
sed vane penus fari li
al si honestan viron!
Ho, malgraŭ la kortega pomp’,
la fierec’, kaj ĉio;
l’ indeco, sur la tuta ter’,
ja restas super ĉio.
Ho, preĝu ni, ke venu ĝi
kaj certe tempo venos,
en kiu, al la inda hom’
la venko apartenos.
Venonta estas glora tag’
en kiu la homaro
fariĝos, ĉie sur la ter’,
feliĉa kunfrataro.
Robert Burns,
trad. Agnes D. Deans, W.E. Page
“Brita Esperantisto” 1909-52, p. 64