Luoghi

Monte Cassino

Tutto il mondo conosce e commemora ogni anno la distruzione dell’Abbazia di Montecassino (scritta anche Monte Cassino), nel basso Lazio a sud di Roma, nel corso della seconda guerra mondiale; ma pochi ricordano che, insieme con l’Abbazia ed ancor prima di essa, fu completamente rasa al suolo la città di Cassino, ai piedi della montagna.
Il 10 settembre 1943, due giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre,

Frascati


alle 10 del mattino, l’aviazione anglo-americana lanciò un bombardamento improvviso su Cassino; fu solo il primo dei bombardamenti a tappeto che, fino al 17 maggio 1944, colpirono Cassino, che era un punto nevralgico della resistenza tedesca all’avanzata alleata dal sud.
Particolarmente devastante fu il bombardamento del 15 marzo 1944: in una operazione durata quattro ore, 575 bombardieri e 200 cacciabombardieri sganciarono oltre un milione di chili di bombe ad alto potenziale esplosivo. Ma non bastò: più tardi, artiglieria, fanteria e carri armati distrussero anche quel poco che era rimasto in piedi.
L’antica Abbazia benedettina (che dall’alto domina la vallata) fu distrutta perché gli anglo-americani ritennero che dentro si fosse installato il Comando tedesco. Non era vero: probabilmente, ci fu un equivoco dovuto a un errore di traduzione, perché la parola “Abt” (Abate), intercettata nel colloquio di due ufficiali tedeschi che parlavano della presenza dell’Abate nell’Abbazia, fu interpretata come abbreviazione della parola tedesca “Abteilung”, che tra i tanti significati ha quello di “divisione militare”.
La distruzione dell’Abbazia fu non solo un crimine contro la civiltà, ma anche un grave errore dal punto di vista militare e propagandistico: i soldati tedeschi, che fino allora erano rimasti fuori del sacro recinto, si installarono tra le rovine, e resistettero mesi, finché il 18 maggio 1944 dovettero cedere ad un sanguinoso attacco dei soldati polacchi del Generale Władysław Anders (a Cassino c’è un grande Cimitero militare polacco); e la propaganda nazi-fascista sfruttò le immagini del disastro, parlando di “nuovi barbari”.
Tra i soldati tedeschi che combatterono a Cassino c’era un austriaco (della Carinzia), Martin Stuppnig, che all’epoca aveva 17 anni, e che oggi 18 maggio 2019 (a 92 anni) prende parte nella cittadina di Atina (a pochi chilometri da Cassino) alla cerimonia commemorativa di quelle tragiche vicende, nel 75° anniversario.
Stuppnig ha pubblicato (in Esperanto) un bel libro di memorie, intitolato “Home en senhomeco” (Da uomo nell’assenza di umanità), in cui rievoca quei momenti.
Trascrivo (con traduzione in italiano, e senza commenti, che sarebbero superflui) alcuni brani della lettera che Martin Stuppnig scrisse in occasione del 76° Congresso italiano di Esperanto, che si svolse nel 2009 nella ricostruita città di Cassino.
Allego:
– l’immagine dell’interno della Cattedrale dell’Abbazia, prima e dopo i bombardamenti;
– un francobollo polacco del 1974, con il relativo annullo speciale, in ricordo della battaglia di Monte Cassino;
– la copertina del libro di Martin Stuppnig “Home en senhomeco”.


(segue traduzione in italiano)
Mi estis en la germana armeo, soldato montarana staciita sur montopinto de Abruzoj. Videblis Montecassino! Neforgeseblaj scenejoj – aparte dum la noktaj atakoj!
Pli kaj pli proksimiĝis la fronto, kaj ni ricevis la ordonon dumnokte suben iri kaj esplori en proksima urbeto/ ruinaĵo, ĝis kie la malamiko eventuale jam enpenetris. Lacaj de la “rampado” de rokaj deklivoj ni atingis en la matena krepusko la unuajn murojn – iamajn domojn. Venis la ordono al larĝfronta atentema eniro kun pretaj pafiloj por tuja ekpafo vidante malamikon. Preteririnte longan muron mi atingis angulon, kiun mi volis rapide ĉirkaŭi. Tiumomente mi ekvidis proksimiĝantan soldaton en supozeble bruna uniformo, kun pafilo en simila pozicio kiel mi. Kaj jen miraklo, nek li, nek mi ekpafis! En tiu distanco ne estus eble maltrafi unu la alian. Anstataŭe ni ambaŭ retiriĝis. Iom ŝokita mi pritaksis la okazintaĵon – tamen mi ja devos diri kial mi reiris? Ja mi havis ordonon pafi! Kiel preteksti? Estis konate, ke mi estas iom noktoblinda kaj kial ne profiti tiun malavantaĝon? Bonŝance nia grupo tamen iom retiriĝis al pli sekura loko, por atendi kio okazos. Post nelonge eksplodadis grenadoj en tiu loko, tiel ke ankaŭ la restintaj muroj falegis. Iom kaŝe mi pridemandis  kiu taĉmento estas antaŭ ni, kaj oni respondis, ke pola.
Evidente ni dankas niajn vivojn unu al la alia! Ĉu vi, kara polo, ankoraŭ vivas?
Estas konate, ke bedaŭrinde falis 100.000 soldatoj. Ja ankaŭ mi jam estis kvazaŭ entombigita. Kaj jen apenaŭ imageblaj kaj prefere ne memorendaj travivaĵoj, kiuj min jarojn persekutis – ĉefe nokte!
Ja regis daŭra batalado! “Malaperis” apudaj konataj kamaradoj. Kaose ni estis pli kaj pli miksitaj grupoj. Por defendi Montecassino ni iam devis enfosiĝi sur la deklivoj proksime al la jam treege detruita monaĥejo. Duope ni devis prepari kaj okupi truojn strategie elektitajn; min estis kunigita kun germana kamarado.
Al la malamikaj armeoj devis esti konate, ke inter ni estis multaj karintianoj, ĉar laŭtparolile oni atentigis nin, ke dum 24 horoj “kovros” nin tiom da bomboj kaj grenadoj, ke la tuta Karintio ne valoras tiom! Neniam mi tute forgesos tiun – por ni eternan nokton, ĉar fine ni estis plene kovritaj tere, vere entombigitaj. Kiel kristano mi preĝadis al Dio, tiel ke mia kunulo/ ateisto fine enviis min. Vi havis iun por paroli, kiu eble savis nian vivon.
Post ioma silentiĝo ni penege liberiĝis el nia “tombo”. La bomboj kaj grenadoj “perfekte kovris” la tutan regionon! Evidente ni restis solaj kaj nur trance ni ekmoviĝis kaj iel trovis aliĝon al nia armeo, kie oni eĉ suspektigis nin spionoj, venantaj de la alia flanko. Neniu kredis, ke ni rampis vivantaj el la tero! Emocie mi malfermis mian vestaĵon (kiun mi prefere ne priskribu) kaj demandis “ĉu tiel ni revenus de la alia flanko”?  Post purigo kaj en ŝanĝitaj uniformoj oni volis nin subite prezenti herooj, kio nin fine jam ne plu logis!
Sekvis retiriĝo, forlaso de Montecassino. La milito furiozis – por mi ĝis proksime al Rimini, kie nian unuiĝon privenkis la brita armeo. Vundita mi spertis alispecajn tragediojn en provizoraj lazaretoj – kaj fine prizonejojn en Afriko.
Hejme varbadis min t.n. kamaradecaj asocioj de revenintaj soldatoj, por vivteni la memorojn. Sed miaj reagoj estis tiel klaraj, ke fine oni ne plu demandis min! Laŭ tiu ĉi raporto ĉiu povas imagi miajn motivojn: ne estas miraklo, ke mi “internaciiĝis” kaj aktivis per Esperanto.
Martin Stuppnig
°°°°°
(traduzione)
Ero nell’esercito tedesco, soldato alpino di stanza su una cima dell’Abruzzo. Si vedeva Montecassino! Scene indimenticabili, specialmente negli attacchi notturni.
Il fronte si avvicinava sempre più, e ricevemmo l’ordine di scendere durante la notte ed esplorare nelle rovine della cittadina vicina fin dove il nemico fosse penetrato. Stanchi per l’arrampicata sui pendii rocciosi, raggiungemmo all’alba i primi muri di quelle che erano state case. Venne l’ordine di entrare a ventaglio facendo attenzione e con i fucili pronti a sparare alla vista di un nemico. Oltrepassato un lungo muro, giunsi a un angolo, che volevo girare rapidamente. In quel momento, scorsi un soldato che si avvicinava con una uniforme probabilmente kaki, con un fucile nella mia stessa posizione. Ed ecco un miracolo, né io né lui sparammo! A quella distanza, sarebbe stato impossibile mancarci reciprocamente. Invece ci ritirammo entrambi. Un po’ scosso, valutai l’accaduto – avrei dovuto dire perché ero tornato indietro, mentre avevo avuto l’ordine di sparare. Fortunatamente, il mio gruppo si era tuttavia ritirato in un posto più sicuro, per aspettare gli eventi. Poco dopo, esplosero delle bombe in quel luogo, tanto che anche i muri rimasti in piedi caddero. Un po’ di nascosto domandai che distaccamento fosse quello che ci stava di fronte, e mi fu risposto che erano polacchi.
Evidentemente siamo debitori della vita uno all’altro! Chi sa se quel caro polacco ancora vive.
È noto che purtroppo morirono 100.000 soldati. Anch’io sono stato quasi sepolto. Che ricordi, appena immaginabili, e preferibilmente da dimenticare, che mi hanno perseguitato per anni – specie di notte!
Era una battaglia continua. Scomparivano i camerati che conoscevo. Nel caos, eravamo sempre più mischiati. Per difendere Montecassino, ad un certo punto dovemmo scavarci delle fosse sui pendii vicino al monastero già fortemente distrutto. Dovemmo preparare in coppia buche scelte strategicamente: io fui unito ad un camerata tedesco.
Gli eserciti nemici dovevano essere al corrente che tra di noi c’erano molti carinziani, perché venivamo avvertiti con l’altoparlante che in 24 ore saremmo stati “coperti” da tante bombe e granate quante non ne avrebbe richieste tutta la Carinzia.
Non dimenticherò mai del tutto quella che per noi fu una notte eterna, perché alla fine eravamo completamente coperti di terra, davvero sepolti. Come cristiano, pregavo Dio, tanto che il mio camerata, ateo, alla fine mi invidiava, perché avevo qualcuno con cui parlare, che forse ha salvato la mia vita.
Dopo un po’ di silenzio mi liberai a fatica della nostra “tomba”. Le bombe e le granate avevano “coperto perfettamente” tutta la zona! Evidentemente eravamo rimasti soli, e solo in trance ci muovemmo e trovammo il modo di ricongiungerci al nostro esercito, dove fummo perfino sospettati di essere spie venute dall’altro lato. Nessuno credeva che fossimo strisciati vivi fuori dalla terra. Con emozione aprimmo i nostri vestiti (che è meglio non descriva) e domandammo: “torneremmo così dell’altro lato?”. Dopo averci ripuliti e dato nuove divise ci presentarono come eroi, cosa che in fondo non ci piaceva.
Venne poi la ritirata, l’abbandono di Montecassino. La guerra infuriava – per me fino alle vicinanze di Rimini, dove la nostra unità fu vinta dall’esercito inglese. Ferito, feci esperienza di altre tragedie, in infermerie provvisorie, e alla fine in un campo di prigionia in Africa.
Tornato a casa, sono stato avvicinato da associazioni di ex combattenti, per tenere vivi i ricordi. Ma la mia reazione è stata tanto chiara che non mi hanno contattato più. È facile capire perché: non è un miracolo che io abbia acquisito una mentalità “internazionalista” e mi sia attivato con l’Esperanto.
Martin Stuppnig

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