Personaggi

Mimnermo

Mimnermo (in greco Μίμνερμος) è stato un poeta lirico greco vissuto a cavallo tra il settimo ed il sesto secolo a.C.
Di lui si hanno poche notizie: probabilmente nativo dell’Asia Minore (Colofone o Smirne), forse “auloda”, cioè cantore che si accompagna con uno strumento chiamato “aulòs”.
Scrisse soprattutto elegie: alcune di argomento storico-mitologico; altre dedicate alla donna amata, la flautista Nannò, oppure di argomento vario (che il poeta alessandrino Callimaco definì κατὰ λεπτὸν (“alla spicciolata”, anche nel senso di poesie brevi, di argomento non impegnativo).
A giudicare dai pochi frammenti pervenuti fino a noi, Mimnermo cantò i piaceri della vita, lamentando la giovinezza che fugge, la caducità delle cose, la brutta vecchiaia (nel doppio senso del termine greco, al tempo stesso estetico ed etico: non bella e turpe).
Spesso Mimnermo viene definito “il Leopardi greco”, ma questa definizione non mi sembra del tutto calzante, perché in fondo Mimnermo non è pessimista, dato che conosce ed apprezza le gioie della vita, e comunque (come dice in un altro frammento) si augura di morire a sessant’anni, cioè dopo aver goduto pienamente, mentre Leopardi “schiva gli spassi”, e “ogni diletto e gioco indugia in altro tempo”:

non compagni, non voli,
non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
canti, e così trapassi
dell’anno e di tua vita il più bel fiore.

(Giacomo Leopardi, “Il passero solitario”, vv 13-16)

Io solitario in questa
rimota parte alla campagna uscendo,
ogni diletto e gioco
indugio in altro tempo.

(Giacomo Leopardi, “Il passero solitario”, vv 36-39)

Trascrivo un frammento di Mimnermo, in greco, nella classica traduzione italiana di Salvatore Quasimodo, e in quella in Esperanto di Kálmán Kalocsay.
Allego un francobollo greco del 2002, celebrativo della lingua greca antica.


τίς δὲ βίος, τί δὲ τερπνὸν ἄτερ χρυσῆς Ἀφροδίτης; τεθναίην, ὅτε μοι μηκέτι ταῦτα μέλοι, κρυπταδίη φιλότης καὶ μείλιχα δῶρα καὶ εὐνή· οἷ’ ἥβης ἄνθεα γίγνεται ἁρπαλέα ἀνδράσιν ἠδὲ γυναιξίν· ἐπεὶ δ’ ὀδυνηρὸν ἐπέλθῃ γῆρας, ὅ τ’ αἰσχρὸν ὁμῶς καὶ κακὸν ἄνδρα τιθεῖ αἰεί μιν φρένας ἀμφὶ κακαὶ τείρουσι μέριμναι, οὐδ’ αὐγὰς προσορῶν τέρπεται ἠελίου, ἀλλ’ ἐχθρὸς μὲν παισίν, ἀτίμαστος δὲ γυναιξίν· οὕτως ἀργαλέον γῆρας ἔθηκε θεός.

°°°°°
Quale vita, che dolcezza senza Afrodite d’oro?
Meglio morire quando non avrò più cari
gli amori segreti e il letto e le dolcissime offerte,
che di giovinezza sono i fiori effimeri
per gli uomini e le donne.
Quando viene la dolorosa vecchiaia
che rende l’uomo bello simile al brutto,
sempre nella mente lo consumano malvagi pensieri;
né più s’allieta guardando la luce del sole;
ma è odioso ai fanciulli e sprezzato dalle donne:
tanta grave Zeus volle la vecchiaia.

Mimnermo, trad. Salvatore Quasimodo (“Lirici greci”)

°°°°°
Kiom ja valoras vivi, kio bela sen Afrodita?
Ho, mi mortu, se eksciti min ne kapablas jam de nun
sur la dolĉa amolito la sekreta don’ donacita,
ĉar la viron kaj virinon nur la freŝa floro de jun’
plezurigas ja. Sed kiam oni funebre maljunaĝas,
ve, la brava vir’ fariĝos nur skeleto en aĉa ŝel’,
lian koron jam eterne nur malicegaj zorgoj maĉas,
rigardante supren, li ne ĝojas eĉ pri la suna hel’,
kaj, de l’ knaboj malŝatata, por la virinokuloj aĉas.
Por la maljunaĝ’ nin plagis per tia ŝarĝo la ĉiel’.

Mimnermos, trad. Kálmán Kalocsay
(“Tutmonda sonoro”, Budapest, 1981, I, p. 58)

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