Personaggi

Nino Bixio

Il 16 dicembre è l’anniversario della morte (nel 1873) del generale, patriota e politico italiano (genovese) Gerolamo Bixio (1821-1873), detto Nino Bixio
it.wikipedia.org/wiki/Nino_Bixio
Gli italiani pronunciano il suo cognome “Bicsio”, come se la “x” fosse da leggere “cs”, ma in realtà si tratta di un cognome genovese, che dovrebbe essere letto più o meno “Bigiu” (come in portoghese, nel dialetto genovese la “o” finale diventa “u”).
Del resto, anche il nome “Nino” non dovrebbe essere letto “Nino”, perché non si tratta del diminutivo di un nome proprio, ma dello spagnolo “Niño”, cioè “ragazzo”, che gli fu dato quando giovanissimo faceva il mozzo su navi che operavano in Sudamerica; aggiungo, con l’occasione, che in Italia si dice abitualmente che una delle tre caravelle di Cristoforo Colombo si chiamava “Nina”, mentre in realtà si chiamava “Niña”, forse perché la più piccola.
Nino Bixio ebbe una vita (e una morte) avventurosa, con luci ed ombre (in particolare, nelle scuole italiane si ha cura di insegnare che nella battaglia di Calatafimi Giuseppe Garibaldi indirizzò a lui la frase “Qui si fa l’Italia o si muore”, ma non si fa cenno della dura repressione, operata da Bixio, della rivolta contadina nella cittadina siciliana di Bronte
it.wikipedia.org/wiki/Fatti_di_Bronte ).
Nel rinviare alle pagine di Wikipedia ed ai numerosi articoli di questo stesso blog sulla spedizione dei Mille
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/tag/spedizione-dei-mille/
trascrivo (in italiano, con traduzione in Esperanto) un brano tratto dal libro di Giuseppe Bandi “Da Genova a Capua: i Mille”,

Giuseppe Bandi


che ben presenta il carattere irruento di Nino Bixio (si tratta di un episodio della spedizione dei Mille:
it.wikipedia.org/wiki/Spedizione_dei_Mille
durante una sosta in un porto toscano, Bixio riesce a procurarsi con la forza il carbone necessario alle navi. Da notare, di passaggio, il suo atteggiamento nei confronti dei toscani e della lingua toscana, poi divenuta lingua italiana, anche se forse qui si gioca sul doppio senso della parola “lingua”, come idioma e come loquacità).
Allego un francobollo italiano del 1932, sulla battaglia di Calatafimi.


Garibaldi scese a terra, e quando fu giunto Bixio, mi disse:
– Bandi, accompagnate Bixio e Schiaffino fino al luogo dove c’è quel deposito di carbon fossile, di cui mi parlaste l’altra notte… Pigliate con le buone chi l’ha in consegna, e fra voi toscani v’intenderete. Dobbiamo risparmiare, finché è possibile, le violenze.
Bixio e Schiaffino pigliarono subito due lance ed un grosso gozzo e ci mettemmo in viaggio. Giunti che fummo al luogo designato, mi si fece incontro un uomo, vestito pulitamente, e simpatico in viso, a cui domandai:
– Il deposito del carbon fossile è qui?
L’altro mi salutò meravigliato e rispose:
– Sissignore, il carbon fossile è qui ed io l’ho in consegna e debbo risponderne al governo.
– Allora – soggiunsi – ella avrà la compiacenza di lasciarmelo pigliare, giacché il general Garibaldi ci ha ordinato di prenderlo e di portarlo a bordo…
– Che l’abbia ordinato il generale Garibaldi sarà verissimo – ripigliò il mio interlocutore – ma io ho i miei ordini precisi, e non posso consegnare il carbone se non a chi ha il diritto di chiedermelo.
– Ma si tratta d’un caso straordinario, si tratta…
– Signor tenente mio, capisco tutto, ma io non posso, non debbo…
In quel punto, Nino Bixio, che, ritto sulla prua d’una lancia, era stato ad ascoltare quel dialogo, senza aprir bocca, spiccò un salto e si cacciò tramezzo, gridando:
– Bandi, finiscila! Toscani chiacchieroni, maledetta la vostra lingua!
E in così dire, afferrò per i panni il malcapitato oratore, mentre Schiaffino, seguito da sette o otto volontari, correvano alla porta del magazzino.
L’oratore, spaventato da quella furia genovese, tirò subito di tasca la chiave, e apriva bocca per fare le sue proteste in buona regola, ma Bixio con una spinta lo cacciò da parte, e il carbone fu preso e portato trionfalmente a bordo.
Raggiunsi Garibaldi in Santo Stefano, mentre si smammolava nel guardare un bel giardino, pieno zeppo di grosse piante di limoni e di aranci. Vedendomi ridere come un matto, mi chiese che cosa avessi:
– Generale, – risposi – quando volete darmi qualche missione pacifica, guardate bene di non mettermi mai più alle costole quell’anima dannata di Nino Bixio. Volevate che il carbone ce lo consegnassero sponte, ma Bixio, invece, se l’è preso a spinte.
– Eh diavolo! – fece il generale. – Sempre lo stesso, sempre lo stesso!
Giuseppe Bandi (da “Da Genova a Capua: i Mille”, cap. XII)

°°°°°
Garibaldi albordiĝis, kaj, alveninte Bixio, li diris al mi:
«Bandi, iru kun Bixio kaj Schiaffino ĝis la loko kie troviĝas la tenejo de minkarbo pri kiu vi parolis la pasintan nokton. Konvinku milde tiun kiu gardas ĝin; vi toskanoj certe interkompreniĝos. Ni ŝparu, laŭeble, la perfortojn»
Bixio kaj Schiaffino prenis tuj du lancoboatojn kaj unu dikan fiŝboaton, kaj ni ekveturis. Je la alveno, venis renkonte al mi viro, bonorde vestita, kun simpatia mieno, al kiu mi demandis:
«Ĉu estas tie ĉi la tenejo de minkarbo?»
Li mire salutis min kaj respondis:
«Jes sinjoro, la minkarbo estas tie ĉi kaj mi responsas pri ĝi al la registaro»
«Do», mi aldiris, «vi bonvolos fari al mi la komplezon lasi preni ĝin, ĉar generalo Garibaldi ordonis porti ĝin surŝipen…»
«Ke ordonis tion generalo Garibaldi estas verŝajne verege», daŭrigis mia interparolanto, «sed mi havas precizajn ordonojn, kaj mi povas liveri la karbon nur al tiu kiu rajtas peti ĝin»
«Sed temas pri eksterordinara afero, temas…»
«Sinjor’ leŭtenanto mia, mi komprenas ĉion, sed mi ne povas, mi ne devas…»
Je tiu punkto Nino Bixio, kiu, stare sur la pruo de lancoboato, estis aŭdinta tute silente tiun dialogon, intermetiĝis abrupte, kriante:
«Bandi, ĉesu!! Babilaĉaj toskanoj, malbenata via lingvo!!»; kaj tiel dirante li kaptis je la vesto la gardiston, dum Schiaffino kaj sep aŭ ok volontuloj kuris al la pordo de la karbotenejo.
La kompatindulo, timigita de tiu ĝenova kolero, elpoŝigis tuje la ŝlosilon, kaj antaŭ ol li malfermus la buŝon por protesti, Bixio per furioza pelado sin liberigis de li, kaj la karbo estis portita triumfe surŝipen.
En Santo Stefano mi atingis Garibaldi-n, tute absorbitan en la kontemplado de ĉarma ĝardeno, plenplena je grandaj plantoj de limonoj kaj oranĝoj. Vidante min ridi kiel frenezulo, li demandis al mi la kialon.
«Generalo», mi respondis, «kiam vi volas doni al mi pacan mision, atentu bone ne meti ĉe miaj ripoj tiun damnitan animon de Nino Bixio. Vi volis ke ni prenu la karbon sen “penado” sed Bixio kaptis ĝin per “pelado”»
«He, diable!» diris la generalo. «Ĉiam la sama li, ĉiam la sama!».
Giuseppe Bandi (da “Da Genova a Capua: i Mille”, ĉap. 12-a)
Trad. Pier Vittorio Orlandini (“Maremo – Literatura rigardo tra la suda Toskana Maremo – Dua parto”, Excogita 2010, p. 43-44

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *