Eventi

Fine della guerra

L’11 novembre 1918, esattamente cento anni fa, fu firmato l’Armistizio tra l’Impero tedesco e le Potenze Alleate, che mise fine in Europa alle ostilità della prima guerra mondiale, iniziata il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Austria-Ungheria alla Serbia (per l’Italia, la guerra iniziò il 24 maggio 1915 contro l’Austria-Ungheria

Antonio Salandra


e il 27 agosto 1916 contro la Germania, e finì il 4 novembre 1918 contro l’Austria-Ungheria e l’11 novembre 1918 contro la Germania)

Maria Dolens


All’inizio, il conflitto venne chiamato “Guerra europea”; quando, poi, si estese praticamente a tutto il mondo, fu chiamato “Guerra mondiale”, oppure, per antonomasia, “Grande guerra” (senza sapere che ce ne sarebbe stata un’altra, ancora più “grande”).
L’Armistizio dell’11 novembre 1918 è noto come “Primo Armistizio di Compiègne”,
it.wikipedia.org/wiki/Armistizio_di_Compi%C3%A8gne
perché sottoscritto, in un vagone ferroviario, in una radura (“Carrefour de Rethondes”) della foresta francese di Compiègne
it.wikipedia.org/wiki/Compi%C3%A8gne
L’Armistizio condusse poi al Trattato di pace di Versailles del 28 giugno 1919,
it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Versailles_(1919)
che mise nel nulla il Trattato di pace di Brest-Litovsk del 3 marzo 1918 tra le cosiddette “Potenze Centrali” e l’Impero Russo

Brest-Litovsk


Nel corso della seconda guerra mondiale, nello stesso vagone, il 22 giugno 1940 fu firmato il “Secondo Armistizio di Compiègne”, tra la Francia sconfitta del Maresciallo Philippe Pétain e la Germania nazista, rappresentata da Adolf Hitler in persona.
Il conflitto causò almeno 16 milioni di morti e 20 milioni di feriti e mutilati; secondo alcune modalità di calcolo, includendo anche le morti indirettamente causate dalla guerra, si potrebbe arrivare a 65 milioni di morti: il tutto, come aveva lucidamente avvertito Papa Benedetto XV (Giacomo Della Chiesa)
it.wikipedia.org/wiki/Papa_Benedetto_XV
definendola “inutile strage” (v. “Espero katolika” 1999-3/4, p. 46-65), senza raggiungere il risultato della stabilizzazione della pace (anzi, ponendo le premesse per il nazismo e la seconda guerra mondiale).
Trascrivo:
– in dialetto romanesco, e nella traduzione in Esperanto di Giuseppe Castelli, una poesia del poeta romano Carlo Alberto Salustri, conosciuto con lo pseudonimo Trilussa (1871-1950)

Trilussa


(la poesia è stata scritta il 31 gennaio 1915, prima dell’entrata in guerra dell’Italia, quando c’erano aspre discussioni tra interventisti e non interventisti);
– un brano del libro “Terra matta” di Vincenzo Rabito (1899-1975)
it.wikipedia.org/wiki/Terra_matta
in un italiano molto scorretto ma incisivo (l’autore era un manovale siciliano semianalfabeta, mandato a combattere a 18 anni contro l’Austria-Ungheria alla frontiera italiana nord-orientale)

Caporetto-Kobarid

Linea del Piave


e nella mia traduzione in Esperanto.
Allego:
– uno dei numerosi francobolli emessi dalla Francia (praticamente ogni dieci anni, indice della sensibilità francese per l’argomento) per commemorare l’Armistizio del 1918; questo è il francobollo del 1978, su bozzetto di Georges Bétemps, con il vagone ferroviario in cui fu firmato l’Armistizio, e il monumento commemorativo chiamato “Pierre d’Haudroy à La Flamengrie”, opera dell’architetto Louis Rey, eretto nel 1925, fatto saltare in aria dai tedeschi il 14 agosto 1940, e ricostruito nel 1948;
– un francobollo della R.F. di Germania del 1994, con l’immagine di un cimitero di guerra tedesco;
– uno dei francobolli italiani del 1968, su bozzetto di Tranquillo Marangoni, per il 50° anniversario della Vittoria italiana nella prima guerra mondiale; la complessa immagine presenta il Milite Ignoto, con questi elementi: cimiteri di guerra; l’unico albero rimasto sul Monte Santo/ Skalnica presso Gorizia, oggi Slovenia; il cimitero di Aquileia con la tomba di dieci soldati ignoti, uno dei quali fu prelevato per essere deposto a Roma nell’Altare della Patria; la statua della Dea Roma sull’Altare della Patria, con ai lati le madri e le vedove indicate dalle “Marie della Pietà” nella cripta della Basilica di Aquileia; un ragazzo che reca l’omaggio delle nuove generazioni.


(sekvas traduko al Esperanto)

FRA CENT’ANNI

Da qui a cent’anni, quanno
ritroveranno ner zappà la terra
li resti de li poveri sordati
morti ammazzati in guerra,
pensate un po’ che montarozzo d’ossa,
che fricandò de teschi
scapperà fòra da la terra smossa!
Saranno eroi tedeschi,
francesi, russi, ingresi,
de tutti li paesi.
O gialla o rossa o nera,
ognuno avrà difesa una bandiera;
qualunque sia la patria, o brutta o bella,
sarà morto per quella.
Ma lì sotto, però, diventeranno
tutti compagni, senza
nessuna diferenza.
Nell’occhio vôto e fonno
nun ce sarà né l’odio né l’amore
pe’ le cose der monno.
Ne la bocca scarnita
nun resterà che l’urtima risata
a la minchionatura de la vita.
E diranno fra loro: – Solo adesso
ciavemo per lo meno la speranza
de godesse la pace e l’uguajanza
che cianno predicato tanto spesso!

Trilussa
31 gennaio 1915
°°°°°
(sekvas traduko al Esperanto)

CI SONO 2 PATRE ETERNE
Recordo poi che era propia il ciorno di Natale, e propia quella notata si aveva presentato alle nostre posezione un soldato austrieco che parlava italiano, e forse era di Trieste, e disse che si voleva rentere come pricioniere, e così la sentenella non ci ha sparato. E io lo teneva in consegna. Propia quella ciornata era di dominica e il prete ci ha portato sotto li albere per farene sentire la messa, come tante domeniche. E così, ci ha venuto il pricioniere pure, alla messa.
Così, quanto il prete aveva fenito di dire la messa, e come tante volte repeteva che il Dio ni doveva dare la crazia di vincere questa sanquinosa querra e scacciare il nostro potente nimico, che come il pricioniere intese quella parola del prete, che «il Dio ni doveva fare la crazia di scacciare il propotente nimico», si ammesso a ridere e senza tremare ha detto: – Qualda che sono tutte li stesse li prete, che la domenica passata il nostro prete ci ha detto, quanto ci hanno portato alla messa, ci ha detto propia li stesse parole, che il Dio ci aveva a fare una crazia, che l’Austria doveva «scacciare il suo potente nemico», che ene l’Italia, e «vincere questa sanquinosa querra»… – E il triestino redeva, e non sapiammo perché redeva e ni pareva che era pazzo, e poi ni ha detto perché rideva e ha detto che forse ci sono 2 Patre Eterne, uno è in Italia, e uno ene in Austria, e non ci capeva niennte, e rideva e fece redere a tutte, che il prete si aveva compiato li coglione e ni ha detto: – Che ci l’ha portato a questo che va contra la relicione? Portatolo fuore della messa!
Così, io mi ne sono antato, perché il prete si aveva innervosito. E poi lo hanno portato al campo di concentramento, ma era uno che diceva la veretà.
Vincenzo Rabito (da “Terra matta”, Einaudi 2007)

°°°°°
(traduko):

POST CENT JAROJ

Kiam cent jarojn poste
plugisto remalkovros tut-hazarde
la restojn el soldatoj, kuj devis
milite morti murde,
imagu kia granda ost-abundo,
kia kaĉ’ el kranioj
ekfuĝos el la ĵus fosita grundo!
Herooj otomanaj,
rusaj, francaj, germanaj,
el tiom da nacioj.
Sed ili ja fariĝos sub la tero
armeo da samuloj
sen ajna distingemo.
Malplenos la okuloj,
sen amo aŭ malamo
al iu mond-afero.
En la buŝoj sen karno
nenio restos krom la lasta rido
por moki pri la vivo dum eterno
kaj fine povi diri reciproke:
– Almenaŭ nun ni havas tiun pacon
kaj povas ĝui tiun egalecon
pri kiuj ĉiam aŭdis ni predike.

La 31-an de januaro 1915
Trilussa, trad. Giuseppe Castelli

°°°°°
(traduzione):
EKZISTAS DU ETERNULOJ
Mi memoras, ke estis ĝuste la Kristnaska tago, kaj ĝuste tiun nokton estis prezentiĝinta ĉe niaj pozicioj iu aŭstria soldato kiu parolis itale, kaj eble estis el Triesto, kaj diris ke li volas sin fordoni kiel kaptiton, kaj tial la gardostaranto ne pafis al li. Kaj mi gardadis lin. Ĝuste tiu tago estis dimanĉo, kaj la pastro nin kondukis sub la arbojn por aŭskultigi al ni la meson, samkiel multajn aliajn dimanĉojn. Kaj tiel, ankaŭ la kaptito venis al la meso.
Tiel, kiam la pastro findiris la meson, kaj kiel multajn aliajn fojojn ripetadis ke Dio devas doni al ni la gracon venki ĉi tiun sangoplenan militon kaj forpuŝi nian potencan malamikon, kiam la kaptito aŭdis tiun parolon de la pastro, ke «Dio devis fari al ni la gracon forpuŝi la perforteman malamikon», li ekridegis sen tremi diris: – Vidu, pastroj estas ĉiuj la samaj, pasintan dimanĉon nia pastro, kiam oni kondukis nin al la meso, diris ĝuste tiujn samajn vortojn, ke Dio devas fari al ni gracon, ke Aŭstrujo devas «forpuŝi sian potencan malamikon», kiu estas Italujo, kaj «venki ĉi tiun sangoplenan militon»… – Kaj la triestano ridis, kaj ni ne scias kial li ridas, kaj al ni ŝajnis ke li estas freneza, kaj poste li diris al ni kial li ridis, kaj diris ke eble estas du Eternuloj, unu estas en Italujo, kaj unu estas en Aŭstrujo, kaj li komprenis nenion, kaj ridis kaj ridigis ĉiujn, kaj al la pastro agaciĝis la kojonoj kaj li diris al ni: – Kiu portis ĉi tien ĉi tiun ulon kiu iras kontraŭ la religio? Portu lin for el la meso!
Tiam, mi foriris, ĉar la pastro estis incitiĝinta. Kaj poste oni kondukis lin al la koncentrejo, sed li estis iu, kiu diradis la veron.
Vincenzo Rabito, trad. Antonio De Salvo (el “Terra matta”, Einaudi 2007)

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