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Pentecoste

Il 20 maggio 2018, in Italia si festeggia la Pentecoste, cioè si ricorda la discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa cristiana nascente, con il miracolo delle lingue; dagli Atti degli Apostoli 2, 6:

1 Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2 Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. 3 Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; 4 ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. 5 Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. 6 Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.

 

Si tratta, in pratica, del rovesciamento della confusione delle lingue di cui parla la Genesi (11, 1-9) a proposito della Torre di Babele:

 

1 Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. 2 Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. 3 Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. 4 Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». 5 Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. 6 Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. 7 Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». 8 Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. 9 Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

 

A proposito di Babele, trascrivo un sonetto del poeta romanesco Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863)

it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Gioachino_Belli

eo.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Gioacchino_Belli

e la sua traduzione in Esperanto di Umberto Broccatelli.

Allego l’immagine di una vetrata del Duomo di Milano, con “La torre di Babele”, opera di Giuseppe Arcimboldo (1526-1593)

it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Arcimboldo

eo.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Arcimboldo


ER MONNO MURATORE

 

Pe véde cosa c’è sopr’a le stelle  

che se pò fà?” diceveno le gente.  

Fece uno: “E che ce vò? nun ce vò gnente:

frabbicamo la torre de Babbelle.    

 

Su, puzzolana, carcia, mattonelle…  

Io capo-mastro: tu soprintennente…    

Lavoramo, fjjoli, alegramente!…”.

E Dio ‘ntanto rideva a crepa-pelle.    

 

Già sò ar par de la croce de San Pietro,  

cuanno, ch’edè?! je s’imbroja er filello,  

e invece d’annà avanti vanno addietro.  

 

Gnisuno più capiva l’itajano;    

e mentr’uno diceva: “Qua er crivello”

l’antro je dava un zecchio d’acqua in mano.  

 

Giuseppe Gioachino Belli

 

 

LA MONDO MASONISTA

(AŬ LA TURO DE BABELO)

 

“Por vidi kio estas trans la steloj,

kion ni faru?” diris homokvanto.

Respondis unu: “Far’ de diletanto!

Ni fabriku la turon de Babelo.

 

Nu, kalk’, mortero, brikoj kaj kaheloj…

Mi masonestro kaj vi asistanto…

Knaboj, laboru ni, kun gaja kanto!…”.

Dume ridegis Dio en ĉieloj.

 

Atingis ĝis la kruc’ de Sankta Petro

ili, kiam miksiĝas l’ idiomo,

kaj  la tuta laboro marŝas retro.

 

Neniu plu komprenis la kompanon;

kaj dum kribrilon petis iu homo,

alia donis brikon en la manon.

 

Giuseppe Gioachino Belli,

trad. Umberto Broccatelli (30.1.2005)

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