Luoghi

Necropoli sabina

Trascrivo la traduzione in italiano di un articolo che scrissi per la trasmissione in Esperanto di Radio Roma (Radiotelevisione Italiana-RAI) del 26 agosto 1973, sulla necropoli sabina del “Colle del Forno”, a suo tempo scoperta presso Roma.
Allego un’immagine degli scavi, elaborata dal sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
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SI SVELANO I SEGRETI DEL POPOLO SABINO
Come giustamente sottolinea lo scienziato Claudio Finzi sul quotidiano romano “Il Tempo”, la fortuna ha dato una mano all’archeologia. Del tutto casualmente, per costruire un nuovo laboratorio del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) si è scelto proprio il luogo dove, più di 2500 anni fa, si trovava una necropoli – cioè, un grande cimitero – del popolo sabino, la cui storia è strettamente legata a quella di Roma nei primi tempi. Ovviamente, non si sapeva affatto che lì c’era una necropoli, anche se si poteva supporre che qualcosa di interessante sarebbe venuto alla luce, perché quella località è situata lungo l’antichissima via Salaria (cioè, via del sale tra la costa tirrenica e le zone interne), ad appena 30 chilometri dal centro di Roma.
Quando, a scuola, si legge dell’antica storia romana, e specialmente delle lotte della nuova città contro i popoli circostanti, di rado ci si rende conto che l’orizzonte di quelle lotte era molto limitato. Distanze di appena qualche decina di chilometri, che oggi fanno ridere, all’incirca 2800 anni fa erano notevoli, e bastavano per segnare differenze di civiltà. Quanti studenti sanno che molti eventi del popolo romano, accaduti in località che all’epoca erano considerate appartenenti a un altro mondo, in realtà avvennero entro i confini della Roma di oggi? Ad esempio, quanti sanno che il popolo etrusco, che tanto combattè contro Roma, abitava non già in una regione lontana, ma là dove adesso c’è il rione romano di Trastevere? La cosa buffa è che anche gli studenti romani, e perfino i romani istruiti, molto spesso pensano che gli eventi letti nei libri di storia siano accaduti in qualche parte lontana, anziché, per così dire, nella strada accanto. La Roma di oggi è molto vasta; abbraccia un’area all’incirca circolare, con un raggio che spesso raggiunge i 30 chilometri.
Ma torniamo ai nostri ritrovamenti archeologici. Certamente, se invece di un istituto scientifico statale nel luogo prescelto fosse stato progettato un edificio privato, oggi non avremmo un’ampia mole di notizie sull’antico popolo sabino. Appena i primi scavi indicarono l’esistenza di reperti archeologici, si fecero ricerche su larga scala, i cui risultati sono visibili nella sede centrale del CNR, dove è stata realizzata una interessante esposizione.
I guerrieri delle 13 tombe finora esplorate appartenevano al popolo del famoso “ratto delle Sabine”, l’atto di forza con il quale i primi romani, guidati da Romolo, risolsero il problema della mancanza di donne.
La necropoli del “Colle del Forno” (questo è il suo nome) mostra le armi, gli oggetti quotidiani, i gioielli, la vita di questo popolo dell’Italia centrale, che parlava una propria lingua, osco-umbra. Le tombe risalgono al settimo e sesto secolo avanti Cristo; sono abbastanza modeste dal punto di vista architettonico, ma presentano un ricco contenuto. Niente doveva mancare al defunto; si trattava di guerrieri, e così li si seppelliva, insieme con armi la cui punta è in posizione di attacco, cioè rivolta all’insù. A quanto pare, quel popolo non curava molto la comodità e il lusso, ma aveva in grande considerazione la propria vita bellicosa. Però si trovano anche alcuni oggetti piacevoli, in genere importati, ad esempio piccole anfore di vetro colorato (fabbricate dai Fenici), vasi di bronzo e ornamenti metallici. I corredi delle tombe mostrano la nota tendenza dei popoli bellicosi a considerare gli oggetti di lusso un simbolo di potenza e gloria militare, e non ci si dimentica di chi solo per sfortuna non è riuscito a diventare guerriero: una delle tombe contiene il corpo di un ragazzo, con una meravigliosa collana d’ambra. Sì, avete capito bene, ambra proveniente dal Mar Baltico, lungo una via terrestre incredibilmente lunga per quell’epoca.
Antonio De Salvo, Radio Roma-Esperanto, 26.8.1973

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