Personaggi

Hugo Grotius

Il 10 aprile è l’anniversario della nascita (nel 1583) del giurista, filosofo, teologo, umanista, storico, poeta, filologo e politico olandese Huig de Groot, conosciuto anche come Huig van Groot, in latino Hugo Grotius, in italiano Ugone Grozio o Ugo Grozio (1583-1645)
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Grozio fu un notevole filologo e teologo (tra l’altro, è considerato il più grande discepolo di Erasmo da Rotterdam),

Erasmo


e inaugurò la critica scientifica della Sacra Scrittura), ma – sebbene gli studiosi più recenti (ad esempio Norberto Bobbio) abbiano ridimensionato la sua originalità – è famoso soprattutto quale fondatore del diritto naturale (giusnaturalismo) moderno e del diritto internazionale, principalmente per l’opera in latino del 1625 “De iure belli ac pacis” (Diritto di guerra e di pace), in cui affermò l’esistenza di diritto basato sulla ragione anziché sulla teologia, e improntato a principii di “giustizia universale”, validi sia all’interno di ogni società che nei rapporti internazionali: “l’astenersi dalle cose altrui, la restituzione dei beni altrui e del lucro da essi derivato, l’obbligo di mantenere le promesse, il risarcimento del danno arrecato per colpa propria, il poter essere soggetti a pene tra gli uomini”.
Ebbe una vita avventurosa: laureato in legge a soli 15 anni (dopo aver appreso latino, greco ed ebraico); procuratore generale dell’ordine degli avvocati a 25 anni; partecipò attivamente alle lotte politico-religiose del suo Paese, parteggiando per i calvinisti più tolleranti in contrasto con quelli rigorosi; condannato all’ergastolo, per motivi formalmente religiosi ma sostanzialmente politici, evase in modo rocambolesco, nascosto dalla moglie in una cassa per i libri (sicché si disse che aveva trovato nei libri «sapere e salvezza»), e si rifugiò in Francia, dove pubblicò “De iure belli ac pacis”, immediatamente posto all’Indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica; fu poi in Germania ad Amburgo; la Regina Cristina di Svezia

Cristina di Svezia


lo nominò ambasciatore svedese a Parigi; entrato in conflitto con il Cardinale Richelieu, decise di dimettersi dall’incarico di ambasciatore e tornare in patria, ma mentre era in viaggio verso Stoccolma fece naufragio; riparò quindi nella città anseatica (Hansestadt) di Rostock sul mar Baltico, dove si ammalò e morì.
Sulla tomba di Grozio fu posto questo epitaffio in latino, composto da lui stesso: «Grotius his Hugo est, Batavum captivus et exul, legatus regni, Suecia magna, tui» (Questi è Ugo Grozio, prigioniero ed esule olandese, ambasciatore del gran regno di Svezia). Solo dopo molto tempo le sue spoglie hanno fatto ritorno alla città natale di Delft (dove riposano nella chiesa), che gli ha eretto un monumento, opera di Franciscus Leonardus Stracké.
Il pensiero filosofico-giuridico di Grozio presenta due facce: ad una sostanziale tolleranza rispetto alle opinioni religiose, fa riscontro una rigorosa affermazione della sovranità dello Stato: in particolare, per quanto riguarda la guerra, secondo Grozio essa è legittima, anzi è l’espressione più alta della sovranità, purché sia “giusta” e regolata da norme comportamentali. Il problema è che la potestà di stabilire se una guerra sia “giusta” è attribuita agli stessi Stati che la pongono in essere (si è ancora lontani dall’idea di rapporti tra gli Stati garantiti da un organismo sovranazionale).
Due curiosità:
1- Si deve a Grozio la formulazione teorica del principio della libertà dei mari, temperato dal riconoscimento di “acque territoriali” degli Stati costieri (anche se non vi è accordo sulla loro estensione);
2- un’altra evasione famosa è avvenuta (il 15 agosto 1977) mediante l’utilizzo di una cassa: quella del criminale di guerra tedesco Herbert Kappler dall’Ospedale militare di Roma.
it.wikipedia.org/wiki/Herbert_Kappler
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Trascrivo (con traduzione in italiano) una piccola parte di un articolo dell’olandese Jacques Tuinder, pubblicato sulla rivista cattolica in Esperanto “Espero katolika” (Speranza cattolica) 1968-4, ed allego l’immagine (da un vecchia cartolina) della piazza del Mercato di Delft, con la chiesa e il monumento a Grozio.


(Segue traduzione in italiano)

Depost la 17-a jarcento valoris por la valida internacia juro la “ius ad bellum” (rajto ekmiliti) kiel atributo de la suverena ŝtato. La bazon por tiu interpopola juro metis i.a. la Nederlandano Hugo Grotius en sia konata verko “Pri la Rajto de Milito kaj Paco”. Milito povis esti kondukata nur en justa afero, sed pri la demando rilate al la justeco de la afero decidis nur la militanta ŝtato mem. La senlima suvereneco mortigis la doktrinon pri la justa milito.
Hodiaŭ neniu ŝtato memstare sufiĉas por garantii liberecon, bonfarton kaj rajtojn al siaj civitanoj. En ĉi tiu tempo socia prospero, ordo, sekureco kaj paco de unu politika komuno kundependas kun tiuj de aliaj politikaj komunoj.
En la nuna tempo la fiksiĝo ĉe la ideo pri senlima suvereneco ekstaris kiel muro inter la homo kaj lia estonteco. La kreskantaj interdependecoj bezonas kreskantajn supranaciajn instituciojn, kio devas rezultigi samgradan limigon de suvereneco.
Jacques Tuinder, “Espero katolika” 1968-4
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(traduzione):

Dal XVII secolo ha avuto vigore nel diritto internazionale lo “ius ad bellum” (diritto di muovere guerra) come attributo dello Stato sovrano. La base per il diritto internazionale è stata posta tra gli altri dall’olandese Hugo Grotius nella sua famosa opera “Diritto di guerra e di pace”. La guerra poteva essere mossa soltanto per una causa giusta, ma sulla questione se la causa fosse giusta decideva lo stesso Paese che faceva la guerra. La sovranità illimitata ha ucciso la dottrina della guerra giusta.
Oggi nessuno Stato basta in via autonoma a garantire libertà, benessere e diritti ai suoi cittadini. In questo tempo la prosperità sociale, l’odine, la sicurezza e la pace di una comunità politica sono interdipendenti da quelle di altre comunità politiche.
Nel tempo attuale il fissarsi sull’idea di una sovranità illimitata si erge come un muro tra l’uomo e il suo futuro. Le crescenti interdipendenze hanno bisogno di crescenti istituzioni sovranazionali, che devono avere come effetto una pari limitazione di sovranità.
Jacques Tuinder, “Espero katolika” 1968-4

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