Luoghi · Personaggi

Zeno Saltini – Nomadelfia

Il 15 gennaio è l’anniversario della morte (nel 1981) del sacerdote cattolico italiano (emiliano) Zeno Saltini (1900-1981)
it.wikipedia.org/wiki/Zeno_Saltini
laureato in giurisprudenza, fondatore dell’Opera dei Piccoli Apostoli a favore degli orfani di guerra e dei bambini abbandonati, divenuta nel 1948 la comunità di “Nomadelfia” (dal greco: il luogo, dove la fraternità è legge)
it.wikipedia.org/wiki/Nomadelfia
Occupato l’ex campo di concentramento di Fossoli (Modena) ed abbattuti i reticolati, Don Zeno radunò coppie di sposi disposti ad accogliere come figli i ragazzi senza famiglia. La comunità arrivò ad avere più di mille membri, ma fu osteggiata sia dalle autorità civili che da quelle religiose, che non vedevano di buon occhio quell’esperienza comunitaria: il 5 febbraio 1952 il Sant’Uffizio ordinò a Don Zeno di lasciare Nomadelfia; e nel 1953 Zeno Saltini, ridotto allo stato laicale, raggiunse la sua comunità, che nel frattempo si era trasferita in provincia di Grosseto.
Nel 1962, Papa Giovanni XXIII concesse a Zeno Saltini di riprendere l’esercizio del sacerdozio; infine, a coronamento della riconciliazione con la Chiesa, il 12 agosto 1980 Don Zeno fu ricevuto in udienza da Papa Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo, con tutta la popolazione di Nomadelfia.
Trascrivo (con retroversione in italiano) un articolo di Radio Roma-Esperanto del 25 gennaio 1981 (riprodotto nella rivista “Espero katolika” 1981-2, p. 33
www.esperokatolika.org/ek19811985/ek1981_02.htm#4 ),
trasmesso in occasione della morte di Don Zeno.
Allego un’immagine dell’abbattimento dei reticolati del campo di concentramento di Fossoli.


(Segue traduzione in italiano)
LA URBO DE LA AMO
Mortis, 15.1.1981, Pastro Zeno Saltini, la fondinto de la komunaĵo «Nomadelfio» (apud Grosseto, Toskanio, Centra Italio), la urbo, kie regas frata amo (la nomo «Nomadelfio», el la greka lingvo, signifas «loko, kie frateco estas leĝo»).
Pastro Zeno naskiĝis, antaŭ 80 jaroj, en Fossoli di Carpi apud Modeno (Emilio, Norda Italio); li apartenis al tradiciema familio, kiu posedis vastan bienon en la Pada Ebenaĵo. Tre baldaŭ, tamen, li forlasis la komfortojn de la familio por dediĉi sin al la revo starigi komunaĵon de homoj liberaj kaj regataj de la principoj de totala kristanismo.
Li decidis iĝi sacerdoto, kaj kiam, en 1931, li celebris sian unuan Meson, li volis ĉe la unua vico, meze de la aŭtoritatuloj, 18-jaran knabon, kiu estis ĵus elirinta el karcero, kie li estis enfermita pro malgrandaj ŝteloj: «Mi adoptas ĉi tiun knabon kvazaŭ filon», diris Pastro Zeno. «Kiu eraris ne sukcesas elaĉeti sin, se iu ne fidas al li».
Tiu estis la unua faro de la batalo de Pastro Zeno por reakiri al la socia vivo la senhejmajn, senkuraĝajn, senesperajn homojn, plejparte infanojn kaj geknabojn orfajn kaj forlasitajn. Naskiĝis, tiel, en la vilaĝo San Giacomo di Roncole, la unua komunaĵo, kie bonaĵoj kaj laboro estis komunaj.
Sed precipe en la tuja postmilita periodo Pastro Zeno trovis sian genton. En 1947, gvidante siajn «gefilojn», li okupis la terenon de la iama koncentrejo ĉe Fossoli, kaj sukcesis transformi tiun lokon en urbon, kie la amo estas la sola leĝo.
Pastro Zeno laboregis por vivteni sian komunaĵon. Li frapadis ĉe la pordo de la riĉuloj, kaj li eĉ vagadis tra la stratoj de Modeno, ludante akordionon, por gajni iom da mono.
Intertempe, la loĝantaro de Nomadelfio kreskadis, kaj iumomente la komunaĵo translokiĝis al la ĉirkaŭaĵoj de Grosseto. Sed la iniciato de Pastro Zeno ne ĝuis multe da simpatio ĉe la politikaj kaj la ekleziaj instancoj, kiuj ne ŝatis la komunecan etoson kaj la miksitecon de la familioj. Pastro Zeno, do, forlasis pastrecon, kaj Nomadelfio dissolviĝis. Rezistis nur malgranda kerno, kiun la iama Pastro, iĝinte laiko, organizis sur civila bazo, kiel societon: temis pri 400 homoj dividitaj laŭ 12 «familioj».
En 1962, Papo Johano la 23-a permesis, ke Pastro Zeno reakiru sian pastran oficon, kaj nomis lin parokestro de tiu urbo baziĝanta sur la amo.
Antaŭ ol morti, la fondinto de Nomadelfio lasis spiritan testamenton, en kiu li invitas la nomadelfianojn daŭrigi lian mision; li finas per ĉi tiuj vortoj: «Kiam mi mortos mi ne volas plorojn, oni ludu valson de Strauss».
Teksto de Spinelli, traduko de Antonio De Salvo
(Radio Roma-Esperanto, 25.1.1981; Espero katolika 1981-2, p. 33)
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(Traduzione)
LA CITTÀ DELL’AMORE
È morto, il 15 gennaio 1981, Don Zeno Saltini, fondatore della comunità di «Nomadelfia» (presso Grosseto, Toscana, Italia), la città dove regna l’amore fraterno (il nome «Nomadelfia», dal greco, significa «luogo dove la fraternità è legge»).
Don Zeno era nato, 80 anni fa, a Fossoli di Carpi presso Modena (Emilia, Italia settentrionale); apparteneva a una famiglia tradizionalista, che aveva vasti possedimenti nella Pianura Padana. Molto presto, però, abbandonò gli agi della famiglia per dedicarsi al sogno di creare una comunità di persone libere e governate dai principii di un cristianesimo totale.
Decise di farsi prete, e quando, nel 1931, celebrò la prima Messa, volle in prima fila, tra le autorità, un ragazzo di 18 anni appena uscito dal carcere, dove era stato recluso per piccoli furti: «Adotto questo ragazzo come figlio», disse Don Zeno. «Chi ha sbagliato non riesce a riscattarsi, se qualcuno non gli dà fiducia».
Quella fu la prima azione della battaglia di Don Zeno per recuperare alla vita sociale le persone senza casa, scoraggiate, disperate, in gran parte bambini e ragazzi orfani e abbandonati. Nacque così, nel villaggio San Giacomo di Roncole, la prima comunità, in cui beni e lavoro erano in comune.
Ma soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla guerra Don Zeno trovò la sua gente. Nel 1947, alla testa dei suoi «figli», occupò il terreno dell’ex campo di concentramento di Fossoli, e riuscì a trasformare quel luogo in una città, in cui l’amore era la sola legge.
Don Zeno si dette molto da fare per mantenere la sua comunità. Bussò alla porta dei ricchi, e perfino andò girovagando per le vie di Modena, suonando la fisarmonica per guadagnare un po’ di denaro.
Intanto, la popolazione di Nomadelfia andava crescendo, e ad un certo punto la comunità si trasferì nei dintorni di Grosseto. Ma l’iniziativa di Don Zeno non godeva di grande simpatia da parte delle autorità politiche e religiose, che non gradivano lo spirito comunitario e la promiscuità delle famiglie. Don Zeno, quindi, abbandonò il sacerdozio, e Nomadelfia si dissolse. Resistette soltanto un piccolo nucleo, che l’ex sacerdote, tornato allo stato laicale, organizzò su base civile, come società: si trattava di 400 persone divise in 12 «famiglie».
Nel 1962, Papa Giovanni XXIII permise che Don Zeno riacquistasse la funzione sacerdotale, e lo nominò parroco di quella città basata sull’amore.
Prima di morire, il fondatore di Nomadelfia ha lasciato un testamento spirituale, in cui invita la gente di Nomadelfia a continuare la sua missione; finisce con queste parole: «Quando morirò non voglio pianti, suonate un walzer di Strauss».
Spinelli, trad. Antonio De Salvo
(Radio Roma-Esperanto, 25.1.1981; Espero katolika 1981-2, p. 33)

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