Eventi

Candelora

Fino alla riforma della liturgia romano-cattolica (1965), il due febbraio si celebrava la Purificazione di Maria, quaranta giorni dopo il parto di Gesù (secondo la legge di Mosè, la donna che aveva partorito era impura per quaranta giorni).
Dopo la riforma, la solennità è cambiata in festa per la Presentazione di Gesù al Tempio, per dedicarlo al Signore in quanto primogenito ed offrire “una coppia di tortore o due giovani colombi” (l’offerta dei poveri).
Si tratta dell’episodi raccontato nel Vangelo di Luca 2, 29-32
it.wikipedia.org/wiki/Nunc_dimittis
eo.wikipedia.org/wiki/Nunc_dimittis
quando il vecchio Simeone esclama:
Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo, Israele.
(Il brano è conosciuto con il nome “Nunc dimittis”, dalle sue prime parole nella versione latina del Vangelo:
Nunc dimittis servum tuum, Domine,
secundum verbum tuum in pace:
Quia viderunt oculi mei salutare tuum
Quod parasti ante faciem omnium populorum:
Lumen ad revelationem gentium,
et gloriam plebis tuae Israel).
Non senza motivo, la Chiesa cristiana d’Oriente chiama questa festa “Hypapanté”, cioè “Incontro”.
Tradizionalmente, in questo giorno (chiamato “Candelora”, cioè festa delle Candele) sono distribuite ai fedeli candele benedette, in relazione all’antica festa di Maria, ma adesso in onore di Cristo “Luce del mondo”. Non si può tacere, però, che in questo rito sopravvivono antiche tracce pagane, perché a febbraio si celebrava la purificazione della natura rinascente.
Del resto, queste tracce sono visibili anche nel fatto che, secondo una tradizione popolare italiana (la cui antichità è attestata dal linguaggio arcaico), dal tempo che fa il due febbraio si traggono previsioni per il futuro, perché si afferma, ad esempio, che “se non piove a Candelora, dell’inverno semo fora”).
In passato (ma questa tradizione va scomparendo), ci si procuravano avidamente le candele della Candelora, che erano considerate quasi talismani. Ne dà testimonianza un sonetto (che giustamente prende in giro questo atteggiamento superstizioso) del poeta romanesco Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863)
it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Gioachino_Belli
eo.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Gioacchino_Belli
​Trascrivo il sonetto (in romanesco, e nella versione in Esperanto di Giuseppe Pascucci), ed allego:
​- un’immagine di candele accese;
​- la copertina del volume di sonetti romaneschi, tradotti in Esperanto da Gaudenzio Pisoni, “G.G. Belli – Elektitaj sonetoj”, COEDES FEI, Milano 1982.


851. ER DUA DE FREBBARO

Uh! ch’edè tanta folla a la parrocchia?
Perch’entri tutta eh! nun j’abbasta un’ora.
E in sta chiesa più ciuca d’una nocchia
sai cuanti n’hanno da restà de fora!

Senti, senti la porta come scrocchia!
Guarda si come er gommito lavora!
Ma perché tanta gente s’infinocchia
drento? Ah è vero, sì, sì è la cannelora.

Ecco perché er facchino e fra Micchele
uscirno dar drughiere co una cesta
jeri de moccoletti e de cannele.

Tra tanta divozzione e tanta festa
tu a ste gente però levejje er mele
de la cannela, eppoi conta chi resta.

Giuseppe Gioachino Belli

LA DUA DE FEBRUARO

Kial paroĥo ŝajnas homribelo?
Horon bezonas por ĉiuj l’ eniro.
La preĝejo pli malgranda ol avelo
ne kapablas enhavi ĉiujn! Viro!

Aŭdu, pordego krakas sub ĉielo,
kiel laboras kubut’ kun deziro.
Ili kunpremiĝas por kia celo?
Estas kandela festo! Kia miro!

Jen kial frat’ Mikel’ kaj l’ helpanto
eliris de vendejo kun la kesto
portante da kandeloj grandan kvanton.

Inter granda piec’ kaj granda festo
se vi forigas dolĉan, belan kanton
poste la pastro kalkulas la reston.

Giuseppe Gioachino Belli,
trad. Giuseppe Pascucci (2.2.2005)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *