Personaggi

Hans Christian Andersen

Il 2 aprile è l’anniversario della nascita (nel 1805) dello scrittore e poeta danese Hans Christian Andersen (1805-1875),
it.wikipedia.org/wiki/Hans_Christian_Andersen
celebre soprattutto per le sue fiabe, in particolare: “La sirenetta”, “I vestiti nuovi dell’Imperatore”, “La principessa sul pisello”, “Il soldatino di stagno”, “Il brutto anatroccolo”, “La piccola fiammiferaia”.
Le Fiabe di Andersen sono opera quasi esclusivamente della sua fantasia (a differenza di quelle di altri autori moderni, come Giambattista Basile, Charles Perrault, i Fratelli Grimm, che attinsero alla tradizione popolare), e la loro corretta traduzione dal danese è molto difficile, perché il linguaggio adoperato è non solo colloquiale, ma anche ricco di costruzioni e di espressioni particolari, di neologismi, di modi di dire; è quindi un fatto davvero eccezionale (legato all’altissima qualità dei testi, che ormai fanno parte del patrimonio dell’umanità) che quelle fiabe siano state tradotte in più di 150 lingue.
Per quanto riguarda l’Esperanto, le traduzioni sono così ampie e ripetute (a partire dallo stesso Lejzer Ludwik Zamenhof), che è impossibile darne un elenco anche solo approssimativo; mi limito a segnalare un sito con indicazioni parziali:
literaturo.org/HARLOW-Don/Esperanto/Literaturo/literaturo.tradukita.a.html
Trascrivo (con traduzione in italiano) parte di una nota critica apparsa nel 1955 sulla rivista letteraria francese “La nica literatura revuo”, ed allego il francobollo francese del 2012, su bozzetto di Olivier Eudy e Valérie Besser, con la statua di bronzo della “Sirenetta” nel porto di Copenhaghen (København), opera dello scultore danese Edvard Eriksen, che rappresentò sua moglie Eline Eriksen.


(segue traduzione in italiano)
Hans Christian Andersen
Neniu en la homa literaturo povis rakonti pli bele al infanoj kaj – al plenaĝuloj. En la fabeloj de Andersen troviĝas feinoj, sed ne multaj. Li iel preferas pli ĉiutagajn rolantojn, ververe nur ĉiutagulojn, ilojn kaj aĵojn, kiuj ricevas vivon de li. Li importis en la literaturon la plej diversajn vazojn, potojn, ĉifonojn, flagojn, skarabojn, ĉiam parolantajn kaj agantajn, kaj li estis, kiu donis civitanecon en Fabelujo al la malbela eta ansero, kiu iom post iom iĝos fiera cigno. La figuroj de Andersen estis la gepatroj de Mikimuso & Komp.
Amo kaj bonhumoro, facila sed ne bagatela satiro troviĝas en tiuj ĉi rakontoj. Andersen amis la ridon, sed lia rido ne ĉiam estis rido nur pro la rido. Rememoru la fabelon, en kiu la nokta vento interŝanĝas la firmtabulojn kaj oni volas viziti la barbiron en la domo de la ŝtatsekretario.
La homa troseriozo, farizea gravmieneco estis tiu, kiun Andersen apenaŭ povis toleri, parte, ĉar li mem tro multe suferis pro tio, kiam li ankoraŭ ne estis mondfama, parte ĉar li mem estis tromemfida (sed ne senmotive). Memoru la majstran fabelon pri la “Novaj vestoj de la reĝo”. Kiu ne konas tiun rakonton pri la trompistoj, la du tajloroj, kiuj trompas tutan popolon; kiel ili teksas kaj kudras novan veston al la reĝo, kies pasio estas la pompaj vestoj. Sed tiujn ĉi vestojn povas vidi nur, kiuj estas saĝaj kaj taŭgas por sia ofico. Kiu ne ŝajnigus inter tiaj cirkonstancoj, ke la reĝo estas pompe vestita, kvankam li estas tute nuda? Eĉ li mem vidas nenion, sed tion li ne kuraĝas konfesi al iu. Al la malpleno, al la sorĉkvalitaj novaj vestoj oni devas agordi la vizaĝon gravmiena. La reĝo procesias en sia pompa nenio sur la stratoj kaj la tuta popolo, la ministroj, la reĝo mem konservas al si la sekreton, ke nenio estas videbla sur la nuda korpo de la reĝo, ĝis infano – ekster la konspiro de la malprudento – demaskas la malprudenton kaj diras laŭte la veron: “La reĝo estas nuda”.
Ferenc Szilagyi, “La Nica Literatura Revuo” 1/1(sept-okt 1955), p. 15-16

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(traduzione):
Hans Christian Andersen
Nessuno nella letteratura dell’umanità ha potuto raccontare in modo più bello ai ragazzi – e agli adulti. Nelle fiabe di Andersen si trovano delle fate, ma non molte. In qualche modo predilige personaggi più comuni, a dire il vero soltanto personaggi di ogni giorno, non solo uomini, ma anche strumenti e cose, che da lui ricevono vita. Ha importato nella letteratura vasi di ogni forma, stracci, bandiere, scarabei, tutti che parlano e agiscono, e ha dato cittadinanza nel mondo delle favole al brutto anatroccolo, che un po’ per volta diventa un superbo cigno. Le figure di Andersen sono le progenitrici di Topolino e compagni.
Amore e buon umore, una satira leggera ma non superficiale si trovano in questi racconti. Andersen ama il riso, ma il suo riso non è sempre fine a se tesso. Ricordate la favola in cui il vento notturno scambia le insegne, e si vuole far visita al barbiere nella casa del segretario di Stato.
L’eccessiva serietà, la posa farisaica di un aspetto serioso, erano le cose che Andersen poteva a stento tollerare, perché lui stesso aveva molto sofferto di questo, quando non era ancora famoso, in parte perché anche lui era molto presuntuoso (non senza motivo).
Ricordate la magistrale fiaba de “I nuovi vestiti dell’Imperatore”. Chi non conosce il racconto di quegli imbroglioni, i due sarti che ingannano un popolo intero; come essi tessono e cuciono un nuovo vestito per il re, che ha la passione degli abiti pomposi. Ma questi vestiti possono essere visti soltanto da chi è saggio e idoneo per il suo ufficio. Chi non farebbe finta, in queste circostanze, che il re è vestito in pompa magna, sebbene sia completamente nudo? Anche lui non vede niente, ma non ha il coraggio di confessarlo. Di fronte al vuoto, ai nuovi vestiti dalle qualità magiche, bisogna fare la faccia seria. Il re incede sulle strade nel suo pomposo nulla, e tutto il popolo, i ministri, il re mantengono per se stessi il segreto che non si vede nulla sul corpo nudo del re, finché un bambino – estraneo al complotto della stupidità – smaschera la stupidità e dice ad alta voce la verità: “Il re è nudo”.
Ferenc Szilagyi, “La Nica Literatura Revuo” 1/1(sept-okt 1955), p. 15-16

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