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Sant’Agostino

Il 28 agosto la Chiesa cattolica ricorda Sant’Agostino d’Ippona (354-430)

it.wikipedia.org/wiki/Agostino_d%27Ippona

Oggi, però, non voglio parlare di lui come Santo, Vescovo, teologo e filosofo, ma mi limito a segnalare una sua intuizione sociolinguistica.

Mi ero sempre domandato perché mai il primo Gruppo Esperantista romano (fondato nel 1905) si chiamasse “Imperiosa Civitas”: mi lasciava perplesso sia l’uso del latino che il senso di quella espressione, che fa chiaramente riferimento ad una Città (Roma) dominatrice, in contrasto con l’ideale esperantista di uguaglianza.

Oltre tutto, data l’epoca, non era pensabile un influsso dell’ideologia fascista (che, in effetti, nei decenni successivi in Italia si appropriò in qualche modo dell’Esperanto, considerandolo uno strumento di diffusione della visione del Regime).

Un articolo di Maxime Leroy in “Espero katolika” di febbraio 1933, p. 106 mi ha svelato l’enigma: l’espressione “Imperiosa Civitas” è tratta da “De Civitate Dei” (La Città di Dio) di S. Agostino.

Trascrivo (in latino, italiano ed Esperanto) il passo di cui trattasi, ed allego:

– il frontespizio del primo numero (gennaio 1908) del bollettino “Roma Esperantisto”, con il nome della “Società Esperantista Romana Imperiosa Civitas”;

– l’articolo di “Espero katolika”.


Linguarum diversitas hominem alienat ab homine. Nam si duo sibimet invicem fiant obviam neque praeterire, sed simul esse aliqua necessitate cogantur, quorum neuter linguam novit alterius: facilius sibi muta animalia, etiam diversi generis, quam illi, cum sint homines ambo, sociantur. Quando enim quae sentiunt inter se communicare non possunt, propter solam diversitatem linguae nihil prodest ad consociandos homines tanta similitudo naturae, ita ut libentius homo sit cum cane suo quam cum homine alieno.

At enim opera data est, ut imperiosa civitas non solum iugum, verum etiam linguam suam domitis gentibus per pacem societatis imponeret, per quam non deesset, immo et abundaret etiam interpretum copia. Verum est; sed hoc quam multis et quam grandibus bellis, quanta strage hominum, quanta effusione humani sanguinis comparatum est?

Augustinus, “De Civitate Dei”, liber XIX, 7

 

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La diversità delle lingue rende estraneo un uomo all’altro. Infatti, se due sincontrano e non possano passare oltre, ma siano costretti da una qualche necessità a rimanere insieme, e nessuno dei due conosca la lingua dell’altro: i muti animali, anche di specie diversa, si associano più facilmente di loro, sebbene entrambi siano uomini. Infatti, poiché soltanto per la diversità della lingua non possono comunicare tra di loro, non giova affatto, per consociare gli uomini, una così grande somiglianza di natura, al punto che un uomo sta più volentieri col proprio cane che con un estraneo.

Ma infatti, si obietta, si è fatto in modo che una Citta dominatrice, mediante la pace della convivenza, imponesse ai popoli sottomessi non solo il giogo, ma anche la lingua, mediante la quale non mancassero, anzi abbondassero gli interpreti. È vero; ma con quante numerose e grandi guerre, con quanta strage di uomini, con quanto spargimento di sangue umano, è stato raggiunto questo risultato?

S. Agostino, “La città di Dio”, libro XIX, cap. 7

 

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La diverseco de la lingvoj igas la homon fremda al la homo. Fakte, se du renkontiĝas kaj ne povas preteriri, sed estas devigitaj de iu neceso esti kune, kaj neniu el la du konas la lingvon de la alia: la mutaj bestoj, eĉ el diversaj specoj, asociiĝas pli facile ol ili, kvankam ili estas homoj. Fakte, ĉar pro la nura diverseco de la lingvo ili ne povas interkomuniki, tute ne utilas, por asociigi la homojn, tiel granda simileco de naturo, tiom ke homo pli volonte kunestas kun propra hundo ol kun fremdulo.

Sed ja, oni kontraŭdiras, oni agis tiel ke iu superreganta Civito, per la paco de la kunvivado, altrudu al la submetitaj popoloj ne nur jugon, sed ankaŭ la lingvon, pere de kiu ne manku, eĉ abundu, la interpretistoj. Estas vere; sed per kiom multenombraj kaj grandaj militoj, per kioma amasbuĉado de homoj, per kioma elverŝado de homa sango, oni atingis tion?

Sankta Aŭgusteno, “La Civito de Dio”, libro 19-a, ĉap. 7

 

 

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