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Transumanza

Se, in Italia, si esclama: “Settembre…”, sorge un coro di voci che continua: “andiamo, è tempo di migrare”, completando il verso iniziale della poesia di Gabriele D’Annunzio (1863-1938) “I pastori”.
La poesia è, a mio parere, la più bella di D’Annunzio, che in essa mette da parte i toni epici, parlando invece in termini affettivi di una esperienza antichissima, la cosiddetta “transumanza”, cioè la migrazione stagionale, verso il mare Adriatico, dei pastori abruzzesi e delle loro pecore, al termine dell’estate, dai pascoli montani dell’Appennino ai pascoli di pianura della Puglia, lungo i “tratturi”, che sono sentieri erbosi, lunghi molti chilometri, tracciati dal passaggio degli animali ripetuto per millenni. Il più importante di questi tratturi, che ha un nome latineggiante, “Tratturo Magno”, cioè Tratturo Grande, è una vera e propria “autostrada verde” naturale:
it.wikipedia.org/wiki/Tratturo_L%27Aquila-Foggia
La transumanza (che, ovviamente, ha pure una direzione inversa, dal mare alla montagna, all’inizio della primavera) è praticata ancora oggi, anche se i pastori “abruzzesi” di un tempo sono stati quasi totalmente sostituiti da immigrati extracomunitari, soprattutto macedoni, che si sobbarcano a questo duro lavoro, non più gradito dagli italiani (oggi, a ben vedere, D’annunzio non potrebbe più dire “i miei” pastori).
Trascrivo “I pastori”, in italiano e nella traduzione in Esperanto di Gaudenzio Pisoni, dalla “Itala Antologio”, FEI Milano 1987, p. 452, ed allego:
– la busta primo giorno (FDC) del francobollo italiano del 1963 per il centenario della nascita di D’Annunzio, con l’annullo di Pescara (sua città natale);
– il foglietto italiano del 2004 per il “Tratturo Magno” (nella cartina si vede il percorso, lungo 244 kilometri, che inizia a L’Aquila, dinazi alla basilica di Santa Maria di Collemaggio), con gli annulli delle località di partenza (L’Aquila), di sosta (Castel del Monte) ed arrivo (Foggia);
– il foglietto italiano del 2010 per la Basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila, con il relativo annullo speciale.


I PASTORI

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci romori.

Ah perché non son io co’ miei pastori?

Gabriele D’Annunzio

LA PAŜTISTOJ

Septembro, migru ni; sezon’ konvenas.
Miaj paŝtistoj nun en land’ Abruca
ŝafejojn lasas kaj al maro venas,
descendas al Adriatik’ sovaĝa
verdanta kiel paŝtherbej’ de l’ montoj.

Profunde ili trinkis el la fontoj
alpaj, por ke en migraj koroj gusto
de l’ naskiĝakvo restu por konsolo
kaj iluzi’ de l’ soifanta brusto.
Enmane aveluja verg’ novega.

Kaj ili laŭ antikva vojo grega,
kvazaŭ en herba riverflu’ silenta,
iras sur spuroj de l’ patrar’ antikva.
Ho voĉo de l’ unua plejatenta
ekvidi l’ tremobrilon de la maro!

Laŭlonge de la strando la brutaro
nun iras. La aer’ senblova restas.
La sun’ blondigas tiel la ŝaflanon
ke al la sablo ĝi simila estas.
Plaŭdad’, hufklako, bruoj simpatiaj!

Kial forestas mi, paŝtistoj miaj?

Gabriele D’Annunzio, trad. Gaudenzio Pisoni
(el “Itala Antologio” – 1987, p. 452)

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