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Veni vidi vici

Il 2 agosto del 47 a.C. Giulio Cesare sconfisse Farnace II, Re del Ponto, nella battaglia di Zela (oggi Zila, in Turchia).

Fu in quella occasione che Cesare coniò un’espressione rimasta come insuperato modello di esauriente concisione (Anche se in genere non lo si ricorda, il famoso “Obbedisco” telegrafico di Giuseppe Garibaldi era preceduto dalle parole “Ho ricevuto il dispaccio n. 1073”).

Scrive Svetonio (Cesare, 37,2):

Pontico triumpho inter pompae fercula trium uerborum praetulit titulum: veni: vidi: vici, non acta belli significantem, sed celeriter confecti notam.

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“[Cesare]… per il trionfo del Ponto, in mezzo alle ricchezze portate in mostra, fece esporre un cartello con tre parole: “Veni, vidi, vici” (Venni, vidi, vinsi), che non indicava le azioni della guerra, ma come rapidamente si era conclusa.

(trad. Antonio De Salvo)

Allego:

– la moderna statua bronzea in onore di Giulio Cesare, nel Foro di Cesare a Roma (riproduzione della statua di marmo esistente in Campidoglio);

– la copertina della traduzione in Esperanto (“Cezaro”), de Ivo Rotkvić, del romanzo “César – Caesar” del croato Mirko (Marko) Jelušić (1937).

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