Eventi

Tumulto di San Martino

I capitoli 12° e 13° del romanzo di Alessandro Manzoni (1785-1873) 

it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Manzoni 

“I Promessi Sposi” descrivono i tumulti popolari avvenuti a Milano nei giorni 11 e 12 novembre 1628, ricordati come “la rivolta del pane” (perché causati dalla carestia e dalla mancanza di pane) oppure “il tumulto di San Martino” (perché l’11 novembre ricorre la festa di quel Santo).

Manzoni coglie l’occasione per manifestare, dietro un apparente spirito leggero, il suo impegnato pensiero politico: le difficoltà in cui versa il popolo sono causate solo in parte da eventi naturali, mentre la colpa va ricercata soprattutto nel cattivo operato degli uomini, specialmente nella mancanza di politiche efficaci da parte dei governanti, negli sperperi, nella illusione che possano essere attribuiti benefici indiscriminati pur in mancanza di risorse adeguate, nella erronea opinione che per risolvere i problemi basti emanare una legge o nominare una commissione di studio, e nell’odio che spinge le masse a cercare capri espiatori, anziché esaminare razionalmente dove si è sbagliato e che cosa sia opportuno fare per rimediare, anche a costo di assumere decisioni impopolari.

Trascrivo un brano del capitolo 13°, in italiano e nella sua traduzione in Esperanto.

Allego:

– un francobollo del 2019 del Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM), che riproduce una illustrazione della edizione del 1840 de “I Promessi Sposi” con la “rivolta del pane”;

– la copertina della traduzione in Esperanto.


(sekvas traduko al Esperanto)

Ne’ tumulti popolari c’è sempre un certo numero d’uomini che, o per un riscaldamento di passione, o per una persuasione fanatica, o per un disegno scellerato, o per un maledetto gusto del soqquadro, fanno di tutto per ispinger le cose al peggio; propongono o promovono i più spietati consigli, soffian nel fuoco ogni volta che principia a illanguidire: non è mai troppo per costoro; non vorrebbero che il tumulto avesse né fine né misura. Ma per contrappeso, c’è sempre anche un certo numero d’altri uomini che, con pari ardore e con insistenza pari, s’adoprano per produr l’effetto contrario: taluni mossi da amicizia o da parzialità per le persone minacciate; altri senz’altro impulso che d’un pio e spontaneo orrore del sangue e de’ fatti atroci. Il cielo li benedica. In ciascuna di queste due parti opposte, anche quando non ci siano concerti antecedenti, l’uniformità de’ voleri crea un concerto istantaneo nell’operazioni. Chi forma poi la massa, e quasi il materiale del tumulto, è un miscuglio accidentale d’uomini, che, più o meno, per gradazioni indefinite, tengono dell’uno e dell’altro estremo: un po’ riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a una certa giustizia, come l’intendon loro, un po’ vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare e ad adorare, secondo che si presenti l’occasione di provar con pienezza l’uno o l’altro sentimento; avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a qualcheduno, o d’urlargli dietro. Viva e moia, son le parole che mandan fuori più volentieri; e chi è riuscito a persuaderli che un tale non meriti d’essere squartato, non ha bisogno di spender più parole per convincerli che sia degno d’esser portato in trionfo: attori, spettatori, strumenti, ostacoli, secondo il vento; pronti anche a stare zitti, quando non sentan più grida da ripetere, a finirla, quando manchino gl’istigatori, a sbandarsi, quando molte voci concordi e non contraddette abbiano detto: andiamo; e a tornarsene a casa, domandandosi l’uno con l’altro: cos’è stato? Siccome però questa massa, avendo la maggior forza, la può dare a chi vuole, così ognuna delle due parti attive usa ogni arte per tirarla dalla sua, per impadronirsene: sono quasi due anime nemiche, che combattono per entrare in quel corpaccio, e farlo movere. Fanno a chi saprà sparger le voci più atte a eccitar le passioni, a dirigere i movimenti a favore dell’uno o dell’altro intento; a chi saprà più a proposito trovare le nuove che riaccendano gli sdegni, o gli affievoliscano, risveglino le speranze o i terrori; a chi saprà trovare il grido, che ripetuto dai più e più forte, esprima, attesti e crei nello stesso tempo il voto della pluralità, per l’una o per l’altra parte.

Alessandro Manzoni, “I Promessi Sposi”, cap. XIII

°°°°°

(traduko):

En la popol-tumultoj ĉiam ĉeestas da homoj, kiuj, pro pasia fajro, aŭ pro fanatika konvinko, aŭ krima plano, aŭ damnita renversemo, faras ĉion eblan, por pliaĉigi la aferojn; proponas aŭ favoras plej malhumanajn konsilojn; blovas en fajron, ĉiufoje kiam ĝi komencas malvigliĝi; laŭ ili, nenio iam troas; ili volas, ke la tumulto havu nek finon, nek limon. Sed kompense ĉiam ĉeestas ankaŭ da aliaj homoj, kiuj, kun samaj fervoro kaj persisto, klopodas efiki la malon: iuj pro amikeco aŭ partiemo favore al la minacatoj, aliaj sen alia impulso krom pia kaj spontana abomeno kontraŭ sangon kaj kruelajn farojn. La Ĉielo ilin benu. En ambaŭ opoziciaj partioj, eĉ sen antaŭkonsentoj, la unueco de l’ voloj estigas tujan konsenton pri l’ faroj. La granda popolamaso, kvazaŭ materialo de la tumulto, konsistas el hazarda miksaĵo de homoj, kiuj, pli-malpli, laŭ nedifinitaj gradoj, apartenas al unu aŭ al alia el la du ekstremoj: iom febraj, iom ruzaj, iom inklinaj al justeco, laŭ sia propra justec-koncepto, iom avidaj spekti enormaĵon, pretaj al kruelo kaj kompato, al abomeno kaj adoro, laŭ tio, ke aktualas la oportuno plene gustumi unu el la du sentoj; ĉiumomente avidaj ekscii, ekkredi ion enorman, avidaj hurli, aplaŭdi iun ajn, aŭ kriegi kontraŭ lin. Vivu kaj mortu, estas la du vortoj, kiujn ili eligas plej volonte; kaj la homo, kiu sukcesus ilin konvinki, ke iu ne meritas dishakiĝon, ne bezonus pli multe da vortoj, por ilin persvadi, ke tiu meritas triumfan disportiĝon: aktoroj, spektantoj, perantoj, malhelpantoj laŭ la vento; pretaj eĉ silenti, se ili ne plu aŭdas kriojn por ripeti; pretaj ĉesi, kiam ne plu estas instigantoj; disiri, kiam pluraj konkordaj kaj senkontraŭdiraj voĉoj diras: ni foriru; kaj rehejmiĝi demandante unu la alian: kio okazis? Sed ĉar tiu amaso, havante plej grandan forton, povas disponigi ĝin laŭvole al unu aŭ al alia, tial ĉiu el la du aktivaj partioj eluzas ĉian rimedon, por ĝin altiri siaflanken kaj ĝin ekregi: kvazaŭ du malamikaj animoj interbatalantaj por eniri en tiun korpegon, kaj ĝin movi. Ili konkuras dissemi onidirojn plej taŭgajn por eksciti pasiojn kaj direkti movojn favore al unu aŭ al alia intenco; por pli taŭge eltrovi novaĵojn, kiuj denove akrigas indignojn aŭ mildigas ilin, revigligas esperojn aŭ terurojn; por inventi la sloganon, kiu ripetote de l’ plimulto kaj pli laŭte, esprimu, atestu kaj samtempe estigu la majoritatan voĉdonon por unu aŭ alia partio.

Alessandro Manzoni, “I Promessi Sposi”, cap. 13°, trad. Battista Cadei

(COEDES/ FEI, Milano 2006)

Un pensiero su “Tumulto di San Martino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *