Personaggi

Foca

Il 5 ottobre è l’anniversario della tragica morte (nel 610) dell’Imperatore bizantino (romano di Oriente) Foca, in greco Φωκάς (547-610).

it.wikipedia.org/wiki/Foca_(imperatore)

Rinvio alle pagine di Wikipedia quanto alla sua vita ed ai suoi delitti; sebbene sia stato uno dei peggiori Imperatori romani, il primo agosto 608 fu eretto in suo onore l’ultimo (il più “moderno”!) monumento nel Foro Romano, una isolata colonna di marmo alta 13,6 metri su un piedistallo cubico. La colonna, probabilmente del secondo secolo, in origine aveva sulla sommità una statua dell’Imperatore Diocleziano; al suio posto, vi fu collocata una statua di Foca, che però fu rimossa dopo la sua morte.

Non è chiaro perché la  colonna onoraria sia stata eretta; secondo alcuni, perché Foca volle evidenziare la sua supremazia su Roma; secondo altri, perché l’allora Papa Bonifacio IV gli era grato perché aveva donato al Papa il “Pantheon” romano (di cui parlerò in altra occasione), poi trasformato in chiesa cristiana (“Sancta Maria ad Martyres”, Santa Maria dei Martiri, dove furono trasportate le reliquie dei cristiani sepolti nelle catacombe).

Trascrivo (con traduzione in italiano) un breve articolo diffuso il 9 febbraio 1975 dalla Radiotelevisione Italiana/ RAI (trasmissioni per l’estero in Esperanto), ed allego l’immagine della colonna di Foca nel Foro Romano


(segue traduzione in italiano)

Trans la triumfarko de Septimjo Severo, en la valeto tie sube, meze de la sep famaj montetoj, la tereno estas kovrita de ruinoj. Tiuj nun dormemaj ŝtonoj siatempe vivis en riĉaj domoj, homplenaj stratoj, publikaj palacoj, majestaj temploj, ĉar en la Roma Forumo disvolviĝadis vigle la vivo de la plej mondfama urbo. Tie estis la cerbo de la romia Imperio, kiu etendiĝis de Palestino al Anglujo, de Atlantiko ĝis la Nigra Maro.

Nuntempe, bedaŭrinde, krom arkaĵoj solene starantaj, oni vidas nur dissemitajn ruinojn kiel atestojn de antikva grandeco. Tiaj noblaj restaĵoj, se konsiderataj en si mem, povas ŝajni sensignifaj, sed ruinojn de forpasintaj civilizacioj neniam oni komprenas per supraĵa ekrigardo. 

Ili postulas sentemon, inklinon al meditado, imagpovon. La vizitanto, iusence, devas ripari en sia menso la difektiĝojn de la tempo, la detruojn de vandaloj; per fantazio li devas transponti la tempan abismon.

Ekzemple, el kolonoj nun solece starantaj, el disfalinta brikaĵo, el dispecigita ŝtuparo, li devas imagi grandiozan templon, per raraj marmoroj kovritan kaj ornamitan per belaj statuoj. Li devas pentri al si scenon de homoj suprenirantaj la templajn ŝtupojn por preĝi la diojn, por alporti oferon, kiu ĉesigu angoron, savu rikolton aŭ revenigu post longjara milito…

Se la vizitanto ne kapablas fermi siajn okulojn kaj streĉi sian imagon, ruinoj por li estas nur mutaj ŝtonaĵoj. Promenado tra la Roma Forumo neniam riĉigos lian spiriton, nur malstreĉigos liajn krurojn.

Cesare Arieti, RADIO ROMA – ESPERANTO, 9.2.1975

°°°°°

(traduzione):

Passato l’arco di trionfo di Settimio Severo, nella piccola valle laggiù, al centro dei famosi sette colli, il terreno è cosparso di rovine. Queste pietre, ora sonnolente, a suo tempo hanno avuto vita in case ricche, strade affollate, palazzi pubblici, templi maestosi, poiché nel Foro Romano si svolgeva vivacemente la vita della città più famosa del mondo. Là era il cervello dell’Impero romano, che si estendeva dalla Palestina all’Inghilterra, dall’Atlantico al Mar Nero.

Oggi, purtroppo, a parte archi che si ergono solennemente, si vedono soltanto rovine disseminate, testimonianze di an’antica grandezza. Quei nobili resti, se considerati in se stessi, possono sembrare insignificanti, ma le rovine di passate civitlà non si comprendono mai con uno sguardo superficiale.

Richiedono sensibilità, tendenza alla meditazione, fantasia. Il visitatore, in un certo senso, deve rimediare nella mente ai danni del tempo, alle distruzioni dei vandali; con la fantasia, deve superare l’abisso del tempo.

Ad esempio, da colonne che adesso stanno solitarie, da cadenti muri di mattoni, da scale spezzate, deve immaginare un tempio grandioso, ricoperto di marmi rari e ornato di  belle statue. Deve dipingersi la scena di persone che salgono i gradini del tempio per pregare gli dei, per portare offerte che facciano cessare l’angoscia, salvino il raccolto o facciano tornare dopo ua guerra annosa…

Se il visitatore non è capace di chiudere gli occhi ad aguzzare la fantasia, le rovine per lui sono soltanto pietre mute. Una passeggiata attraverso il Foro Romano non gli arricchirà mai lo spirito, soltanto gli farà sgranchire le gambe.

Cesare Arieti, RADIO ROMA – ESPERANTO, 9.2.1975

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