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Fine del mondo

L’antico calendario del popolo Maya cominciava il 6 settembre.
Ma oggi voglio parlare, piuttosto, di quando il calendario Maya sarebbe dovuto finire.
Alcuni anni fa, circolò in rete una colossale “bufala”,
it.wikipedia.org/wiki/Profezie_sul_21_dicembre_2012
secondo cui il 21 dicembre 2012 sarebbe avvenuta la fine del mondo, dato che il calendario Maya non andava oltre quella data.
Si trattava di una delle periodiche “profezie”, che nei secoli hanno alimentato psicosi e angosce, spesso in base alla interpretazione distorta del capitolo 24 del Vangelo di Matteo, dove è scritto:
>Sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori…. Subito dopo la tribolazione di quei giorni,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze dei cieli saranno sconvolte…
Allora… il Figlio dell’uomo… manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli.

In effetti, prendendo alla lettera questo linguaggio catastrofico, c’è di che rimanere sconvolti.
Però bisogna considerare alcune cose:
– il linguaggio del brano è quello figurato proprio del genere letterario apocalititco, e non intende descrivere in anticipo la cronaca della “fine del mondo”;
– Gesù stesso dice che neppure lui (nella sua condizione umana) sa quando ci sarà quella fine:
>Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre,
e non si vede come invece possano saperlo coloro che periodicamente indicano una data;
– cosa più importante: occorre intendersi sul concetto di “fine del mondo”.
In base all’idea che noi abiamo del tempo, pensiamo che dopo la “fine del mondo” non possa esserci altro che l’eternità; ma la Bibbia parla in modo concreto, relativo e storico, con riferimento non al mondo in assoluto, ma a quel particolare mondo sperinentato dagli uomini ai quali la Parola è diretta. Qui si vede l’importanza dell’articolo determinativo: non si tratta della fine “del” mondo, ma della fine di “un” mondo.
Ad esempio, con la distruzione di Gerusalemme e la profanzione del Tempio nel 70 dopo Cristo, finì tragicamente il mondo giudaico; quando nel 410 Roma, capitale di un Impero apparentemente imperituro, fu invasa e saccheggiata dai barbari, molti pensarono che con la caduta di Roma finisse il mondo (e Sant’Agostino scrisse “De civitate Dei – La città di Dio” per contestare questa interpretazione); nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, molti pensarono alle parole di Gesù Cristo “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno”; nel 2001, quando ci fu l’attentato alle Torri Gemelle, i giornali titolarono “È la fine del mondo”, mentre era solo la fine di un certo mondo.

Millenarismo


E allora, dobbiamo forse consolarci dicendo che, poiché non sappiamo quando ci sarà la “fine del mondo”, tanto vale non pensarci? Ma per ciascuno di noi c’è, ci sarà una personale “fine del mondo”: e potrebbe essere questa notte stessa, per cui proprio l’incertezza deve accrescere l’impegno.
Ma come mai il calendario Maya non va oltre il 21 dicembre 2012?
Allego una vignetta umoristica, che nella sua apparente ingenuità potrebbe spiegare l’arcano: un Maya intento ad incidere un calendario su pietra dice: “Ho preso una pietra troppo piccola, non c’è più spazio…”, e un altro ribatte: “Pensa come interpreteranno la tua cazzata nel 2012!!!”.
In riferimento alla concezione corrente della fine del mondo, trascrivo, in romanesco e nella traduzione in Esperanto, un famoso sonetto di Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863), ed allego un particolare del “Giudizio Universale” di Michelangelo (prima del restauro) nella Cappella Sistina, con gli Angeli che suonano le trombe.


ER GIORNO DER GIUDIZZIO

Cuattro angioloni co le tromme in bocca se metteranno uno pe cantone a ssonà: poi co ttanto de vocione cominceranno a ddì: ffora a cchi ttocca.

Allora vierà ssù una filastrocca de schertri da la terra a ppecorone, pe rripijjà ffigura de perzone, come purcini attorno de la bbiocca.

E sta bbiocca sarà ddio bbenedetto, che ne farà du’ parte, bbianca, e nnera: una pe annà in cantina, una sur tetto.

All’urtimo uscirà ‘na sonajjera d’Angioli, e, ccome si ss’annassi a lletto, smorzeranno li lumi, e bbona sera.

Giuseppe Gioachino Belli

°°°°°

LA TAGO DE LA LASTA JUĜO

Kvar anĝelegoj iros kun trumpetoj
ĉe l’ buŝo, ĉiu en angulon sian
kaj, poste, eliginte voĉon krian
ekdiros: “Foren ĉiuj, laŭ dekretoj!”.

Kaj tiam litanio da skeletoj
aliros kvarpiede vivon plian;
kaj prenos homfiguron kiel iam
ŝajnante, ĉe kokino, kokidetoj.

Kaj ĉi-kokino estos Di’, kun gento
dugrupa: blanka, nigra laŭmerite,
al kel’ ironta aŭ al domtegmento.

Laste anĝela greg’ venos subite
kaj, kvazaŭ estus enlitiĝmomento,
estingos lumojn kaj “ĝis… ĝis”. Finite.

Giuseppe Gioachino Belli, trad. Gaudenzio Pisoni
(el “Elektitaj sonetoj de G. G. Belli”)

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