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Elegia pasquale

Il 21 aprile 2019 la Chiesa cattolica celebra la Pasqua di Resurrezione del Signore.
La Pasqua non è solo un mistero di fede; è anche, dal punto di vista laico, una metafora della vita che rinasce, di un nuovo inizio (ed in questo si avvicina alla Pasqua cristiana), e di un passaggio, una metamorfosi (ed in questo si avvicina alla Pasqua ebraica, Pesach).
Oggi presento (in italiano, e nella traduzione in Esperanto) una poesia “pasquale” di un poeta italiano (veneto) non credente, ma rispettoso del sacro, Andrea Zanzotto (1921-2011).
it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Zanzotto
Si intitola “Elegia pasquale”, e come tutte le poesie di Zanzotto non è di facile comprensione; ma mi sembra di cogliere il desiderio di scorgere qualcosa che vada al di là della semplice ricorrenza liturgica, e dia un senso a riti tradizionali che hanno bisogno di confrontarsi con la cruda realtà della vita odierna.
Allego un’immagine di auguri pasquali, con le uova simbolo di rinascita.


ELEGIA PASQUALE

Pasqua ventosa che sali ai crocifissi
con tutto il tuo pallore disperato,
dov’è il crudo preludio del sole?
e la rosa la vaga profezia?
Dagli orti di marmo
ecco l’agnello flagellato
a brucare scarsa primavera
e illumina i mali dei morti
pasqua ventosa che i mali fa più acuti.

E se è vero che oppresso mi composero
a questo tempo vuoto
per l’esaltazione del domani,
ho tanto desiderato
questa ghirlanda di vento e di sale
queste pendici che lenirono
il mio corpo ferita di cristallo;
ho consumato purissimo pane.

Discrete febbri screpolano la luce
di tutte le pendici della pasqua,
svenano il vino gelido dell’odio;
è mia questa inquieta
gerusalemme di residue nevi,
il belletto s’accumula nelle
stanze nelle gabbie spalancate
dove grandi uccelli covarono
colori d’uova e di rosei regali,
e il cielo e il mondo è l’indegno sacrario
dei propri lievi silenzi.

Crocifissa ai raggi ultimi è l’ombra
le bocche non sono che sangue
i cuori non sono che neve
le mani sono immagini
inferme della sera
che miti vittime cela nel seno.

Andrea Zanzotto

°°°°°

PASKA ELEGIO

Pasko ventriĉa al krucoj suprenkura
kun tuta via paleco malespera
kie la kruda prelud’ de l’ suno?
kaj la rozo, la svaga profetaĵo?
El kortoj marmoraj
jen la ŝafid’ skurĝita
por manĝeti pokan primaveron
kaj iluminas la mavojn de l’ mortintoj
pasko ventriĉa la mavojn akriganta.

Kaj se veras, ke opresitan oni min kunmetis
al ĉi tempo vaka
por la ekzalto de l’ morgaŭo,
mi tiome deziregis
ĉi girlandon el vento kaj salo,
ĉi montdeklivojn, kiuj pansis
mian korpon, vundon el kristalo;
mi konsumadis ege puran panon.

Diskretaj febroj igas falta lumon
ĉe ĉiuj deklivoj de la pasko,
fluigas la vinon fridan de l’ malamo;
‘stas mia ĉi malkvieta
jerusalemo de restintaj neĝoj,
la ŝminko tavoliĝas en la
ĉambroj en la kaĝoj vastapertaj,
kie grandaj birdoj kovadis
kolorojn de ovoj kaj de rozdonacoj,
kaj ĉielo kaj mondo estas neinda templo
de l’ propraj leĝeraj silentoj.

Krucumita al lastaj radioj ‘stas l’ ombro
la buŝoj estas nur sango
la koro estas nur neĝoj
la manoj estas imagoj
malsanaj de l’ vespero,
kiu mildajn viktimojn kaŝas en sino.

Andrea Zanzotto, trad. Nicolino Rossi
(“Enlumas min senlimo”, p. 236,
LF-Koop, La-Chaux-de-Fonds, 1990)

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