Personaggi

Rudolf Carnap

Il 14 settembre è l’anniversario della morte (nel 1970) del filosofo tedesco, naturalizzato statunitense, Rudolf Carnap (1891-1970)

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uno dei più importanti esponenti della filosofia della logica e della filosofia delle scienze del XX secolo (in particolare: teoria della conoscenza; logica e filosofia del linguaggio); fondamentale, al riguardo, la sua opera del 1934 “Logische Syntax der Sprache” (Sintassi logica del linguaggio).

Libero docente presso l’Università di Vienna, poi Professore (1931-1935) di Filosofia naturale all’Università di lingua tedesca di Praga, nel 1936 emigrò negli USA per sottrarsi alle persecuzioni naziste, facilmente prevedibili date le sue posizioni socialiste e pacifiste; insegnò filosofia (1936-1952) all’Università di Chicago (sviluppando questioni di semantica e di teoria delle probabilità, e ponendo le basi della teoria dei mondi possibili); fu all’Università di Princeton dal 1952 a 1954; all’Università della California (Los Angeles) a partire dal 1954.

Una curiosità: esule dalla Germania per le sue idee di sinistra, Carnap incontrò difficoltà simili anche negli USA, quando, nel 1953, rifiutò la nomina all’Università della California per non firmare il giuramento di fedeltà imposto nell’era del c. d. maccartismo

it.wikipedia.org/wiki/Maccartismo

Carnap imparò l’Esperanto a 14 anni; partecipò ai Congressi
Universali del 1908 (Dresda), del 1922 (Helsingfors/ Helsinki), del 1924
(Vienna) e del 1925 (Ginevra); usò praticamente la lingua nei suoi
viaggi all’estero; formulò un giudizio molto positivo sulla lingua e
sullo spirito di umanità dei suoi seguaci.

Trascrivo la mia traduzione non ufficiale in italiano di alcuni passi della sua “Intellectual Autobiography” (Autobiografia intellettuale): (Carnap, Rudolf. “Intellectual Autobiography,” in: The Philosophy of Rudolf Carnap, ed. Paul Arthur Schilpp (La Salle, IL: Open Court, 1963; 3-84), Section 11, Language Planning, pp. 67-71).

La traduzione si basa sulla versione in Esperanto di Ralph Dumain

www.autodidactproject.org/other/carnap2.html

 

All’incirca a 14 anni trovai per caso l’opuscolo “La Mondlingvo Esperanto” (La lingua mondiale Esperanto). Mi affascinò subito la regolarità e la geniale costruzione della lingua, e la imparai avidamente. Quando, qualche anno dopo, presi parte ad un Congresso internazionale di Esperanto, fu quasi un miracolo la facilità con cui capii le conferenze e le discussioni in grandi sedute pubbliche, e poi parlai privatamente con persone di molti Paesi, mentre non ero in grado di conversare nelle lingue straniere che avevo studiato a scuola per molti anni. Punto culminante del congresso fu la rappresentazione dell’Ifigenia di Goethe in traduzione Esperanto. Fu un’esperienza emozionante ed edificante ascoltare questo dramma, ispirato dall’ideale di una umanità unica, espresso mediante un nuovo messo di comunicazione, che permetteva a migliaia di spettatori di molti Paesi di capirlo e unirsi spiritualmente.

Dopo la prima guerra mondiale, ho colto occasioni di osservare la pratica dell’Esperanto. La mia esperienza più vasta è stata nel 1922, in rapporto con il congresso di Esperanto a Helsingfors, Finlandia. Lì ho conosciuto uno studente bulgaro; per quattro settimane siamo stati quasi costantemente insieme, e siamo diventati calorosi amici. Dopo il congresso abbiamo viaggiato ed abbiamo girato a piedi attraverso la Finlandia e i nuovi Paesi baltici, le Repubbliche di Estonia, Lettonia e Lituania. Abbiamo pernottato presso esperantisti ospitali, ed abbiamo avuto contatti con molte persone in quei Paesi. Discutevamo di ogni tipo di problema nella vita pubblica e personale, sempre, naturalmente, in Esperanto. Pe noi questa lingua non era un sistema di regole, ma semplicemente una lingua viva. Dopo queste esperienze, non posso accettare gli argomenti privi di serietà di coloro che affermano che una lingua internazionale ausiliaria sarebbe forse adatta per cose commerciali e forse per le scienze naturali, ma non potrebbe funzionare da adeguato mezzo di comunicazione nelle questioni personali, per discussioni nelle scienze sociali ed umane, tanto meno per un’opera di fantasia o un dramma. Ho trovato che manca, a chi afferma questo, l’esperienza pratica della lingua”.

 

Allego una foto del filosofo.

 

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