Personaggi

Giacomo da Lentini

Jacopo o Giacomo da Lentini (lui si firmava in latino “Jacobus de Lentino domini imperatoris notarius”, cioè Jacopo da Lentini notaio di sua maestà limperatore)

it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_da_Lentini

è stato un poeta italiano (siciliano), conosciuto anche come “il Notaio di Lentini” (1210 circa-1260 circa).

Dante Alighieri (che nel “De Vulgari eloquentia” cita una sua canzone quale esempio di bello stile) lo chiama per antonomasia “il Notaro” (Purgatorio 24, 55-57):

 

«O frate, issa veggio», disselli, «il nodo

che l Notaro e Guittone e me ritenne

di qua dal dolce stil novo chi odo!

 

Jacopo è uno dei principali esponenti della “Scuola Siciliana”

www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2018/07/03/rosa-fresca-aulentissima/

della Corte di Federico II di Svevia

it.wikipedia.org/wiki/Federico_II_di_Svevia

ed è considerato lideatore del sonetto. Sue poesie (16 canzoni e 22 sonetti) ci sono pervenute principalmente attraverso il Codice Vaticano latino 3793 (conservato nella Biblioteca Vaticana), contenente circa 1000 sonetti e canzoni di rimatori siciliani, bolognesi e toscani (il codice è stato compilato a Firenze tra la fine del duecento e linizio del trecento, su commissione di un ignoto fiorentino benestante; il copista, anche lui fiorentino, a volte toscanizza i testi).

Già Dante si domandava come mai i poeti del suo tempo scrivessero poesie damore in volgare; la risposta era, che lo facevano per farsi capire dalle donne, che non capivano il latino. Per quanto riguarda, in particolare, i poeti della Scuola siciliana (compreso Jacopo da Lentini), la lingua usata è un siciliano colto, depurato degli elementi idiomatici, che si rifà alle figure retoriche della poesia provenzale (occitana)

www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2017/09/08/frederic-mistral/

Trascrivo, nelloriginale italiano e nella doppia versione in Esperanto di Luigi Minnaja (da un manoscritto del 1956, e dalla “Itala Antologio”/ Antologia Italiana del 1987), uno dei più famosi sonetti di Jacopo da Lentini, ed allego unimmagine dei saloni di rappresentanza della Biblioteca Vaticana.

Una curiosità: laffermazione secondo cui il poeta non vorrebbe andare in Paradiso senza la sua donna, ricorda la serenata in siciliano di Turiddu nellopera “Cavalleria rusticana” di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, musica di Pietro Mascagni:

www.youtube.com/watch?v=fc-fhsw29Lw

(Beniamino Gigli)

 

O Lola chai di latti la cammisa

si bianca e russa comu la cirasa.

Quannu taffacci e fai la vucca a risa,

biato cui ti dà lu primu vasu!

Ntra la porta tua lu sangu è sparsu,

e nun me mporta si ce muoru accisu…

E siddu muoru e vaju mparadisu

si nun ce truovo a ttia, mancu ce trasu.


IO MAGGIO POSTO IN CORE A DIO SERVIRE

 

Io maggio posto in core a Dio servire,

comio potesse gire in paradiso,

al santo loco chaggio audito dire,

u si mantien sollazzo, gioco e riso.

 

Sanza mia donna non vi voria gire,

quella cha blonda testa e claro viso,

chè sanza lei non poteria gaudere,

estando da la mia donna diviso.

 

Ma no lo dico a tale intendimento,

perchio peccato ci volesse fare;

se non veder lo suo bel portamento

 

e lo bel viso e l morbido sguardare:

chè lo mi teria in gran consolamento,

veggendo la mia donna in ghiera stare.

 

Jacopo da Lentini

 

 

MI KOREN METIS DION SERVASPIRI

 

Mi koren metis Dion servaspiri,

tiel irpovus mi al Paradizo,

al sankta loko, kie, mi aŭdis diri,

pri rid, amuzo regas la devizo.

 

Sen mia damo mi ne volus iri,

tiu kun klarvizaĝ kaj blonda frizo,

ĉar mi sen ŝi ne povus ĝuakiri,

kiam de l damo estas mi en diso.

 

Sed mi ne diras tion kun konsento,

ke al pekado estas mi favora;

mi ĝuus nur pro ŝia sinprezento,

 

pro l bela frunto kaj rigard adora;

ĉar estas ja por mi konsola sento

kontempli mian damon stari glora.

 

Jacopo da Lentini, trad. Luigi Minnaja

(manuskripto de 1956)

 

 

EN KOR MI STREBAS DION SERVASPIRI

 

En kor mi strebas Dion servaspiri,

por ke atingu mi ĝis Paradizo,

al sankta loko, kie, mi aŭdis diri,

pri rid, amuzo regas la devizo.

 

Sen mia damo mi ne volus iri,

tiu kun klarvizaĝ kaj blonda frizo,

ĉar mi sen ŝi ne povus ĝuakiri,

kiam de l damo estas mi en diso.

 

Sed mi ne diras tion kun konsento,

ke al pekado estas mi favora;

mi ĝuus nur pro ŝia sinprezento,

 

pro l bela frunto kaj rigard adora;

ĉar estas ja por mi konsola sento

kontempli mian damon stari glora.

 

Jacopo da Lentini, trad. Luigi Minnaja

(“Itala Antologio” 1987, p.22-23 )

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