Personaggi

Jerome Klapka Jerome

Il 2 maggio è l’anniversario della nascita (nel 1859) dello scrittore, giornalista e umorista britannico Jerome Klapka Jerome, conosciuto come Jerome K. Jerome (1859-1927),

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famoso soprattutto per il romanzo umoristico “Three men in a boat (to say nothing of the dog)”, tradotto in italiano come “Tre uomini in barca (per non parlar delcane)”, oppure “Tre uomini in barca (per tacer del cane), e in Esperanto come “Tri viroj en boato (sen mencio de la hundo)”.

Una curiosità: secondo molte fonti biografiche, il nome Klapka sarebbe un omaggio al generale ed eroe ungherese György Klapka (1820-1892)

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Secondo, invece, altre fonti più prosaiche, si tratterebbe semplicemente della modifica del cognome del padre, Jerome Clapp.

Il libro “Tre uomini in barca”, pubblicato nel 1899, ha avuto un successo mondiale, è stato tradotto in molte lingue, ed è stato adattato per film, musical, teatro.

Nel 1936 ne fu fatta una versione a stampa in Esperanto, trad. G. Badash, ed. AELA Budapest; l’opera è ormai reperibile soltanto nelle biblioteche.

Recentemente, ne è stata fatta (dalla editrice INKO di Franko Luin) una versione elettronica, in parte con una nuova traduzione di Margaret Munrow, ed illustrazioni di Bogdan Grom. (menzione in “Esperanto de UEA” 2001-4, p. 68) Il libro è facilmente accessibile in rete a vari indirizzi, ad esempio

web.archive.org/web/20060108015133/http:/82.182.30.179/inko/065-1.pdf

È scaricabile gratuitamente in pdf e leggibile, ma non può essere copiato o modificato, per via dei diritti d’autore (a questo proposito: molti siti affermano che il libro è di pubblico dominio; questo è vero per il libro in sé perché l’autore è morto da più di 70 anni, – e può essere vero per le traduzioni in alcune lingue, se anche i traduttori sono morti da più di 70 anni; ma non è vero per le due versioni in Esperanto, poiché non si conosce la data di morte del primo traduttore, G. Badash, e la recente edizione elettronica – basata su una traduzione parzialmente nuova – costituisce un’opera autonoma rispetto all’edizione a stampa del 1936).

Recensioni di “Tri viroj en boato” sono state pubblicate su “Brita Esperantisto” 1935-12, p. 206., e su “Literatura Mondo” 1935-2, terza pagina di copertina.

Inoltre, testi di Jerome K. Jerome si trovano su “Esperanto de UEA” 1923-3, p. 45; 1928-2, p. 32-33; 1928-6, p. 122-123 e 1929-11/12, p. 218-219.

Trascrivo (in Esperanto, con mia traduzione in italiano) un articolo critico su Jerome K. Jerome pubblicato su “Literatura Mondo” 1935-2, p. 31, ed allego il ritratto degli attori Stan Laurel e Oliver Hardy (Stanlio e Ollio), tratto da un francobollo USA.


Segue traduzione in italiano

 

(LB) JEROME K. JEROME. – FEMINISTO –  La kritikistoj de Jerome kutime forgesas  mencii, ke eble li estas la sola en la mondliteraturo, kiu la viron elektis objekto de sia satiro. La humoristoj mokas aŭ  pri la ĝenerale homa”, aŭ pri la strangaĵoj de la virino – dum la grandaj satiristoj ofte ŝajnas insulti la viron: – sed efektive ili insultas lin pro tio, ke ne sufiĉe li estas viro – rilate al ilia idealo pri la viro. Ĝis nun, sole Jerome komencis primoki tiun idealigitan vir-imagon – kaj en la plej ĉarma, plej sengala maniero.

Liaj mokadoj ne estas tranĉaj, eble pro tio, ĉar li parolas en unua persono. Sed estas amuze, ke ĉiun vir-manketon ni trovas en lia kolekto. La naive blindan kredon je la “faka scio”, je la amikeco, je la donita parolo de viroj, de amikoj… La ofendiĝon, se temas pri la mem-amo, la superemon de la stultulo, kiu povas sin kredi saĝa nur, se la alian, la virinon, li kredas ankoraŭ pli stulta. La geston, per kiu li volas roli kiel kavaliro de la virino eĉ tiam, kiam la motivo de lia nobla ago estis malkuraĝo aŭ egoismo. La duone amuzatan, duone tedatan sintenon kontraŭ la infanoj, kio cetere estas io multe pli ĉarma, ol la sentimentala dorlotado de la infanoj plantita en la literaturon per la influo de la virinoj. La hejman ruzemon de submetiĝinto Jerome same ne forgesas, kiel la ĉial plendeman komfortamon, kiuj du tiel komike koniĝas en ĉiu filistrema viro. Sed li ne forgesas ankaŭ pri tiu amuza eco de la vir-kavaliro, ke la malagrablaĵojn li eldirigas – prefere per la virino. Amuza estas lia mirado pro tiaj aferoj ĉe aliaj, kiajn li trovas naturaj ĉe si: la plej tipa vira sinteno. Kaj la plej grava: la konservado de la brita digno, de la vir-fiero.

Ĉe Jerome, ĉiam la eterna infano esprimiĝas en la viro. La gapante pri ĉio miranta, tre egoista, foje sentaŭga, foje tre ĉarma infano: – kiu miras, se oni ridas pri li, sed kiu plej bonguste ridas pri la propraj mankoj – ĉe aliaj. Jerome en sia realismo ne fortimiĝas eĉ de la ekstremoj. Li ne nur akceptas, sed ankaŭ amas ĉion homan. El tiu ĉi vivkoncepto sekvas lia sinteno koncerne ne nur la viro-virino-problemon, sed ankaŭ la “ĝenerale homan”.

Lia serena angla filozofio juĝas nur amuza homa malforto tion, kion la temperamento de la sudano aŭ orientano ja vidas kulpo. De tie devenas lia rideta indulgemo. Sed de tie ankaŭ lia profunda kristaneco: li ne taksas la homan kulpon super la eblo de la pardono.

Esence li estas optimisto, kiu primokas la pesimismon, ĉar li kredigas sin pesimisto, kiu koleretas pro ĉiu bagatelaĵo. La malsukcesoj de liaj aferoj similas al tiuj de Stan Laurel kaj Oliver Hardy, el la filmomondo: – estas trankvilige vidi la troigon de la malsukcesoj, mallertecoj en la etaj aferoj, ĉar per tio instinkte oni eksentas, ke ne estas inde incitiĝi, kolereti kaj, kio estas eĉ pli grava el la vidpunkto de la optimisma virigardo, ke, kiam iu malesperiĝas pro bagatelaĵoj, la vere grandaj kaj signifaj aferoj ne povas sammezure malsukcesi, ĉar tion oni ne povus elteni – aŭ nur pri tio oni plendegus.

Lia kroĉiĝo al la infanoj lin proksimigas al la feminismo. El virina vidpunkto la mondo ne estas alia ol ludejo de malgrandaj kaj grandaj infanoj, kiuj ĉiuj bezonas amon. Jerome sentas tion, sed li staras iom flanke, kiel la spitema knabo kaj montras figon al ili, ĉar ili ludas plenkreskulon, viron.

Literatura Mondo 1935-2, p. 31

 

(traduzione).

(LB) JEROME K. JEROME. – FEMMINISTA –  I critici di Jerome di solito dimenticano di menzionare che forse è il solo, nella letteratura mondiale, che ha scelto l’uomo come oggetto della sua satira. Gli umoristi prendono in giro o in generale “l’essere umano” oppure le stranezze della donna – mentre i grandi satiri spesso sembrano insultare l’uomo: – ma in realtà lo insultano perché non è abbastanza uomo – in relazione al loro ideale di uomo. Finora, soltanto Jerome ha cominciato a prendere in giro quella immagine idealizzata di uomo – e nel modo più grazioso, non bilioso.

Le sue prese in giro non sono taglienti, forse perché parla in prima persona. Ma è divertente, che nella sua collezione troviamo tutte le piccole manchevolezze maschili. La cieca fede nelle “conoscenze tecniche”, nell’amicizia, nella parola data degli uomini, degli amici… La suscettibilità, se si tratta dell’amor proprio, l’atteggiamento di superiorità dell’idiota, che si può credere saggio se crede l’altra, la donna, ancora più idiota. Il gesto, con cui vuole fare il cavaliere della donna anche quando il motivo della sua nobile azione è la vigliaccheria o l’egoismo. L’atteggiamento mezzo divertito, mezzo annoiato verso i bambini, il che del resto è molto più bello del vezzeggiamento sentimentale dei bambini stabilitosi nella letteratura per influsso delle donne. La furbizia casalinga del sottomesso Jerome ugualmente non dimentica come l’amore per le comodità e la voglia di lamentarsi per qualunque cosa si conoscano in ogni uomo di media levatura. Ma neppure dimentica quella divertente caratteristica dell’uomo-cavaliere, che le cose sgradevoli le fa dire preferibilmente dalla donna. Divertente è la sua meraviglia per quelle cose negli altri che lui trova naturali presso di sé: l’atteggiamento più tipicamente maschile. E la cosa più importante: il mantenimento della tipica flemma inglese, dell’orgoglio maschile.

In Jerome, sempre l’eterno fanciullo si esprime nell’uomo. Il fanciullo che rimane a bocca aperta meravigliandosi di tutto, molto egoista, a volte incapace, a volte molto grazioso: che si meraviglia, se si ride di lui, ma che ride di gusto delle proprie mancanze – negli altri. Jerome nel suo realismo non si impressiona neppure degli estremi. Non solo accetta, ma anche ama tutto ciò che è umano. Da questo concetto di vita segue il suo atteggiamento non solo sul problema uomo-donna, ma anche su quello “in generale umano”.

La sua serena filosofia inglese giudica solo divertente debolezza umana quello che il temperamento di un meridionale vede come una colpa. Da ciò deriva la sua sorridente indulgenza. Ma di là anche il suo profondo senso cristiano: non giudica la colpa umana al di là della possibilità di perdono.

Essenzialmente è un ottimista, che prende in giro il pessimismo, perché si spaccia per pessimista che si altera per ogni stupidaggine. Gli insuccessi delle sue cose somigliano a quelli di Stanlio e Ollio, dal mondo del cinema: – dà tranquillità vedere gli eccessi degli insuccessi, le goffaggini nelle piccole cose, perché in questo modo si sente istintivamente ne non vale pena arrabbiarsi, e, cosa perfino più importante dal punto di vista di una sguardo ottimista sulla vita, che quando uno si dispera per una cosa di poca importanza le cose davvero grandi e significative non possono andar male nella stessa misura, perché non si potrebbe sopportare una cosa del genere, o ci si lamenterebbe  soltanto di quello.

Il suo attaccamento ai bambini lo avvicina al femminismo. Dal punto di vista femminile il mondo non è altro un luogo in cui giocano fanciulli piccoli e grandi, che tutti hanno bisogno di amore. Jerome lo sente, ma rimane un po’ defilato, come il ragazzo che gli fa un gestaccio, perché gioca a fare l’uomo adulto.

Literatura Mondo 1935-2, p. 31

 

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