Personaggi

Gaspara Stampa

Il 23 aprile ricorre la morte (nel 1554) della poetessa italiana Gaspara Stampa (1523-1554)
it.wikipedia.org/wiki/Gaspara_Stampa
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​Ho già parlato di lei un anno fa, il 23 aprile 2017

Gaspara Stampa


​Prima di aggiungere alcune considerazioni generali, ricordo un capoverso di quella presentazione, ancora attuale:
>Famosa per la sua bellezza e l’elegante vita mondana, colta nella letteratura e nella musica, ebbe nella sua breve vita (morì a 31 anni, forse suicida) numerose esperienze amorose: quella che lasciò segni profondi fu la passione, non adeguatamente ricambiata, per il nobile Collatino di Collalto, al quale è dedicata la maggior parte delle sue 311 poesie, che costituiscono quasi un diario, la cui originalità risiede nel fatto che forse per la prima volta dai tempi di Saffo una donna si apre a confessioni amorose.
Ora, Gaspara Stampa già partiva svantaggiata per il fatto di essere donna: c’è quasi il sospetto che la scarsa presenza femminile nel campo della poesia di alto livello sia dovuta all’invidia dei maschi, che raramente fanno spazio alle donne, oppure lo fanno per motivi extra-letterari (basta ricordare quello che scrisse Giosuè Carducci ad Annie Vivanti:
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2018/04/07/annie-vivanti/ ).
Inoltre, Gaspara Stampa soffrì per la valutazione morale della sua condotta, all’epoca vista come “libertina”, tanto da essere definita eufemisticamente “una cortigiana”.
A questo proposito, non posso fare a meno di sviluppare alcuni concetti linguistici e di costume, rifacendomi anche ad un gustoso libro edito nel 1999 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Alma Sabatini, Marcella Mariani, Edda Billi, Alda Santangelo: “Il sessismo nella lingua italiana”), che fa bella mostra di sé, insieme con altre simili chicche, nella mia personale biblioteca (in cui sono rigorosamente assenti libri di diritto, sebbene proprio con il diritto, e con qualche successo, mi sia guadagnato da vivere, in 53 anni di servizio prima del pensionamento).
​Ebbene, quasi nello stesso periodo storico in cui visse Gaspara Stampa, Baldassarre Castiglione (1478-1529)

Baldassarre Castiglione


divenne famoso grazie ad un libro intitolato “Il Cortegiano”, una specie di “trattato di buone maniere” (oggi si direbbe “galateo”) che delinea, in forma di dialogo, il comportamento che deve tenere chi, stando a Corte (cioè, in un ambiente raffinato), deve manifestare eleganza di modi e gentilezza (cortesia) nel parlare, con la scelta della parola giusta al momento opportuno, senza affettazione.
La parola “cortigiano”, al maschile, di per sé non ha valenza negativa (salvo che si voglia indicare un atteggiamento di piaggeria o di avidità, come nella famosa aria dell’opera di Giuseppe Verdi “Rigoletto”: Cortigiani, vil razza dannata
www.youtube.com/watch?v=doudZ9kGlWU ),
ma si riferisce all’abitudine di frequentare una “Corte”, cioè un ambiente raffinato (la parola italiana “cortese” viene proprio da “Corte”).
Lo stesso termine, volto al femminile (“cortigiana”), indica invece una “donna di facili costumi”, cioè una prostituta, detto in termini eleganti (del resto, anche il “buon uomo” è una persona rispettabile, al contrario di una “buona donna”; l’“uomo di mondo” è uno che sa stare in società, mentre una “donna di mondo” – o, più crudamente, “mondana” – è una prostituta; un “uomo libero” è apprezzato per la sua libertà di coscienza, mentre una “donna libera” è riprovata per la sua condotta libertina; e si potrebbe continuare).
Trascrivo il sonetto di Gaspara Stampa “Mesta e pentita de’ miei gravi errori”, in italiano, e nella traduzione in Esperanto di Juliette Vatré-Baudin (“Malĝoja, penta pro eraroj miaj”), dalla “Itala Antologio” (Antologia Italiana), COEDES/ FEI, Milano 1987, pag. 190.
Allego la copertina del volume “Il sessismo nella lingua italiana”).


MESTA E PENTITA DE’ MIEI GRAVI ERRORI

Mesta e pentita de’ miei gravi errori
e del mio vaneggiar tanto e sì lieve,
e d’aver speso questo tempo breve
de la vita fugace in vani amori,

a te, Signor, ch’intenerisci i cori,
e rendi calda la gelata neve,
e fai soave ogn’aspro peso e greve
a chiunque accendi di tuoi santi ardori,

ricorro, e prego che mi porghi mano
a trarmi fuor del pelago, onde uscire,
s’io tentassi da me, sarebbe vano.

Tu volesti per noi, Signor, morire,
tu ricomprasti tutto il seme umano;
dolce Signor, non mi lasciar perire!

Gaspara Stampa

*****

MALĜOJA, PENTA PRO ERAROJ MIAJ

Malĝoja, penta pro eraroj miaj
kaj pro agado mia memkompleza,
kaj, ĉar la vivon vivis mi hereza
en amoj vanaj, vagaj kaj senpiaj,

al vi, Sinjoro, kiu bono-sciaj
la korojn igas, neĝon frostforgesa,
kaj ĉiun ŝarĝon plaĉa kaj malpeza,
kiam en iu brulas ardoj diaj,

mi venas kaj vin petas, ke dolĉmane
vi tiru min el maro da mizero,
de kie provi fuĝon estus vane.

Por ni vi klinis vin sub vivofero,
vi savis la homaron dia-plane,
Sinjor’, ne lasu min en mort-sufero.

Gaspara Stampa, trad. Juliette Vatré-Baudin
(“Itala Antologio” 1987, p. 190)

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