Personaggi

Luigi Pulci

L’11 novembre ricorre la morte (nel 1484) del poeta italiano (fiorentino) Luigi Pulci (1432-1484)
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​famoso soprattutto per il poema epico cavalleresco (condotto però in chiave parodistica e giocosa) “Il Morgante”, che parla di un gigante il quale, convertito al cristianesimo, si mette al seguito di Orlando.
​Dapprima membro della cerchia di Lorenzo de’ Medici (Lorenzo il Magnifico), dovette allontanarsi per un’aspra polemica con il filosofo Marsilio Ficino sull’immortalità dell’anima. Quando morì, a Padova, fu sepolto fuori del muro della chiesa di San Tommaso Apostolo, “senza alcuna sacra cerimonia”, come uomo “di poca, o niuna religione”.
​In Esperanto esiste la traduzione (di Clelia Conterno Guglielminetti) delle strofe 150-158 del canto 18°, nella “Itala Antologio” (Antologia italiana), 1987, p. 140-143; trascrivo il testo, in italiano e in Esperanto, ed allego un ritratto del poeta (si tratta di un particolare di un affresco di Filippino Lippi nella Cappella Brancacci di Firenze)


Dal “MORGANTE”
(Canto XVIII, strofe 150-158)

Morgante e Margutte all’osteria

150. Vannosi insieme ragionando il giorno:
la sera capitorno a uno ostiere,
e come e’ giunson, costui domandorno:
“Aresti tu da mangiare e da bere?
E pàgati in sull’asse, o vuoi nel forno”.
L’oste rispose: “E’ ci fia da godere;
e’ c’è avanzato un grosso e bel cappone”.
Disse Margutte: “Oh, non fia un boccone!

151. Qui si conviene avere altre vivande:
noi siamo usati di far buona cera.
Non vedi tu costui com’egli è grande?
Cotesta è una pillola di gera”.
Rispose l’oste: “Mangi delle ghiande;
che vuoi tu ch’i provvegga, or ch’egli è sera?”.
E cominciò a parlar superbamente,
tal che Morgante non fu paziente:

152. comincial col battaglio a bastonare:
l’oste gridava, e non gli parea giuoco.
Disse Margutte: “Lascia un poco stare,
io vo’ per casa cercare ogni loco.
Io vidi dianzi un bufol drento entrare:
e’ ti bisogna fare, oste, un gran fuoco,
e che tu intenda a un fischiar di zufolo:
poi in qualche modo arrostirem quel bufolo”.

153. Il fuoco per paura si fe’ tosto:
Margutte spicca di sala una stanga;
l’oste borbotta, e Margutte ha risposto:
”Tu vai cercando, il battaglio t’infranga:
a voler far quell’animale arrosto,
che vuoi tu torre un manico di vanga?
Lascia ordinare a me, se vuoi, il convito”.
E finalmente il bufol fu arrostito;

154. non creder con la pelle scorticata:
e’ lo sparò nel corpo solamente.
Pareo di casa più che la granata:
comanda e grida, e per tutto si sente;

un’asse molto lunga ha ritrovata;
apparecchiolla fuor subitamente,
e vino e carne e del pan vi ponea,
perche Morgante in casa non capea.

155. Quivi mangioron le reliquie tutte
del bufolo, e tre staia di pane o piue,
e bevvono a bigonce; e poi Margutte
disse a quell’oste: “Dimmi, aresti tue
da darci del formaggio o delle frutte,
che questa è stata poca roba a due,
o s’altra cosa tu ci hai di vantaggio?”.
Or udirete come andò il formaggio.

156. L’oste una forma di cacio trovoe,
ch’era sei libbre, o poco più o meno;
un canestretto di mele arrecoe,
d’un quarto o manco, e non era anche pieno.
Quando Margutte ogni cosa guardoe,
disse a quell’oste: “Bestia sanza freno,
ancor s’arà il battaglio a ‘doperare,
s’altro non credi trovar da mangiare.

157. È questo compagnon da fare a once?
Aspetta, tanto ch’io torni, un miccino,
e servi intanto qui colle bigonce;
fa’ che non manchi al gigante del vino,
che non ti racconciassi l’ossa sconce:
io fo per casa come il topolino;
vedrai s’io so ritrovare ogni cosa,
e s’io farò venir giù roba a iosa!”.

158. Fece la cerca per tutta la casa
Margutte, e spezza e sconficca ogni cassa,
e rompe e guasta masserizie e vasa;
ciò che trovava, ogni cosa fracassa;
ch’una pentola sol non v’è rimasa;
di cacio e frutte raguna una massa,
e portale a Morgante in un gran sacco,
e cominciorno a rimangiare a macco.

Luigi Pulci

El “MORGANTE”
(Kanto 18-a, strofoj 150-158)

Morgante kaj Margutte al gastejo

150. Dumtage, la du iris kaj rezonis:
ili al gastejestro nokte venis,
kaj, alveninte, tuj demand-ordonis
ĉu trinkon li kaj manĝon tie tenis:
li pagu sin sur benk’ – ili kanzonis –
aŭ en la forn’. Kaj li: “Sorto vin benis:
restas por vi granda, dika kapono”.
Margutte diris: “Eĉ ne buŝ-duono!

151. Ni du gigantan manĝegon pli frandas,
ni kutimiĝis al larĝa bankedo:
ĉu vi ne vidas kiel tiu grandas?
Proponas vi pilolon sur bufedo!”.
La mastro: “Se nur glanojn li demandas,
ja havos li: ne plu estas rimedo;
noktiĝis!”, diris li ofend-intence:
Morgante ne sin tenis pacience,

152. kaj per sia frapilo lin ekbatis.
La gastejestro kriis: “Aĉa ludo!”.
Margutte diris: “Lasu: li ne ŝatis.
Domon traserĉos mi de nord’ al sudo:
ke bovido eniris mi konstatis.
Vi, mastro, fajron faru sen pristudo:
obeu vi laŭ fajf-ordon’, laŭ vido,
kaj iel tuj rostiĝos la bovido”.

153. Pro timo, tuj la mastro fajron faris.
Margutte prenis longan ĉaro-stangon.
La mastro grumblis, kaj Margutte knaris:
“Vi celas sub frapilo danci tangon!
Por tia besto stangon mi preparis,
kaj ne fosil-tenilon; kia strango?
Lasu, ke mi ordonu por bankedo”.
Rostiĝis la bovid’ per ĉi procedo.

154. Ne kredu, ke la haŭton li fortiris:
li tranĉis nur la ventron energie,
kaj kiel balailo li rondiris,
ordonis, kriis, klaj aŭdiĝis ĉie.

Kaj ligno-tabulegon li akiris,
ekstere ĝin pretigis profesie:
ili per vin’, viand’ kaj pan’ festenis,
ĉar la domo Morgante-n ne entenis.

155. Kaj ili manĝis eĉ restaĵon lastan
de la bovido, kaj pli ol pansakon;
da vino trinkis ili tinon vastan.
Morgante sentis vaka la stomakon,
kaj diris: “Ĉu vi havas senprokrastan
aldonon? Fruktojn aŭ fromaĝan hakon?
Por du malmulta estis la manĝaĵo”.
Nu, aŭdu la okazon pri fromaĝo.

156. Fromaĝon trovis mastro, ses-sephektan,
pli-malpli, kaj kesteton kvaronkilan
da pomoj, eĉ ne plenan nek perfektan,
kaj ĝin prezentis kiel manĝ-utilan.
Ĵetis Margutte rigardon inspektan,
kaj diris: “Besto, vi baton frapilan
deziras ja ricevi, se vi provi
ne volas ion taŭgan por ni trovi”.

157. Ĉu kredas vi, ke li manĝas pograme?
Atendu, mi foriras nur momenton,
dum vinon verŝos vi el tino same,
kaj kontentigos tiun ĉi klienton,
por ke li ne karesu ostojn ame.
Mi kuros kiel muso sub tegmenton:
vi vidos, ke mi trovos certe ion,
kaj elvenigos mi ĉion kaj plion”.

158. Kaj Margutte traserĉis tutan domon,
kaj fendis, disnajligis ĉiun keston,
frakasis ĉiun meblon kaj flakonon,
kiujn li trovis, rompis eĉ la reston,
ne lasis sendifekta eĉ kaldronon,
kaj portis, por plenigi la inteston,
fromaĝon, fruktojn en sakeg’ solida;
rekomenciĝis la manĝad’ senbrida.

Luigi Pulci
trad. Clelia Conterno Guglielminetti
(el “Itala antologio” 1987, p. 1450-143)

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