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Incendio Reichstag

Cicerone ha scritto che “historia magistra vitae” (la storia è maestra di vita); può darsi, ma con assoluta certezza ha alunni che dimenticano volentieri quello che non fa loro comodo. Eccone un esempio.

La sera del 27 febbraio 1933, a Berlino andò a fuoco il Reichstag, cioè la sede del Parlamento tedesco

it.wikipedia.org/wiki/Incendio_del_Reichstag

eo.wikipedia.org/wiki/Incendio_de_Reichstag

L’autore materiale dell’incendio fu subito catturato: un giovane squilibrato olandese, attivista comunista, Marinus Van der Lubbe, il quale dichiarò di avere agito da solo per protesta contro il crescente potere dei nazisti. Van der Lubbe fu condannato a morte (pena reintrodotta nell’ordinamento tedesco dopo il fatto), e decapitato.

Hitler e Göring accusarono dell’incendio i comunisti, e ne fecero arrestare quasi quattromila; con gli attivisti in carcere e senza accesso alla stampa, i comunisti vennero pesantemente sconfitti alle successive elezioni (mentre Hitler, agitando lo spauracchio del terrore comunista, ottenne il 44% dei voti); inoltre, ai deputati comunisti eletti fu impedito l’ingresso in Parlamento. Hitler non ebbe neppure bisogno di un “premio di maggioranza”, perché lo spavento per l’attentato convinse anche i partiti minori a concedere ad Hitler (con una “votazione democratica”) i pieni poteri, con la soppressione di molti diritti civili.

(Di passaggio: sul concetto di decisione “democratica” ci sarebbe molto da discutere: come ricorda Gustavo Zagrebelsky nel suo saggio “Il crucifige! e la democrazia”, il massimo esempio di decisione “democratica” fu la condanna a morte di Gesù Cristo, approvata all’unanimità).

Quando fu celebrato il processo ai comunisti, il principale imputato, il bulgaro Georgi Dimitrov, si difese vigorosamente, ribaltando le accuse sui nazisti, che avrebbero organizzato l’incendio per avere il pretesto per prendere il potere; il Tribunale ordinario (Reichsgericht) riconobbe che i comunisti erano estranei all’incendio, e per reazione Hitler decretò che da quel momento in poi l’alto tradimento sarebbe stato giudicato da un Tribunale speciale (Volksgerichtshof, Corte del popolo), divenuto poi tristemente famoso per il gran numero di condanne a morte pronunciate (tra cui quella del sacerdote esperantista Max Josef Metzger www.esperokatolika.org/ek19811985/ek1985_12.htm#6

www.esperokatolika.org/ek19811985/ek1983_10.htm#8 ).

A distanza di tanti anni, ancora non si è riusciti a sapere chi siano stati gli effettivi mandanti dell’attentato (certi fenomeni non sono soltanto italiani).

La maggioranza della popolazione tedesca aderì al “Nuovo ordine”; un’eco di ciò si trova in un articolo della rivista esperantista “Heroldo de Esperanto” (che si pubblicava in Germania, presso Colonia); quell’articolo è riprodotto nel giornale italiano “L’Esperanto” 1933-6/7, pag. 2. Ne trascrivo la traduzione:

MENZOGNE SULLA GERMANIA

La stampa estera ha pubblicato ultimamente rapporti di atti terroristici, pogrom e simili avvenimenti cruenti in Germania.

Quei rapporti sono menzogne, diffuse da agitatori incoscienti allo scopo di seminare diffidenza contro il popolo tedesco e la discordia nel mondo. La verità è che, a parte l’arresto di qualche migliaio di Marxisti, la chiusura per qualche ora di alcuni magazzini ebraici ed alcune azioni di singole persone, la rivoluzione nazionale si è compiuta con una straordinaria disciplina, e che oggi la situazione in Germania è più tranquilla e sicura di prima. Del resto il cancelliere Hitler ha preso il potere in modo del tutto legittimo, ed il parlamento eletto nel modo più democratico ha espresso con una larghissima maggioranza la sua fiducia all’attuale governo, concedendogli i pieni poteri, con 441 voti contro 94 (ovvero, se si calcolano anche i deputati comunisti senza diritto di voto, 176). Pertanto preghiamo tutti i nostri lettori in tutto il mondo, di contrastare le menzogne ed aiutare a diffondere la verità.

I tedeschi in genere, e gli esperantisti in particolare, però sperimentarono ben presto la nuova e diversa realtà: il movimento esperantista fu messo fuori legge in quanto pacifista ed internazionalista, e fondato da un ebreo; gli esperantisti furono perseguitati (il tedesco Ulrich Lins ha dedicato a quel periodo una parte considerevole del suo libro “La danĝera lingvo”, tradotto in italiano con il titolo “La lingua pericolosa” e giunto alla seconda edizione).

Lo stesso “Heroldo de Esperanto” fu chiuso, ed il suo editore-direttore, Teo Jung

eo.wikipedia.org/wiki/Teodor_Jung

riparò all’estero (ma fece una cattiva scelta, perché si traferì in Olanda, che qualche anno dopo fu invasa dai tedeschi; tra le vittime del nazismo di quell’epoca si deve ricordare un esperantista, il frate carmelitano olandese Titus Brandsma

it.wikipedia.org/wiki/Tito_Brandsma

eo.wikipedia.org/wiki/Titus_Brandsma

www.esperokatolika.org/ek19811985/ek1985_11.htm#3

che per la sua attività di giornalista fu deportato a Dachau, ed ucciso con una iniezione letale come Massimiliano Kolbe – è stato proclamato Beato nel 1985).

Fuori della Germania e dell’Italia, l’ascesa di Hitler fu vista con occhi diversi; una forte diffidenza traspare, ad esempio, dalle pagine della rivista cattolica esperantista “Espero katolika” (pubblicata in Olanda), che nel numero 1933-110 (giugno 1933) comunicava che, “a seguito dei cambiamenti politici”, la prudenza consigliava agli esperantisti cattolici di non tenere il loro congresso annuale né in Germania né in Austria (e l’autore dell’articolo non può certo essere sospettato di comunismo, visto che era il sacerdote catalano Joan Font Giralt,

eo.wikipedia.org/wiki/Joan_Font_i_Giralt

ca.wikipedia.org/wiki/Joan_Font_i_Giralt

it.wikipedia.org/wiki/Juan_Font_i_Giralt

che pochi anni dopo, nel 1936, sarebbe stato trucidato dai miliziani “rossi” durante la guerra civile spagnola (per inciso: non è vera la notizia, riportata nella pagina in italiano di Wikipedia, secondo cui Font Giralt sarebbe stato proclamato Beato; il suo nome si trova sì nel lunghissimo elenco di ecclesiastici uccisi durante la guerra civile, ma il processo canonico per la sua beatificazione stenta ad andare avanti, perché non accettò il martirio, ma reagì a coloro che volevano ucciderlo).

Allego:

– la pag.2 de “L’Esperanto” 1933-6/7, che riproduce l’articolo di “Heroldo de Esperanto”;

– la copertina della prima edizione del libro di Ulrich Lins “La danĝera lingvo”;

– la pag. 165 di “Espero katolika” 1933-110 (giugno 1933), con l’articolo di Joan Font Giralt;

– la pag. 355 di “Espero katolika” 1934-119 (luglio 1934), con le caricature di Hitler e di Stalin;

– due annulli speciali delle Poste cecoslovacche del 1972 in onore di Georgi Dimitrov (utilizzati rispettivamente a Praga, oggi Repubblica Ceca, ed a Bratislava, oggi Slovacchia).

 

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